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Vetri nel mondo d’oggi

A Venezia, nelle sale restaurate di Palzzo Franchetti, le opere di importanti maestri internazionali.

Non è la fucina degli Angeli di Egidio Costantini, veneziano che traduceva nel vetro di Murano i sogni, le ossessioni di tanti grandi artisti del Novecento, ma la mostra dei "Vetri nel mondo oggi" promossa dall’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti negli spazi di Palazzo Franchetti di Venezia fino al 3 aprile 2005 ci ha posto di fronte ad opere che rivelano grande qualità e modalità espressive "regionali" (parlo delle scuole più importanti del mondo) nel senso di un legame stretto tra tradizione e creazione.

Clare Belfrage, “Quiet shifting” (2003).

Della scuola italiana Massimo Burato esalta la forza del colore in diretto riferimento con la pittura analitica, in bilico tra geometria e un segno più libero; Luciano Vistosi, con il suo bellissimo "Incubi", nei suoi cristalli neri vibrati rende testimonianza delle metamorfosi operate dal sogno; Fabio Fornasier plasma ex novo aria e fuoco, le trasparenze e il colore della "ciocca" muranese (il lampadario tipico veneziano) con movenze floreali esotiche. Cristiano Bianchin nei suoi lavori introduce elementi rituali della tradizione africana e lo fa con estrema raffinatezza e perizia, come bellissime sono le stele di Laura de Santillana, dove la luce e l’ombra si inseguono incessantemente.

Carlo Moretti, nome più noto, da anni ci ha ormai abituati al gioco del magma, del ribollire materico contrapposto all’estremo rigore delle sue geometrie.

Di grande eleganza e compattezza la schiera degli artisti australiani, ad iniziare dal lento sviluppo della linea di un Tim Edwards, dove i pieni e i vuoti di rincorrono, alle onde colorate di Richard Neumann, fino agli straordinari vetri di Clare Belfrage che ricreano le lussureggianti forme organiche di rocce, molluschi nel loro silenzioso abbandono.

Della tradizione orientale trasferita nel vetro Yoichi Ohira è il più straordinario interprete. La sua "Colata di lava", nelle proporzioni ridotte e nelle forme conserva in sé i prototipi e la linea degli oggetti tradizionali di una cerimonia del tè (di questi echi si trova traccia anche nei lavori di Massimo Micheluzzi). Le "Formes brèves" del francese Bernard Bejonghe ci riportano ai segni e alle geometrie del mito delle forme naturali semlici,ma imponenti pur nelle ridotte dimensioni.

Richard Marquis, “Venice Car Installation” (2004).

Per motivi di spazio non accenno a tutte le scuole rappresentate nella mostra, ma non posso trascurare i 22 pezzi della "Venice car installation" dell’americano Richard Marquis, che sembrano tratti da un libro per l’infanzia dove i sorprendenti colori della festa ci riportano alla dimensione della collezione di un bambino e ci distolgono dai rumori di una fornace.

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