“Schegge di vita”
Maddalena Primo Carrozzini, Schegge di vita. Trento, Curcu & Genovese, 2004, pp. 119, 10.
Le pareti di una stanza: quella dell’analista. Pareti, in cui s’avvita la delicata relazione fra terapeuta e paziente, ricca di suggestioni emotive per entrambi. Uno spazio privilegiato ove far emergere i sotterranei dell’anima. E proprio da qui germoglia la prima fatica letteraria della psicologa e psicoterapeuta Maddalena Primo Carrozzini, trentina acquisita, da anni dedita ad esplorare le zone d’ombra delle persone che intraprendono il cammino analitico. Un cammino spesso in salita per l’affiorare di vissuti dolorosi, di ferite laceranti che alimentano i mali dell’anima ed inquietano ogni giorno del proprio vivere. Un malessere che può toccare ogni fascia d’età, specie se è mancato il nutrimento psicologico: quando c’è fame di amore, attaccamento, amicizia. Tanti "vuoti", dunque, che prima o poi, "bussano alla porta della coscienza" e chiedono di essere colmati, per evitare che il vortice della vita ci travolga.
In questo piccolo ma corposo libro, di facile lettura, l’autrice coniuga conoscenze a capacità divulgative offrendoci schegge di vita che assumono un significato universale perché ruotano attorno a tematiche esistenziali. Sono esperienze che scorrono veloci fra le pagine e che pennellano, con intensità espressiva, i "passaggi" dell’esistenza. Sì, perché il dar voce ai turbamenti interiori significa spalancare le porte ad un processo di rinascita. Storie diverse, quindi, ognuna con il proprio fardello di sofferenza, ma con un filo conduttore unico: la discesa negli anfratti della mente per capire i propri desideri e bisogni, prendere in mano le redini della propria vita e divenire gli artefici del proprio destino. Ed ancora: una discesa agli inferi per risalire poi la china e vivere in modo autentico, raggiungendo la propria individuazione.
Ma per liberare la propria anima, ciascuno di noi - scrive la psicoterapeuta - "dovrà sacrificare qualcosa di sé: la trasformazione non può mai essere indolore e, necessariamente, porta con sé incertezze e timori".
Dubbi e paure, che trasudano dai racconti di vita raccolti e descritti dall’autrice con trasporto e che ci permettono di cogliere altre sfumature del rapporto analitico. Un rapporto empatico in cui il terapeuta è a sua volta investito dal dubbio, dalla paura del fallimento e, soprattutto, dal dolore dell’altro. Il tutto diluito in frasi che hanno il sapore di una "catarsi" e che esprimono il senso di smarrimento: "Come psicoterapeuta mi sento madre e levatrice contemporaneamente, perché ogni volta assisto al mistero della nascita. Dico assisto perché il mio è semplicemente un favorire, un aiutare qualcosa che nasce da sé, che si manifesta misteriosamente. E’ la nascita di un nuovo Io, è l’emergere di un’anima nuova, che porta con sé tutto il mistero dell’unicità dell’individuo. E così, nel lavoro psicoterapico c’è la fatica, il dolore, lo sforzo, le lacrime, il desiderio di liberarsi, la paura di non farcela, la rabbia per la fatica e per l’impotenza, proprio come nel travaglio".
E forse è proprio l’espressione di questo "sentire" a sollecitare le corde del lettore, a fare breccia nel suo animo. Perché senza dubbio, e il successo della letteratura psicoanalitica lo conferma, abbiamo un gran bisogno di vivere un dolore compartecipato, una sofferenza meno isolata. Ma il dolore, purtroppo, fatica a trovare accoglimento al di fuori della stanza segreta dell’analista. Poiché, anche quello altrui, inquieta la nostra coscienza e siamo inclini ad evitarlo. E in questo senso il libro ci apre un varco per ritrovare qualche spicchio delle nostre inquietudini che le richieste d’efficienza della società d’oggi ci portano a reprimere. Così le teniamo nascoste nel nostro intimo "imbavagliato".
Certo, il saggio, dal taglio non specialistico, tratta in modo succinto molti temi della psicologia umana fornendoci solo qualche affondo nell’esplorazione del sé. Ma ci provoca in ogni modo una scossa, uno stimolo alla ricerca interiore, senza la quale i mali dell’anima escono dagli argini. Come un fiume in piena.