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QT n. 9, 1 maggio 2004 Monitor

Massimo Bubola e un concerto che ricorderemo

Un grazie a Nicola Messina e alla sua piccola associazione "Woody Music" per aver portato nel nuovo teatro di Zambana un autentico mostro sacro della canzone d’autore italiana: Massimo Bubola, uno dei pochi cantautori che da quasi trent’anni fa musica di altissima qualità all’insaputa del grande pubblico e di buona parte della stampa specializzata. Il concerto del 17 aprile è stato fortemente voluto da Messina, che ha già avuto il merito di portare in regione il cantautore veronese nell’applauditissimo concerto tenuto a Lavis due anni fa. Ben conoscendo l’energia che Bubola e la sua fedele "Eccher Band" sanno sprigionare dal vivo, il tenace promoter trentino non ha avuto dubbi nell’attivarsi per strappare ad una concorrenza con più mezzi ma nell’occasione colpevolmente immobile l’unica data regionale del "Segreti trasparenti tour 2004".

Massimo Bubola si è presentato sul palco forte di un’esperienza musicale che ha superato ormai i 25 anni, inanellando autentiche perle della musica d’autore italiana con dischi come "Doppio lungo addio" e "Mon trésor", e con un nuovo album da proporre, "Segreti trasparenti", che non è esagerato definire uno dei più bei dischi italiani degli ultimi vent’anni.

Si parte sulle note de "La sposa del diavolo" (la canzone di apertura dell’ultimo album) che affascina per le sonorità che attingono alla tradizione gaelica e per lo splendido duetto tra la voce sempre più calda ed emozionante di Bubola e il bel timbro di Elena Colombari, da quest’anno aggregata alla "Eccher Band". Alla prima esperienza in tour, Michele Gazich (polistrumentista e coproduttore insieme a Bubola dell’ultimo disco) compare sul palco come un elfo dei nostri giorni, dando un autentico saggio di maestria violinistica. Si prosegue sul trascinante ritmo di "Tutto è legato", uno dei nuovi pezzi che meglio esemplificano la cultura e la memoria che Bubola lascia trasparire dai propri testi, che valorizza il contrabbasso del brasiliano Eduardo Hebling e il bouzouki di Enrico Mantovani (anche al mandolino e alla steel guitar), il più giovane innesto della band guidata dalla chitarra di Simone Chivilò e dalla batteria di Moreno Marchesin.

La scaletta è trascinante, con brani importanti come "Emmylou", che dal vivo viene valorizzata al meglio, "Dostoevskij" e "Dino Campana", canzone che ridà poeticamente voce ad un poeta scomodo morto solo e incompreso. L’omaggio alla memoria dell’amico Fabrizio De Andrè e "degli altri grandi poeti popolari (Luigi Tenco e Giorgio Gaber) che hanno scelto il mese di gennaio per lasciarci" è particolarmente toccante sulle note della splendida "Specialmente in gennaio" e l’emozione raddoppia con "Quella campana", autentico gioiello scritto per il fratello Giovanni, scomparso in giovane età. "Ora avanti negli anni ti rincontro nei sogni e non serve più a niente sapere che forse sei felice lassù e difendi quel vuoto se non puoi avere indietro la sua gioventù…" sono parole che fanno riflettere in una società che tende a nascondere il lutto e il dolore, mentre per il cantautore di Terrazzo di Legnago "il lutto va interiorizzato e diventare un compagno di viaggio".

Già nei testi di "Niente passa invano" e "Un angelo in meno" Bubola aveva lasciato intuire quel filo di speranza che si può nascondere anche dietro una storia d’amore finita o una giovane vita spezzata. Il valore dell’umanità e della sconfitta ritorna in "Stai con me" da una voce che si pone in assoluta controtendenza rispetto a un mondo dove l’apparire conta sempre di più.

L’eterogeneo pubblico che ha gremito i 200 posti del teatro risponde con entusiasmo ai duetti di "La fontana (e la domenica)" e "Capelli rossi", apprezzando, oltre alla bella voce, la discreta ma significativa presenza scenica di Elena Colombari. Ascoltando poi gli arrangiamenti di brani come "Andrea", "Volta la carta" e "Fiume Sand Creek" viene davvero da pensare quanta parte abbia avuto Massimo Bubola nella composizione di canzoni ritenute dai più patrimonio esclusivo di Fabrizio De Andrè.

Tutti in piedi sotto il palco per il gran finale con "Il cielo d’Irlanda" e la dolce buona notte di "Tre rose" in versione acustica per un concerto che rimarrà a lungo nella memoria.