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QT n. 3, marzo 2009 L’intervento

Il ritorno all’obbedienza

“Cattolico? Lo sa solo Dio...”. Con questa battuta al veleno Paola Binetti si riferiva al collega di partito e di confessione religiosa Ignazio Marino. Queste divisioni interne di un esausto PD non interesserebbero più nessuno se in piccolo non fossero uno specchio fedele di un mondo cattolico spaccato in profondità nonostante all’apparenza sembri il contrario.

Benedetto XVI

Benedetto XVI era stato eletto in quanto difensore integerrimo della dottrina in un momento di crisi di identità. Questa difesa si è manifestata con un ritorno indietro in tutti gli ambiti, da quello liturgico con la Messa in latino a quello ecumenico con i dubbi sul dialogo interreligioso, ma soprattutto con un rapporto ambiguo con il Concilio Vaticano II.

Negli anni scorsi le divisioni si articolavano sull’ermeneutica del Concilio, cioè se esso sia stato di continuità o di rottura. Oggi si discute sul Vaticano II stesso. Si riparla di tradizionalisti contro conciliaristi, stanno ritrovando cittadinanza posizioni che mettono in discussione l’intera dottrina cattolica degli ultimi quarant’anni. Ma il problema si riversa direttamente sulla politica, cioè sulle scelte che riguardano tutti, a prescindere dall’orientamento valoriale. In Italia ce ne accorgiamo ogni giorno di più. La libertà di coscienza e l’autonomia dei laici nella sfera pubblica (la Chiesa indica i principi ma spetta ai politici concretizzarli) rappresentano l’unico atteggiamento possibile in un contesto di società pluralista, dove la morale non è definita dallo Stato e difesa dalla legge. In caso contrario i cattolici diventano la vuota cinghia di trasmissione tra le posizioni decise in Vaticano e uno Stato sempre più confessionale.

Questo purtroppo sta avvenendo. Nei giorni più convulsi della vicenda Englaro la Curia romana, ormai priva di misura, si distingueva per un profluvio di dichiarazioni bellicose, arrivando a dare dell’"assassino" al padre e invocando l’aiuto del "coraggioso" Berlusconi. Se non ci fosse stato Napolitano, il Tevere si sarebbe prosciugato e la Repubblica avrebbe perso il suo carattere laico. È incredibile però notare come il disegno di legge Calabrò sul testamento biologico ora in discussione ricalchi nel suo punto più controverso (art. 5, comma 6, sul divieto di sospensione di idratazione e nutrizione artificiali) una dichiarazione della Congegrazione per la dottrina della Fede dell’agosto 2007.

Finora questa preoccupante deriva si era sentita con forza solo in Italia, ma dopo il caso dei lefebvriani se ne è accorto mezzo mondo, dalla Germania a Israele. Il vescovo Williamson, uno dei quattro vescovi tradizionalisti, ha dichiarato di non credere allo sterminio degli ebrei e di non averne visto ancora le prove. La sollevazione contro questa tesi negazionista è stata unanime e ha coinvolto ampi settori del mondo cattolico germanico e non solo. Nessuno ha capito la fretta con cui il Papa abbia tolto la scomunica (che comunque non implica una riammissione completa alla comunione ecclesiale) senza avere in cambio nulla di nulla, smentendo così clamorosamente il "venerato predecessore" Wojtyla. I seguaci di Lefebvre continuano imperterriti nel loro attacco al Concilio e sono stati legittimati a continuare, nonostante le tardive richieste di spiegazioni e di abiure. Il "gesto di misericordia" papale sembra essere stato affrettato e soprattutto controproducente. Ma ormai è troppo tardi, la sostanza resta.

Si cercano spiegazioni per queste scelte papali. Ecco ritornare in scena uno sferzante Hans Küng che paragona il Vaticano al Cremlino, e dipinge Papa Ratzinger come un uomo che ha perduto il contatto con la realtà, che sta trasformando la Chiesa cattolica in una setta, e da cui i fedeli non si aspettano più nulla. Parole non nuove da parte del teologo dissidente, ma che sono state criticate con inusitata violenza da esponenti ecclesiali. Il cardinale di Torino ha attaccato frontalmente La Stampa (su cui era stata pubblicata l’intervista a Küng), rea di aver rovinato il clima di collaborazione istituzionale per la visita del Papa in città nel 2010 in occasione della nuova ostentazione della Sindone.

Forse Benedetto XVI cerca di ripristinare il principio di autorità, la cui messa in discussione, dal 68 in poi, rappresenta la radice di tutti i mali. L’uomo moderno deve tornare a obbedire alla Chiesa. Per questo vanno bene i lefebvriani: hanno tanti difetti, ma sono orientati nel senso giusto, credono prima di tutto nell’autorità. Per questo non va bene Peppino Englaro: non è ammissibile che siano delle semplici persone a decidere autonomamente sui confini della vita e della morte, neanche fosse la propria.