Alla Civica le provoc-azioni di Katarzyna Kozyra
Una mostra di videoinstallazioni e fotografie. L'infrazione dei più classici tabù occidentali sulla corporeità: la malattia, la nudità, la vecchiaia, l'identità sessuale.
Katarzyna Kozyra (1963), artista polacca ironica e provocatoria, tiene alla Galleria Civica di Trento (fino al 30 maggio) la sua prima personale italiana, nonostante non sia nuova agli appassionati d’arte: nel 1999 la sua videoinstallazione "Men’s Bathhouse" è stata menzionata dalla giuria della Biennale veneziana, e anche qui a Trento molti l’hanno conosciuta per il suo video "Punishment and Crime", proiettato in continuazione alla stazione dei treni a partire dallo scorso luglio all’interno della manifestazione "Prove d’ascolto" organizzata anch’essa dalla Galleria Civica (vedi QT n. 14/2003).
Kozyra tocca, infrangendoli, i tabù più sacri legati alla corporeità occidentale: la malattia, la nudità, la vecchiaia, l’identità. La sua è un’arte fatta di corpi tutt’altro che pop, decadenti e malati, dall’incerta identità o per lo meno violati nella più elementare forma di privacy.
Tra i suoi primi lavori, "Blood Ties" (1995) è legato alla violenza fratricida nell’ex Yugoslavia e presenta giovani donne nude sdraiate su enormi croci e mezzelune color sangue, al contempo simboli religiosi e di organizzazioni umanitarie. "Olympia" (1996) prende ispirazione dall’omonimo dipinto di Manet, che al tempo suscitò scandalo per aver rappresentato il corpo proibito di una prostituta. Kozyra trasla quel senso di disgusto nella contemporaneità, rappresentando il proprio corpo martoriato dal cancro e dalle cure chemioterapiche in una serie di fotografie e un video che la ritraggono ora nella stessa posa del celebre quadro, ora sottoposta a dolorose cure mediche.
"Women’s Bathhouse" (1997) è una serie di immagini video rubate all’interno di terme femminili a Budapest tramite una telecamera nascosta. Una sottile tensione tra luogo pubblico e dimensione privata in una totale assenza di ricerca estetica, pur con scontati rimandi ai bagni turchi di Ingres. Corpi per lo più flaccidi e sovrappeso, colti con indiscrezione per testimoniare una realtà antitetica al corpo pubblicitario che troppo spesso pensiamo essere la norma. Corpo, ma al contempo macchina, che sempre più spesso viola l’organico integrandosi ad esso, o per lo meno diventandone estensione, trasformando le masse da agenti in assuefatti voyeurs di vite altrui. "Men’s Bathhouse" (1999), premiato alla Biennale del 1999, è il prosieguo del lavoro precedente rivolto alle terme maschili, con l’aggiunta di una sofisticatezza di metodo: l’artista per effettuare le riprese nascoste ha dovuto travestirsi da uomo, con tanto di baffi, peli e un finto pene.
Le immagini di questi due video hanno valenza d’installazione, non c’è un unico punto di vista, ma una visione corale, di controllo, come quella che si ha dalle telecamere a circuito chiuso di banche e musei. Una visione d’assieme simile, ma più giocosa, animata, ironica, è quella della videoinstallazione "The Rite of Spring" (1999-2002), che affronta provocatoriamente il tema della vecchiaia. Grazie al montaggio video che ne anima in veloce successione le stanche pose, una serie di ex ballerini ultraottantenni torna seppur virtualmente a danzare i motivi di Stravinskij con tanto di piroette, privati di ogni velo e per giunta coi sessi invertiti.
Sempre legato al tema della danza, seppur di tutt’altro impatto visivo, "Lord of the dance" è animato dalle acrobazie di motociclisti-ballerini dal corpo dorato. Oltre a poter rivedere "Punishment and Crime" (2002), summa della violenza distruttiva gratuita e fanatica portata avanti da un gruppo di paramilitari in maschera dal grilletto facile, il percorso illustra anche le ultime opere dell’artista, come il work in progress "In art dreams come true", in cui l’artista, vedendo lo spettacolo di una drag queen berlinese, ricorda i suoi sogni di gloria infantili, che si concretizzano, in versione più intima e ridotta, di fronte ad un pubblico di affettuosi amici.
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L’artista ha un sito Internet: www.katarzynakozyra.com.pl dov’è possibile visionare pressoché tutti i lavori in mostra.