“I bambini sono di sinistra”
Tra il teatro-canzone, la satira politica, l’invettiva, l'acido spettacolo di Claudio Bisio commuove riscoprendo nei bambini la speranza.
Solo sul palcoscenico, accompagnato da un quartetto d’archi femminile, Claudio Bisio è l’uomo qualunque che guarda dalla finestra, oggi come nel ’68. Ha cinquant’anni e si porta dietro un senso di rabbia e frustrazione per tutto ciò che non capisce: tecnologia, TV, consumismo e soprattutto se stesso.
E’ tempo di bilanci per una generazione, la sua, troppo giovane negli anni della contestazione, troppo matura e disillusa per capire come funziona il presente. E così, messi da parte ideali e obiettivi, cerca di adeguarsi ai giochi di potere, dice cose tremende, si lamenta ("Siccome Tremonti sa usare un bancomat, ci hanno detto che poteva fare il ministro dell’Economia"), ma alla fine scopre che qualcosa di bello esiste: i sogni che lascerà ai suoi figli.
Come nello spettacolo precedente ("La Buona Novella"), punto di partenza è ancora un disco di Fabrizio De André, "Storia di un impiegato", uscito esattamente trent’anni fa, che raccontava la progressiva presa di coscienza, o di incoscienza, di un travet, fino ai suoi esiti estremi. E anche qui Bisio canta, o meglio recita, Fabrizio. Cinque canzoni, con voce incerta e distaccata all’inizio, sempre più sicura e coinvolta con il procedere dello spettacolo.
"Claudio desiderava ritornare alla sperimentazione di stili e linguaggi - spiega Giorgio Gallione, regista dello spettacolo - e il testo con materiali scritti da Michele Serra e Giorgi Terruzzi ben si presta a visitare quella cerniera di confine tra il teatro-canzone, la satira politica, l’invettiva. In pratica, un viaggio nei pensieri, ad alta voce, di un uomo che tra ironia, lucida analisi, disillusione e sberleffo gioca coi vizi, i tic, i costumi del nostro tempo".
Un viaggio che, pur rimandando esplicitamente al "Qualcuno era comunista" di Giorgio Gaber, Bisio rende proprio con uno sguardo, una battuta, un tocco di poesia.
E nel monologo finale ci lascia con la speranza che i bambini ci salveranno. Di destra o di sinistra, non importa.