Quadri: qualche consiglio contro le fregature
Il mercato dell’arte, in Italia, è decisamente caotico e la prudenza è d’obbligo.
Il mercato dei quadri come è concepito attualmente nacque in Francia nell’Ottocento, quando tramontò definitivamente la committenza aristocratica ed ecclesiale. I grandi mercanti francesi compresero subito l’importanza della serietà commerciale: cominciarono così a classificare tutti i loro grandi artisti e servendosi di critici onesti pubblicarono i relativi cataloghi ragionati. Come dice la dott. Belli, è probabile che anche lì ci siano dei falsi riconosciuti come originali, ma in percentuale minima, e questo non turba il mercato, che li considera tutti buoni. L’acquirente di un Renoir, Manet, Picasso, ecc. in caso di bisogno sa a chi rivolgersi per controllare il suo acquisto, dopo di che si sente sicuro.
E in Italia? Qui se ne son viste e se ne vedono di tutti i colori. Un grande mercante di Milano, Gianferrari, cercò di opporsi all’andazzo generale, ma da solo era una battaglia persa in partenza. E ora si cerca un faro a cui rivolgersi. Mancando una moralità diffusa, un po’ tutti si sono adeguati. Gli artisti non sono obbligati a tenere gli archivi delle loro opere, inventano le date, rifanno i quadri importanti. Più di una volta si son visti passare all’asta dei quadri di Giorgio de Chirico datati fra il 1910 e il 1920, mentre la didascalia specifica che sono stati dipinti negli anni ‘40-’50.
Si arriva all’assurdo che un pittore come Mario Schifano non veniva giudicato da un tribunale capace di riconoscere i suoi quadri, anche perché eseguiti con l’aiuto di molti collaboratori. Per legge poi, l’autentica di un’opera spetta agli eredi i quali, a volte, ne approfittano, o sbagliano in buona fede. Per esempio il figlio di Nino Caffè è stato condannato in quanto falsificava i quadri del padre. Pensate che de Chirico, considerato per importanza il secondo pittore del Novecento, dopo Picasso, non ha un catalogo generale.
E la Fondazione a lui intitolata dopo qualche anno di attività, probabilmente per discussioni sulle autentiche, ora è muta, anche se è nata proprio per difendere le sue opere. E intanto costa meno di un Magritte, suo allievo.
Il mercato non tollera questo vuoto ed allora è nata la figura del critico specialista di un determinato artista. E’ un lavoro difficilissimo, dove è impossibile non sbagliare. Se un critico è bravo, i suoi sbagli saranno pochi e la sua fama durerà nel tempo; altrimenti perderà la stima, e il mercato ne cercherà altri. Questi ultimi, per farsi valere, devono contestare qualche opera approvata dal critico precedentemente in auge. Per esempio, con Mario Sironi abbiamo due critici in lotta fra loro: Meloni e Macchiati e lo stesso quadro per uno può essere considerato originale, per l’altro falso. E’ chiaro che un sì o un no può valere anche centinaia di milioni e si sa che l’uomo a volte è debole.
Bruni, il cui catalogo per le opere di de Chirico fa ancora testo, è stato condannato perché un falsario confessò in tribunale che dipingeva per Bruni opere del maestro, che poi l’autorità del critico trasformava in "autentici" de Chirico.
E’ chiaro che in un ambiente così confuso bisogna stare molto attenti. Prendiamo per esempio Fortunato Depero. All’inizio le autentiche erano compito del Museo (e molte ora sono contestate). Poi, per divergenze con la signora Rosetta, vedova dell’artista, furono costretti a smettere. Subentrò un critico, il prof. Passamani. Il quale, dopo qualche tempo, venne accusato da un’altra grossa personalità, la prof. Bossaglia, di aver esposto a Milano tutta una mostra di falsi. Si passò a Crispolti, poi a Scudiero; ora è di moda rivolgersi al Museo, che sta litigando con gli eredi.
Da tutto ciò deriva la seguente regola: chi compera un quadro deve informarsi bene sull’artista che gli piace e diventare egli stesso il critico. Se un quadro non è documentato storicamente o non ha una provenienza più che sicura, c’è un solo modo per essere certi che sia opera di un determinato autore: si prendono in esame delle opere sicuramene di mano dell’artista e del medesimo periodo, e si confrontano con la nuova scoperta.
Prima si controlla la firma e poi le affinità stilistiche. Ne deriva un ragionamento, che chiaramente deve essere comprensibile da parte di tutti. Non è accettabile che un critico si limiti ad affermare: "Questo è un...." pretendendo di imporlo come un atto di fede. Deve giustificare la sua affermazione. E solo se il suo ragionamento è credibile, si può comperare con una certa tranquillità; il fatto che un dipinto sia stato pubblicato non è una garanzia.
Altra avvertenza: evitare le opere mediocri. Le opere dubbie sono di solito quelle modeste, sui capolavori tutti sono concordi. Comperare solo questi ultimi.
Non fidarsi ciecamente neppure delle analisi sui materiali, sulla carta, sui colori, ecc: questi elementi possono servire per dimostrare in maniera scientifica qualche falso, ma non bastano per far diventare autentico un falso.