Gli stravaganti
In un panorama di candidati pacatamente grigiastri, due eccezioni: Fontan e Bezzi.
E’ impressione di molti, qualunquistica se si vuole ma non del tutto infondata, che a dispetto dei toni accesi della campagna elettorale e degli insulti che i due principali schieramenti si scambiano, i candidati che poi si fronteggiano nelle singole realtà locali a volte si assomiglino un po’ troppo. Talora anche nei programmi, ma soprattutto - di questo ci occupiamo - nel modo di porgersi, nell’immagine che di sé intendono offrire agli elettori. E’ il quadro che emerge dai servizi che l’Alto Adige ha dedicato ai protagonisti dell’uninominale, una pagina per ogni candidato, con una scheda e un’intervista. Persone pacatamente grigiastre, aliene da qualunque stranezza e trasgressione, sdraiate su un’aurea mediocritas che se ottiene l’intento di non spaventare l’elettore, ben difficilmente, però, ne stimola l’entusiasmo. Nessuno si è mai fatto uno spinello, tutti - tranne il radicale Valcanover - vanno a messa (ma non vorremmo far torto a qualcuno: mentre scriviamo manca ancora qualche candidato).
Stando così le cose, meritano un cenno gli stravaganti, quelli cioè che non si attengono a questo modello; vuoi per scelta deliberata, vuoi per incapacità di recitare la parte scelta.
Del primo tipo è il leghista Rolando Fontan: "Io sono un soldato della Lega e mi adeguerò alle disposizioni del mio partito" - si presenta. E coerentemente, il suo film preferito è "Braveheart", il film-cult della Lega. "Quali giornali legge?" gli si chiede. E lui, imprevedibile e incomprensibile: "Tutti a seconda dell’estro".
Con i concorrenti del suo collegio, nessun fair-play: l’ulivista Detomas "porta avanti un progetto e ha un’impostazione di tipo comunista" (!!), mentre il dipietrista Scotoni viene così sbertucciato: "Quelli come lui non servono alla causa del Trentino. Come avversario politico non lo temo affatto, lui politicamente è zero. Anzi, nemmeno sapevo che candidasse nel mio stesso collegio, lo scopro adesso".
"Sono uno che non ha peli sulla lingua, - si vanta- e mi stanno sulle balle quelli che stanno in alto, contro i quali sparo a zero".
Notoriamente, però, gli stanno sulle balle anche quelli che stanno in basso, come gli immigrati, e anche qui lo ribadisce: "Chi vuole stare qui deve, volente o nolente, rispettare il nostro modo di vivere e le nostre usanze… I musulmani devono essere seppelliti come noi: in questo modo noi non perdiamo la nostra identità e loro non perdono i diritti".
Diverso il caso del pattino Giacomo Bezzi. Anche lui, come i suoi colleghi, vorrebbe presentarsi come persona solida, consapevole, "normale" e dotata di fair-play, con in più un tocco di modernità: "Utilizzo tutto quello che la tecnica mi concede per essere reperibile e per poter interagire con la gente" - dichiara.
E così ha creato un suo sito (www.giacomobezzi. com) dove, forse su consiglio di un "creatore d’immagine" di valle, troviamo anche un capitoletto intitolato "Le mie paure", dove si legge fra l’altro: "Si dice che un uomo (soprattutto in politica…) non dovrebbe mai dichiarare le sue paure, io però amo farmi conoscere per quello che sono, con quella sincerità che cerco quotidianamente di porre anche al centro della mia attività politica. Allora mi confesso: anche se spesso sono costretto a volare, ho paura di prendere l’aereo e - se potessi - mi muoverei solo in treno". E ancora, con pari banalità: "Sono attratto e contemporaneamente impaurito dalle recentissime evoluzioni della genetica". Ma non basta: prossimamente, annuncia, "una telecamera digitale, una web-cam, potrà mostrare quello che faccio nel mio ufficio".
Le sette bellezze, insomma.
Poi però si scompone miseramente. Anzitutto per colpa di "quel comunista di Gigi Olivieri", suo avversario nel collegio di Lavis. Quando il cronista, come d’uso, gli chiede un parere su Olivieri, Bezzi è gelidamente cortese: "Non faccio nessun commento; non mi chieda niente di Olivieri perché non mi permetto assolutamente di giudicare le persone". Ma subito aggiunge: "Se c’è qualcosa da dire su Olivieri ha già detto tutto Schmidt quando è stato escluso da queste elezioni".
Ma perché, lo incalza il cronista, ha sempre rifiutato quel confronto pubblico che Olivieri le ha chiesto? Bezzi, come Berlusconi, preferisce evitare i faccia a faccia, probabilmente per gli stessi motivi, ma non riesce, come invece il Cavaliere, a trovare una scusa più o meno plausibile, ed elude la domanda: "Lui dica pure quello che vuole, ma io non faccio alcun commento su di lui e tanto meno sulle sue dichiarazioni".
Altro scivolone, il vittimismo sul trattamento ricevuto dalla stampa: "L’altro giorno avete titolato, grande come una casa, che (secondo Bezzi, n.d.r.) l’autonomia è un vincolo. Io non ho detto così... Lo stesso titolo l’ha fatto anche un altro giornale, si vede che vi mettete d’accordo".
E per finire, un tocco di megalomania che in un personaggio della statura di Giacomo Bezzi stona alquanto: "Dellai mi teme. Perché sa bene che sono in grado di mettere in piedi da qui al 2003 un progetto politico di centro veramente alternativo al suo".