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QT n. 7, 7 aprile 2001 Cover story

La pesante impronta ecologica del Trentino

Dopo le anticipazioni-bomba della scorsa estate, lo studio per lo sviluppo sostenibile del Trentino è pronto, ma rischia di rimanere in un cassetto. Gli indici di sostenibilità ambientale sono uno strumento di governo del territorio. Come la VIA, che infatti...

Si ricorderà il clamore suscitato l’anno scorso, in agosto, dalla pubblicazione sul quotidiano l’Adige delle conclusioni provvisorie dello studio sullo sviluppo sostenibile del Trentino (vedi Trentino ai raggi X) effettuato dal Dipartimento di ingegneria civile e ambientale dell’Università di Trento, sotto la responsabilità scientifica dei professori Aronne Armanini e Corrado Diamantini. Il tenore di quelle anticipazioni fu uno schiaffo per i trentini. Che il loro standard di vita,il livello dei consumi e dei servizi, richiedessero l’utilizzo di cospicue risorse prelevate da altre regioni del pianeta, questo era risaputo e poteva essere, anzi, considerato con (amara) soddisfazione, un indice dell’elevato tenore di vita raggiunto. Ciò che non pensavano è che un territorio privilegiato dalla natura, quale sicuramente è il nostro, potesse presentare i conti ecologici in rosso. E vista la stagione in cui sono stati diffusi quei dati, dev’essere stata una sgradita sorpresa anche per gli ospiti delle nostre strutture turistiche.

La foresta di Paneveggio e la catena del Lagorai.

"In quel periodo - ci dice, infatti, Roberto Boso, direttore dell’Agenzia Provinciale per la Protezione dell’Ambiente (APPA), committente di quello studio – molti turisti e operatori del settore si rivolsero al nostro Ufficio per avere chiarimenti". Si ricorderanno anche le reazioni di stizza e di disappunto del presidente Lorenzo Dellai, dell’assessore all’ambiente Iva Berasi e dello stesso direttore dell’APPA. "Io avrei preferito che non venisse pubblicato – dichiarò all’epoca Berasi – per poter lavorare prima sui miei colleghi di giunta e sensibilizzarli a tali questioni".

Dell’allarme e dell’imbarazzo di allora, dei buoni propositi formulati nell’occasione, nel frattempo è sparita ogni traccia. Anzi, il sussulto di sensibilità ambientale che ci fu è stato seppellito sotto nuovi attacchi al territorio, quali la decisione sulla val Jumela, il depotenziamento della VIA, il possibilismo sempre più minaccioso sulla Pirubi. Provvedimenti, peraltro, sempre giustificati con la necessità di coniugare ambiente e sviluppo, un binomio dove il secondo termine, però, la fa sempre da padrone. Alla faccia della sostenibilità e delle garanzie per le generazioni future.

Eppure, quei dati che tanto preoccuparono, non sono mica stati smentiti, sono ancora lì, pesanti come macigni. "Rispetto ai dati resi noti nell’agosto scorso - afferma il direttore dell’APPA - ci sono state delle integrazioni e delle modifiche, ma non di carattere sostanziale". Lo stesso assessore Berasi lo ammette: "Non ho ancora avuto tempo di approfondire convenientemente la versione definitiva, quindi preferisco non fare commenti, ma è chiaro che non si discosta tanto dal quadro che venne anticipato lo scorso agosto".

Quanto meno ora sappiamo che la ricerca è stata condotta a termine. "Il lavoro – conferma Diamantini - è già stato consegnato da tempo all’APPA. Mancano solo alcuni controlli di tipo formale e la decisione circa l’inserimento, che io caldeggio, nel testo finale e nel CD che lo correderà, delle osservazioni che sono state avanzate negli ultimi confronti al Tavolo di discussione. E di cui, in ogni caso, si è tenuto conto nella definizione degli indicatori".

Il Progetto, avviato nel 1998, prevedeva infatti periodici momenti di confronto fra l’équipe scientifica ed alcuni rappresentanti della Pubblica Amministrazione, di associazioni di categoria e ambientaliste, costituenti appunto il "Tavolo di discussione" o "Focus Group". "Dovremo fare - precisa Roberto Boso - una verifica finale di concerto con l’Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, la quale ha contribuito finanziariamente al progetto unitamente alla Comunità Europea. Espletata quest’ultima formalità il rapporto verrà trasmesso per competenza alla giunta provinciale".

Nel merito del lavoro svolto, il professor Diamantini preferisce non entrare, per lo meno fin quando non ci sarà l’imprimatur formale dell’APPA e della giunta. "E’ stato molto impegnativo - afferma - selezionare da una massa enorme di informazioni gli elementi utili a definire gli indicatori di sostenibilità e mi dichiaro contentissimo sul piano scientifico dei risultati raggiunti. Questo studio sta già avendo una ricaduta di immagine estremamente positiva per il Trentino, grazie all’interesse che sta suscitando sia a livello nazionale che internazionale. E’ infatti il primo studio scientifico in Italia sulla sostenibilità di questa mole e sicuramente offrirà spunti per ragionamenti e approfondimenti, in convegni e incontri ad ogni livello".

"Fornirà gli indicatori per determinare la capacità di carico del nostro territorio - dice l’assessore Berasi - e costituirà pertanto la base su cui si posizionerà la Valutazione ambientale strategica".

Altrettanto soddisfatti gli ambientalisti che hanno fatto parte del Focus Group? "I coordinatori del progetto hanno privilegiato un approccio molto tecnico, glissando sulla valutazione dell’Impronta Ecologica – spiega Giorgio Rigo, presidente di Italia Nostra - per focalizzare l’interesse sulla definizione degli indicatori quali strumento di politica operativa. Ed effettivamente la determinazione dell’Impronta Ecologica si addice maggiormente alla valutazione di maxi-sistemi, ad esempio di continenti. In rapporto invece ad un sottosistema piccolo, come è quello nostro provinciale, ci si trova in presenza di una serie di rapporti di interrelazione/integrazione con i territori vicini, che rendono difficoltoso e meno significativo il calcolo dell’Impronta"

"Questo gruppo - riflette Lorenzo Betti, naturalista-ittiologo, che ha partecipato ai lavori in rappresentanza dell’Associazione Pescatori Dilettanti - ha lavorato molto bene, anche se per il settore di nostra specifica competenza, vale a dire la qualità degli ambienti acquatici, non ci lascia del tutto appagati. All’Associazione che rappresento e a me sembra che le valutazioni effettuate siano insufficienti per la definizione di un indice sintetico significativo e che siano stati adottati criteri troppo ingegneristici, sconfinanti a volte in un eccesso di semplificazione. Forse, si sarebbe dovuto prestare più attenzione alle nostre osservazioni ed in particolare all’approccio che noi riteniamo essenziale, quello della tutela e/o del ripristino dei processi naturali di risanamento. Come ad esempio, la capacità di autodepurazione dei corsi d’acqua".

"Avevamo anche sollevato - aggiunge Rigo - il problema della risposta del territorio alle piogge. Si era all’inizio dell’autunno: siamo stati, purtroppo, buoni profeti, perché poi in novembre-dicembre è successo quello che è successo." (vedi Chi sono i responsabili, QT n° 21 del novembre 2000)

La zona industriale di Rovereto.

Pur con queste ed altre riserve, il Progetto per la sostenibilità dello sviluppo del Trentino si presenta come uno strumento scientificamente serio, idoneo ad offrire orientamenti, indicazioni e parametri precisi. L’incognita è se ci sarà la volontà di utilizzarlo al fine di correggere quegli squilibri ecologici evidenziati. Non vorremmo che facesse, invece, la stessa fine della VIA, altro primato trentino che in molti ci invidiarono!

Intanto, ancora non si sa quando (e se) e in che termini il Piano verrà ufficialmente acquisito dalla Giunta e quali iniziative verranno adottate per informare e coinvolgere i cittadini.

Di ulteriori valutazioni, anche di carattere più propriamente politico, parliamo con Giorgio Rigo.

Quei dati di agosto 2000 hanno avuto il merito di ridestare da un bel sogno quanti ritenevano che il patrimonio forestale del Trentino, la ricchezza di acque e di ogni altra risorsa naturalistica, ci permettessero di dormire fra due guanciali...

Giorgio Rigo, presidente di Italia Nostra.

"Certo. Molti credevano che si vivesse ancora in un’isola felice, mentre da un punto di vista ambientale facciamo delle politiche sciagurate: così per l’energia come per i rifiuti, per l’acqua, per l’utilizzo del suolo. Sulla classe politica, però, l’effetto shock dello scorso agosto è durato poco, se mai vi è stato. Il fatto è che il Progetto per lo sviluppo sostenibile definisce degli strumenti di conoscenza del territorio, che renderanno oggettive le successive fasi della diagnosi e della terapia, e ciò non piace per niente alla nostra classe politica, che non vuole avere vincoli, vuole mantenere piena discrezionalità. Questo testimonia la totale assenza di cultura ambientale e di cultura tout court, dei nostri politici. Un atteggiamento che si è rispecchiato anche nello scarso contributo alla discussione fornito dai funzionari della Pat. Quand’erano presenti alle riunione del ‘Tavolo’, il che non avveniva spesso, l’atteggiamento era del tipo: noi abbiamo la gestione del quotidiano che ci prende, tutte queste sono filosofie".

Ma, in ambiti territoriali ristretti come quello del Trentino, esiste la possibilità reale di svolgere efficaci politiche ambientali o l’unica soluzione è affidarsi alle politiche nazionali o addirittura a quelle definite ai vertici mondiali, alle riunioni dei G8?

"Assolutamente no. Ci sono ambiti in cui gli interventi sono immediatamente attuabili. Quello, ad esempio, dell’energia. Noi siamo una delle province che utilizzano maggiormente i combustibili fossili per produrre calore. Non si è fatta nessuna sperimentazione seria su energie alternative, non stiamo potenziando il fotovoltaico, né i recuperi di calore. Solo adesso arriviamo a qualche applicazione del teleriscaldamento, ma se andiamo a vedere l’esempio di Madonna di Campiglio, troviamo che rispecchia più una logica di accordo speculativo con qualche personaggio locale, che non una strategia di ampio respiro. Il problema vero è che noi siamo in ritardo anche sul pieno utilizzo del gas rispetto al gasolio; c’è una quantità di scuole e di edifici pubblici che utilizzano sistemi di riscaldamento assolutamente inefficienti. La politica energetica provinciale è una delle peggiori possibili, dal punto di vista del bilancio economico, dal punto di vista delle alternative, dal punto di vista ambientale.

Altro esempio, la questione dell’acqua. I nostri acquedotti sono dei colabrodo, hanno delle altissime percentuali di perdita. Ma invece di migliorare le condotte e le adduzioni esistenti, vengono fatte nuove captazioni, più a monte. Evidentemente la manutenzione dell’esistente è meno gratificante per gli amministratori. Se poi si consideri che le fonti di alta quota vengono utilizzate anche per i bacini di innevamento artificiale e per la produzione di energia elettrica, si capirà come venga a determinarsi un deficit del bilancio idrico che va via via peggiorando.

Altro campo di intervento possibile riguarda l’emissione di anidride carbonica. La diminuzione del traffico privato, la razionalizzazione di quello pubblico, la compattazione del traffico merci, la modalità rotaia anziché gomma: sono obiettivi su cui bisognerebbe procedere a tappe forzate. In generale questi deficit di tipo ambientale ed ecologico dovrebbero preludere ad un piano di progressivo rientro da un’opulenza e da uno spreco che sono intollerabili e immorali. Invece questa dimensione etica del problema ambientale non viene neanche colta.

Non vedo, insomma, politiche significative per l’ambiente. Ci si limita all’annuncio e all’enunciazione di principio, dopo di che la politica praticata è completamente divergente. Se ne potrebbero portare esempi clamorosi. Come quello recente che ha visto Dellai firmare un protocollo sull’Arco alpino con Durnwalter e Weingartner (vedi Questotrentino del 10 febbraio scorso), tra l’altro prevaricando la Convenzione delle Alpi. Gli impegni assunti sono stati subito smentiti: l’impegno a non costruire autostrade non vale per la Pirubi, quello a non costruire nuovi impianti di risalita non vale per la Val Jumela".

E’ un’incoerenza solo del Trentino?

"Voglio ricordare una battuta di Walter Micheli al Convegno sulla montagna, organizzato dai DS nell’estate scorsa: ‘Sulle politiche ambientali c’è più da fidarsi dei conservatori del Nord (Europa) che dei progressisti del Sud’. In quei paesi esiste una coerenza tra le politiche dichiarate e le politiche praticate, si rispettano gli indicatori e i limiti normativi. In Italia (vedi ad esempio per il Ponte sullo Stretto), e così in Trentino, si tende invece a dribblare i vincoli ambientali. La stessa normativa della VIA nella nostra provincia è stata spesso bypassata, come ad esempio per la localizzazione delle discariche. Ora, addirittura viene ‘sterilizzata’, limitando la verifica di impatto ambientale soltanto al 30% delle opere che prima vi erano soggette. A questo vuoto di controlli dovrebbe supplire la VAS (Valutazione Ambientale Strategica), con lo spostamento della valutazione a monte, al livello pianificatorio-programmatorio. Solo che la VAS è ancora sulla carta".

Vuoi dire che i cittadini che sono sensibili alle problematiche dell’ambiente sono privi attualmente di rappresentanza politica?

"Per rispondere vorrei citare quella nostra analisi fatta per la val Jumela, col giornale Alto Adige, attraverso interviste telefoniche a un campione selezionato (che poi è stata pubblicata anche sulla libro bianco della Sat). Risultò che un buon 50-60% del campione aveva a cuore la difesa del territorio, in maniera molto più elevata della classe politica trentina. Tutta questa gente non è rappresentata da nessuno. Si diceva tanto male dei socialisti al governo…

Ma ora si transige su tutto e su ogni cosa. Ed è stata grande la delusione in chi pensava che la concorrenzialità Pinter-Berasi sul problema ambientale, li avrebbe spinti a superarsi, a farsi più attenti e più agguerriti. Invece è stata una corsa al contrario, a chi cedeva di più".