Ricordi di una puericultrice
Sono stata testimone della grande rivoluzione culturale che si verificò negli anni ’70 nella neonatologia, in particolare a livello di alimentazione. Capìta l’importanza vitale del latte materno soprattutto per i nati immaturi e sottopeso, l’équipe dell’Ospedale Infantile di Trento (il primario prof. Nicolaj, il dott. Pedrotti e altri pediatri) si adoperò per costruire una banca del latte che assicurasse latte di donna ai neonati almeno fino all’avvenuta montata lattea materna.
Alle puerpere che avevano latte in esubero dopo aver soddisfatto il bisogno del figlio, venivano fornite bottiglie in vetro sterilizzate con contenitori in polistirolo per il trasporto. Il latte veniva consegnato all’addetta al Lattario che, dopo l’esito negativo dell’esame batteriologico, lo collocava nel congelatore apponendo la data di scadenza (3 mesi).
La maggior parte delle puerpere aderirono all’iniziativa, mostrando grande sensibilità al diritto del bambino all’assunzione del latte materno.
Si ritenne opportuno anche un confronto con altre realtà. Per un certo periodo, dopo aver visitato il reparto della prof. Minoli di Milano, usammo bottiglie mono-uso in plastica.
Dalla nascita della banca del latte ad oggi si è sempre più diffusa la cultura del latte materno come alimentazione privilegiata per il neonato, anche prematuro, nei primi mesi di vita. Ciò sottolinea l’importanza di questa struttura in un moderno reparto di neonatologia.