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QT n. 12, 10 giugno 2000 Servizi

Giornalisti e poveri cristi: atto secondo

Il difficile rapporto fra mezzi d’informazione e “soggetti deboli”.

Organizzato dal C.N.C.A. (Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza - vedi scheda) questo seminario intitolato "Redattore Sociale" doveva essere, dopo la prima edizione dello scorso anno, il secondo momento di una nuova collaborazione fra giornalisti e associazioni che intervengono nei molti settori del disagio sociale - dalla tossicodipendenza all’immigrazione, al carcere, alla malattia mentale, ecc. E’ un rapporto notoriamente non facile: lo testimoniano le frequenti lagnanze indirizzate ai mass media da parte di gruppi come di singoli cittadini, che accusano il mondo dell’informazione di superficialità, sensazionalismo, spettacolarizzazione del dolore, scarso rispetto per la privacy anche e soprattutto nei confronti di persone già strutturalmente "deboli". E tutto ciò a dispetto di leggi nazionali e di codici di auto-regolamentazione che in questi anni si sono moltiplicati.

Di recente, questo problema ha addirittura portato alle dimissioni del presidente dell’Ordine regionale dei giornalisti, e successivamente a quelle di tutto il Consiglio, irrimediabilmente spaccato sul giudizio da dare al comportamento di un giornalista che aveva raccontato un presunto suicidio con irrispettosa, pettegola abbondanza di particolari.

Nella prima edizione di "Redattore Sociale" era successo quello che già si era visto in altri incontri analoghi, dedicati di volta in volta al rapporto fra giornalismo e temi specifici quali l’immigrazione, l’handicap, il Sud del mondo...: da una parte le associazioni avanzavano, solitamente in termini pacati, le critiche di sempre, dall’altra i giornalisti facevano sì il mea culpa, ma attribuivano la responsabilità di errori e carenze alla situazione oggettiva in cui si trova chi esercita un mestiere dove la fretta e la scarsità di personale rendono difficile la riflessione e tanto più l’approfondimento. Più raramente, qualche giornalista si assolveva in pieno, cavandosela col dire che i giornali scrivono quel che vogliono i lettori, e i lettori vogliono storie gridate e cronaca nera, e rifiutano le inchieste se al centro non c’è la notizia clamorosa.

Questi incontri, compreso il "Redattore Sociale" dell’anno scorso, si svolgevano quasi sempre in un clima pacato, all’insegna della buona educazione, nonostante la sostanziale pesantezza degli addebiti che una parte rivolgeva all’altra; e si concludevano con impegni a una più stretta collaborazione. Che però non hanno mai avuto alcun seguito concreto.

Insistere con iniziative di questo genere significava andare incontro ad ennesime recite a soggetto su un canovaccio prestabilito: una sostanziale perdita di tempo, un’inutilità percepita sia dal mondo dell’informazione che dal volontariato. Per questo motivo - tale almeno è la nostra impressione - a questa seconda edizione di "Redattore Sociale" i giornalisti erano assenti (su un centinaio di partecipanti all’incontro, se ne sono visti non più di 3-4) e le associazioni hanno fatto un discorso sostanzialmente interno, grazie ad alcuni esperti che hanno trattato temi specifici (le pene alternative al carcere, il crescente sentimento di insicurezza, il sistema dell’informazione in Trentino): insomma, una sorta di corso di formazione ed aggiornamento per operatori sociali.

Così, paradossalmente, le poche voci critiche nei confronti dei media sono venute proprio dalla sparuta rappresentanza dei giornalisti presenti. Da Gianni Faustini (già presidente nazionale dell’Ordine), che ha tracciato un quadro cinicamente realistico del mondo della carta stampata: nei quotidiani - ha detto - dilagano le collaborazioni esterne mentre diminuiscono i giornalisti "veri", e ormai le inchieste non le fa più nessuno, nemmeno i grandi periodici nazionali.

E da Gigi Zoppello, dell’Adige, che ha messo le mani avanti riconoscendo con parole anche pesanti le lacune dei giornali locali; che pure - ha aggiunto - non sono tra i peggiori sul mercato. E chi ha qualche pratica della stampa provinciale delle regioni vicine sa quanto questo sia - purtroppo - vero.

Da parte sua, Stefano Trasatti, dell’Ufficio Stampa del C.N.C.A., anziché indirizzare al mondo dell’informazione le lagnanze e le richieste di sempre, si è rivolto ai "suoi", dando per scontato che certe regole dell’ambiente giornalistico non si può sperare di modificarle con richiami alla serietà, alla sensibilità, ad un giornalismo "di precisione". Dunque, ha detto in sostanza agli operatori sociali presenti, se volete che certe tematiche arrivino all’opinione pubblica tramite i mezzi di informazione, cercate di individuare i canali giusti all’interno delle redazioni, sappiate essere sintetici, rendetevi conto che le vostre tematiche saranno più accette se esemplificate in una "storia", evitate ogni sovra-esposizione; e non fate del vittimismo se - malgrado tutte le vostre cautele - non riuscite a "passare".

Quanto fin qui detto sembrerebbe condurre ad un giudizio pessimistico sullo stato delle cose. Crediamo invece che, dopo un periodo di ottimismo in cui ci si illudeva che nuove regole e la sensibilità di alcuni fossero sufficienti a cambiare la situazione, si stia capendo che ci si trova di fronte ad un sistema che spesso vanifica anche le buone intenzioni.

I giornali sono imprese: quando - ha raccontato Faustini - i quotidiani locali si sono accorti che la boccaccesca storia di Jo Melanzana aveva fatto lievitare le vendite di alcune migliaia di copie, entrambi i quotidiani locali ci si sono tuffati, riempiendo per più giorni le loro pagine di incredibili frivolezze. Perché, in una situazione in cui i due giornali hanno livelli di vendita piuttosto vicini, qualche copia in più può voler dire superare il concorrente e acquisire certi importanti inserzionisti nazionali che all’interno di una provincia privilegiano esclusivamente il quotidiano leader.

Di questi ed altri meccanismi occorre, volenti o nolenti, tener conto; senza però giungere al punto di dare per "naturale" e immodificabile una situazione che non è certo la migliore possibile. E - per quel che vale - è bene che tanto i cittadini quanto le associazioni continuino a far sentire la loro voce critica nei confronti dei mezzi d’informazione. Insomma, è indispensabile ripetere, ogni tanto, che il re è nudo.

Chissà, potrebbe arrivare il giorno in cui, di fronte alla sensibilità crescente dei lettori, per i giornali sarà conveniente, anche da un punto di vista economico, dare più importanza alla deontologia professionale e ristabilire, in tema di argomenti da trattare, una scala di valori e di priorità più decente.