Lo sguardo innocente
Cento opere dall’universo infantile e il ritorno all’infanzia nella grande arte del ‘900 in mostra a Brescia fino al 5 novembre.
Dopo la mostra di Reggio Emilia dedicata al "candore infantile e la favola" nell’opera di Mario Schifano segnaliamo un’altra proposta che va nella stessa direzione, ma ne allarga il settore d’indagine. L’associazione Brescia Mostre-Grandi Eventi continua da un po’ di tempo a stuzzicarci con esposizioni interessanti: questa volta, in collaborazione con la Pinacoteca Internazionale dell’Età Evolutiva "Aldo Cibaldi" del Comune di Rezzato, fino al 5 novembre presso Palazzo Martinengo, è di scena, con un centinaio di opere provenienti dal mondo, l’espressività infantile, come forma di vera e propria arte, che dialoga con i grandi maestri del Novecento in un allestimento davvero singolare e coinvolgente.
Al di là di ogni latitudine il mondo infantile sembra percorrere itinerari abbastanza
simili che trovano momenti di sintesi nelle diverse sezioni in cui è suddivisa la mostra bresciana.
Si parte dal mondo degli affetti attraverso la galleria di ritratti entro i quali si materializza il lento processo di riconoscimento dell’altro e la formazione del proprio Sé. In un mondo di occhi grandi, stupefatti i volti familiari dei propri cari, dei compagni di classe sembrano dilatarsi trasversalmente ad occupare lo spazio tutto.
Un bambino - scrive Henri Michaux - "non rappresenta più un viso, né lo evoca, espande un viso e così facendo espande un mondo. Viso dilatato, beato o raggiante non ne farà di simili più tardi, esprimendo senza vergogna il suo piacere, anche quello della sua salute, della sua vitalità traboccante, nell’età in cui non si ha vergogna di mostrare il proprio piacere."
I volti stagliati, impudenti si aprono alle sensazioni dell’esperienza quotidiana: una veste sgargiante di colori si sparge per la natura con la vivacità gioiosa e allucinante dell’immaginazione allo stato puro. La capacità e l’immediatezza nel dipingere il vero (i campi in primavera,fiori, case al tramonto, i tetti di una città, le uova di Pasqua, la festa e le luci della giostra...) mescolate felicemente ad un elemento naturalmente favolistico, rivelano nella fissità di quegli sguardi l’amore per il particolare, una commozione che nessun vincolo accademico avrebbe potuto comprimere. Bellissime le opere dell’ultima sezione, che documentano con le mille luci della festa, della banda, delle processioni, ma anche dei funerali i misteri della vita
Nell’arte del ‘900, l’ossessione dai problemi di forma sembra a tratti messo da parte: il conseguente ritorno alle origini viene letto sinteticamente - e con un po’ di approssimazione, diciamo noi - nei 5 momenti degli espressionismi di inizio secolo (da Kandinsky a Klee, Nolde, Picasso, Goncharova - bellissimi "Il bevitore" di Gino Rossi e "Ragazza a scuola" di Lorenzo Viani e il curioso "Guerra + rancio" di Ottone Rosai) e degli Anni 30 tra scuola romana e lombardo-veneta (è la parte più interessante della sezione "palingenesi") con "Paesaggio a Collepardo" di Scipione, "Terrazza di via Cavour" di Antonietta Raphael, la "Strada con casa rossa" di Mario Mafai, vicino al "Taxi rosso" di Renato Birolli e alla "Sibilla Cumana" di Tullio Garbari...
Si passa poi al momento che segue la seconda guerra mondiale e cioè all’arte informale, con l’Art Brut di Dubuffet e l’esperienza del gruppo Cobra, seguita dall’arte concettuale di un Alighiero Boetti e dalla Transavanguardia, dal Graffitismo fino ad arrivare al Nuovo Futurismo.
Rimane quella bellissima frase di Picasso a darci il significato intero di un percorso: "Una volta disegnavo come Raffaello, ma ci è voluta un’intera vita per disegnare come i bambini"