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QT n. 22, 18 dicembre 1999 Servizi

Questotrentino: vent’anni e poi più?

QT: i perchè di un cambiamento e di una crisi perdurante. E dell’assoluta necessità di un sostegno.

QT, sedici anni e poi più?" - titolavamo, con apprensione, nel ’96, quando una grave crisi economica ci aveva portato sull’orlo della chiusura. Allora la generosa mobilitazione dei lettori, che attorno all’Associazione Sostenitori di QT raccolse 40 milioni, ci permise di superare la crisi. Oggi però, il problema si ripropone: "QT, vent’anni e poi più?" Come mai? Siete alle solite? - potrà dire qualche disincantato lettore. "Se dopo venti anni non siete ancora riusciti ad essere autosufficienti, forse qualche domanda dovreste porvela" - ci è stato scritto, forse intendendo che sia ormai giunto il momento di un dignitoso abbandono.

Nella logica rigidamente liberista non c’è dubbio: QT come impresa non ce la fa, va quindi chiusa. Ricordiamo l’assunto: fare un giornale libero, svincolato dai condizionamenti dei potentati, e quindi fare un giornale povero; che supplisca ai conseguenti mancati introiti con il lavoro volontario, mobilitando l’impegno, la passione politica e culturale di una molteplicità di redattori e collaboratori.

Questa formula non è una nostra esclusiva. In svariate forme si è diffusa in ogni angolo d’Italia. Ma tutte queste esperienze hanno avuto vita difficile. Fra di esse, tre venivano sempre citate come le più solide e interessanti: Società Civile di Nando Dalla Chiesa a Milano, La Voce della Campania (fra i fondatori, anni fa, Michele Santoro) e, appunto, Questotrentino. Oggi Società Civile ha chiuso, La Voce della Campania arranca fortemente ridimensionata, QT...

Il fatto è che anche questa particolare editoria soffre dei limiti e problemi generali dell’editoria italiana: tranne poche eccezioni in brevi periodi temporali, in Italia i giornali versano in cronico passivo; tirano avanti perché sostenuti - in varie forme - da forze politiche o potentati economici. Le prediche liberiste applicate al mercato della stampa sono fanfaluche. Così anche un giornale come il nostro deve trovare la propria sopravvivenza andando oltre l’ambito del puro mercato. Abbiamo già raccontato le traversie che incontriamo sul fronte della pubblicità, dove gli inserzionisti pretendono un atteggiamento compiacente. L’ultimo esempio? La pubblicità del Mart per la mostra su Segantini, assente dal nostro giornale, che pure ad arte e cultura dedica pagine di recensioni e dibattiti, ma che osa farlo con criticità ritenuta sconveniente.

Questa è la regola: i partner economici non li puoi criticare. E così ragionano pressoché tutte le istituzioni, politiche, economiche, culturali. "Benedetti ragazzi, ma così va il mondo! - ci disse una volta un illustre cattedrattico esperto in mass-media - Dovete decidere quali istituzioni sono vostre alleate e quali no; e le prime lasciarle in pace. Ma i grandi quotidiani, come credete che gestiscano i rapporti con i grandi gruppi?"

Noi ci rifiutiamo di seguire questa strada (e d’altronde anche il nostro interlocutore proprio per questo rimase nostro amico). Non intendiamo iscriverci a alcuna fazione, o banda o gruppo di interessi. Crediamo di poter svolgere un ruolo e rappresentare qualcosa di positivo nella nostra comunità solamente se agiamo con la massima trasparenza e disinteresse. Ma tutto questo ci riporta al punto di partenza: chi ci sostiene? Abbiamo una sola risposta: i nostri lettori.

Qui però entra in gioco un altro punto della vita di QT, essenziale e problematico, di cui abbiamo trattato in una recente giornata di discussione tra redattori e collaboratori. Si tratta del cambiamento di QT: tradizionalmente un’espressione - sia pur non partitica - della sinistra, di cui rappresentava una sorta di piccola bandiera in terra d’infedeli, è diventato (in un processo peraltro non ancora compiuto) un giornale più d’opinione, rivolto non tanto al militante, al lettore schierato, ma al cittadino attento al dibattito politico-culturale. Cercando di mantenere l’orizzonte di pensiero, ma rivolgendosi a un pubblico più ampio. Un’evoluzione indispensabile in questi anni di crisi delle ideologie, in cui gli schieramenti sono meno netti, e possono crescere indifferenza e rassegnazione, ma può anche formarsi un’opinione pubblica più consapevole.

Questa evoluzione, per di più concomitante con l’ingresso della sinistra al governo, non è però indolore. Le critiche, anche a sinistra, non sono gradite; scontiamo perdite sul terreno del militante schierato, che spesso non si ritrova più in un giornale non allineato; e d’altronde siamo ancora percepiti come un giornale di schieramento. Siamo in mezzo al guado: perdiamo i militanti duri e puri, attiriamo ancora poco il pubblico d’opinione.

La convinzione del collettivo di QT è che comunque questa è la strada giusta, e che anzi vada perseguita con più decisione una politica di maggior apertura delle pagine del giornale. Su questa linea anzi, abbiamo dei primi risultati proprio a livello di redazione, con un significativo ampliamento del numero di persone coinvolte.

Questo però non basta. E’ la risposta dei lettori quella che conta. Sul fronte delle vendite, e su quello dell’indispensabile - come abbiamo visto - sostegno economico. Un giornale che intende essere una espressione di libera critica, indipendente da partiti e potentati, deve trovare il sostegno nella comunità, nei lettori, che lo percepiscono come strumento in qualche maniera prezioso, da non perdere.

Per questo la sottoscrizione che oggi lanciamo costituisce un momento decisivo, una sorta di referendum: Questotrentino sì, oppure no? Dopo vent’anni: si va avanti rinnovati, o dignitosamente si chiude?