Marmolada, terra di conquista
La famiglia Vascellari all’assalto della montagna
Nel versante bellunese della Marmolada si programmano nuove speculazioni che in prospettiva interessano anche noi trentini.
Dopo il fallimento del Patto per la Marmolada del 2003 (dovuto al boicottaggio dei comuni di Rocca Pietore e Canazei) e dopo il fallimento della proposta di nuovo modello di sviluppo del Museo delle scienze naturali di Trento (causa il rinnovato disinteresse di Canazei), il gioco degli investimenti attorno alla montagna è passato nel versante bellunese, nella zona di Malga Ciapèla.
Nel febbraio del 2005 il Consiglio Comunale di Rocca Pietore approvava a maggioranza, in una sala gremita di carabinieri, la variante al Piano Regolatore preparata da tecnici dell’imprenditore Mario Vascellari, presidente della società funiviaria Tofane Marmolada.
La variante prevedeva la costruzione di un enorme albergo completo di piscina, campo tennis, negozi, fitness, circondato da una serie di baite da trasformare in residence. Un paese, insomma, con 86.000 mc. di cemento con oltre 270 posti letto.
In pochi mesi il progetto finiva all’attenzione della Sovrintendenza dei Beni Culturali di Venezia e lì si arenava, bocciato. Ma arrivano i soccorsi. Grazie all’interessamento dei dirigenti della Sovrintendenza, l’area geologica ad alto rischio, che comprende appunto il sito delle baite, viene trasformata da rischio 4 in 1. A questo punto gli uffici preposti alla tutela del territorio e della sicurezza delle persone sono costretti a rilasciare parere positivo. Nell’autunno 2005, grazie anche al sostegno della Provincia di Trento che autorizza il pilone del terzo tronco su territorio trentino, si concludono i lavori di rifacimento e potenziamento della funivia. L’inchiesta sul resort-wellness condotta dai servizi forestali viene archiviata dalla Procura di Belluno. Non ci sono più ostacoli e prontamente nel dicembre 2008 il Consiglio comunale di Rocca rilascia le ultime autorizzazioni edilizie.
Si mobilita allora la stampa nazionale. Repubblica, l’8 gennaio, pubblica un servizio che ha il merito di avviare importanti riflessioni sul destino qualitativo della montagna. Seguono gli interventi di diversi quotidiani del Triveneto. Contemporaneamente Federalberghi bellunese prende posizione, assieme agli ambientalisti, contro il mega resort.
Le motivazioni sono semplici. La struttura è sproporzionata rispetto alle risorse umane ed economiche presenti in Val Pettorina. Un simile insieme di attività alberghiere e commerciali concentrate farebbero infatti sparire ogni altra iniziativa economica autonoma presente nella zona: artigianato locale, commercio, alberghi famigliari... L’offerta turistica facente capo alle grandi agenzie internazionali porterebbe vantaggio al solo impianto funiviario di Vascellari, e riproporrebbe il modello turistico francese oggi fallito.
Ma sono decenni, da quando con le risorse della tragedia del Vajont è stata costruita la funivia di Malga Ciapèla (1967), che a dettare i destini sociali e dell’economia di Rocca Pietore è Vascellari. A lui fanno riferimento l’indotto del turismo, l’artigianato, l’edilizia locale... In questi quarant’anni la politica e le amministrazioni non hanno mai trovato un’alternativa, e anzi, non la si è proprio voluta cercare.
Al di là dei danni paesaggistici e sociali irreversibili provocati dalla costruzione di un simile mostro, si apriranno altre ovvie prospettive di assalto alla montagna, e si guarderà verso il Trentino. Un simile albergo ha fame, ha bisogno di riempire i posti letto. Anche la grande funivia ha bisogno di passaggi. Le normative europee pongono difficoltà nello strappare nuovi spazi sciabili sul ghiacciaio verso Fedaia. Ed allora ci si rivolgerà, in tempi brevi, al collegamento con passo San Pellegrino, violando la selvaggia valle di Franzedas e il paradiso degli sci alpinisti, Forca Rossa. Un collegamento atteso dal 1986.
Rocca Pietore si è chiusa in un vicolo cieco: è un giocattolo in mano di un unico, cinico padrone che non solo si è impossessato della Regina delle Dolomiti, ma ha tolto l’anima, la speranza ed ogni spazio di autonomia alla popolazione locale. l