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QT n. 9, settembre 2025 Monitor: Teatro

Un’immersione nel Palazzo delle Poste

“Post scriptum”

Un’immersione nel Palazzo delle Poste di Trento, nella sua storia, architettura e arte. E nella propaganda fascista travestita da entusiasmo patriottico. Per raccontare qualcosa del nostro passato, ma anche lanciare un monito al nostro presente e futuro. Questo è, in rapide pennellate, la visita teatralizzata “Post scriptum: il Palazzo delle Poste di Trento tra ieri e domani”, tra i tanti eventi in programma nei primi due weekend di settembre nel capoluogo e in provincia per la 21a edizione di “Palazzi aperti”.

Un coinvolgente percorso itinerante in cui il pubblico (entrate ovviamente contingentate, gruppi da massimo 20 persone) è chiamato a vivere in prima persona l’atmosfera sospesa dei primi anni Quaranta, dall’entrata in guerra all’armistizio di Cassibile. Le vicende e i sentimenti di due generazioni incastrate tra dovere e coscienze. Il potere della comunicazione e la possibilità – urgente, drammatica, reale – di fare la propria parte, ieri come oggi. A ciò hanno dato vita gli attori Christian Renzicchi, Beatrice Elena Festi, Giulio Macrì e Federica Chiusole. Quest’ultima anche autrice della drammaturgia – a partire dalla ricerca storico-artistica a cura di Cristina Cassese – e della regia. Una creazione cui hanno contribuito la supervisione storica di Elena Tonezzer della Fondazione Museo Storico del Trentino, l’Ufficio Cultura e Turismo del Comune di Trento (con riferimento Luana Slomp), la società Europa Gestioni Immobiliari e della compagnia teatrale TeatroE.

Il tour parte da piazza Alessandro Vittoria, guardando il palazzo opera di Angiolo Mazzoni, oggi coperto dalle impalcature degli interventi di restauro e riqualificazione in corso. Qui i visitatori sono accolti da un dirigente fascista in completo nero che magnifica lo stile razionalista dell’architettura, nonché il San Cristoforo dello scultore Stefano Zuech (oggi poco) visibile in una nicchia nel lato sud del palazzo. Una narrazione, quella svolta dal personaggio orgoglioso e tutto d’un pezzo interpretato da Christian Renzicchi, con la collaborazione della preparata futura segretaria signorina Martini (Beatrice Elena Festi), che cala già gli spettatori nel ruolo di prossimi dipendenti del Ministero delle Comunicazioni. Un ruolo centrale per la propaganda e censura di regime in un luogo carico di storia ed arte, quello che viene prospettato e illustrato passando davanti alle pareti esterne e, sul retro, al portale di Palazzo a Prato.

La platea di nuovi lavoratori delle Poste viene quindi introdotta all’interno dell’edificio, ad ammirarne le decorazioni. In primis – in un dialogo tra un giovane fervente fascista (Giulio Macrì) e una storica dell’arte (Federica Chiusole) che quell’impostazione politica, del lavoro, della vita si oppone – il bellissimo affresco di Luigi Bonazza “Il ricevimento dei tre cardinali nel Palazzo a Prato ai tempi del Concilio”. E poi, salito lo scalone storico, le vetrate policrome futuriste di Enrico Prampolini raffiguranti “Il risparmio”, “Il telegrafo” e “Le comunicazioni”, nonché il dipinto di Gino Pancheri “I boscaioli e i vignaioli”.

Per gli spettatori/futuri dipendenti è quindi il momento di andare al dopolavoro. Dirigendosi, anche intonando motivi leggeri d’epoca come “Ma le gambe”, verso il chiostro interno. Qui la Storia però cambia drasticamente: tra le colonne, per voce della signorina Martini, l’iniziale entusiastico senso del dovere patriottico di lavorare alla Poste si è trasformato nella consapevolezza di essere lì a timbrare e censurare, sapendo ma impossibilitati a disobbedire agli ordini se non a proprio rischio e pericolo. Fino alla notizia via radio dell’armistizio e alla conseguente sensazione di libertà; subito spenta dall’occupazione nazista e dalla comunicazione che ora le Poste lavoreranno per il Führer. Ma, scegliendo da che parte stare, è ancora possibile costruire, ieri come oggi, come suggerito da uno stemma con colomba con ramo d’ulivo, la pace. Perché, come impresso sulla cartolina lasciata ad ogni spettatore, rimandando alla scultura del Zuech, “Cristoforo attraversò il fiume con un bambino sulle spalle. A ogni passo, il peso cresceva: quel bimbo era il mondo. Ogni scelta conta, ogni passo vale. Nessuno è escluso. Nessuno è solo”.

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