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QT n. 6, giugno 2024 Cover story

Riva: ci facciamo portar via il Lido

Il Comune pasticcia e apre agli speculatori da fuori. A rischio la proprietà ?del più prestigioso albergo del Trentino

Ci sono cose che valgono più dei soldi. E se l’affermazione vi sembra fuori luogo rispetto alla storia che stiamo per raccontarvi, ovvero la battaglia per la proprietà dell’hotel Lido Palace di Riva, vedrete che alla fine sarete d’accordo con noi: la vicenda va ben oltre i soldi (comunque parecchi) che sono in ballo.

Cominciamo chiarendo ai molti che sicuramente lo ignorano che l’hotel Lido Palace, unico 5 stelle lusso del Trentino, è (anche) nostro, di tutti noi trentini. Infatti la maggioranze delle quote dell’albergo è in mano ad una società pubblica in cui Comune di Riva e Trentino Sviluppo si dividono quasi paritariamente le azioni.

Ma se per i trentini in genere la cosa è un puro dato economico, per i rivani è tutta un’altra storia.

Quando vi parlano del Lido, a Riva sottolineano come un mantra che è “l’unico cinque stelle lusso del Trentino”. Gocce di orgoglio cittadino che stillano da ogni parola. Orgoglio anche perché il Lido Palace è rinato nei decenni scorsi per volontà del pubblico (il Comune di Riva) con il sostanzioso apporto delle categorie economiche rivane, albergatori in prima fila.

Cristina Santi e Paolo Signoretti

2011: il pubblico-privato funziona, il Lido Palace risorge

Un’operazione che serviva a riqualificare un vecchio hotel andato in disuso, ma con una posizione da urlo sulla riva del lago, e che aveva dichiaratamente lo scopo di farne una bandiera per quel turismo di qualità a cui Riva del Garda ambiva.

Un’operazione andata piuttosto bene perché nel giro di poco tempo il Palace ritrova il suo posto tra gli hotel di lusso (tornando alle sue origini, che datano dal 1899) e fa da traino d’immagine per l’intero comparto.

Un’operazione che aveva visto una fruttuosa collaborazione tra Comune e privati, i quali avevano messo dei bei soldi nella ristrutturazione dell’hotel, ma in cambio avevano chiesto che venisse loro affidata la gestione, pur essendo i soci di minoranza. Ma tra i soci c’erano diverse persone che di alberghi e turismo ne sapevano parecchio, perché loro stessi proprietari di altri hotel a Riva e di certo il Comune non poteva mettersi a gestire direttamente un albergo.

La cosa aveva funzionato perché l’albergo, riaperto nel 2011, aveva ben presto cominciato a fare utili. E, cosa da non dimenticare, svolgeva molto bene la sua funzione di ammiraglia del turismo rivano. Senonché, ad un certo punto nel 2017, il governo ci mette lo zampino e produce la famosa legge Madia, quella norma che impone a tutte le amministrazioni locali di vendere ogni partecipazione in società che non siano strettamente funzionali agli scopi istituzionali. Quindi vanno bene le società che fanno raccolta rifiuti o gestiscono le entrate tributarie, ma cosa c’azzecca un hotel a cinque stelle? Niente. Quindi per la legge Madia il Comune di Riva avrebbe dovuto vendere le proprie quote dell’albergo. Il Palace da quel momento diventa un succulento boccone in bella vista sul banco del mercato.

Il Comune rispetta la legge, dichiara che la partecipazione è da vendere, ma trascina i piedi con distinguo su partecipazioni dirette e indirette e società di scopo (non stiamo a tediarvi con i dettagli). L’anima profonda di Riva non vuole vendere il gioiello della corona. E la cosa, in fondo, sta bene sia al pubblico che ai soci privati. Nessuno fa niente per spingere sull’acceleratore.

L’amministrazione Santi: al Lido entrano Hager e Signoretti

Poi nel 2020 arriva il Covid che congela ogni cosa. Ma nello stesso anno cambia anche il colore politico della amministrazione comunale. L’amministrazione Pd, guidata da Adalberto Mosaner, cede il passo alla Lega con la sindaca Cristina Santi che fin dal primo giorno dichiara: “Venderemo le quote del Lido Palace”.

L’elezione di Cristina Santi apre le porte anche a nuovi soggetti economici, estranei al rodato circuito dell’élite economica cittadina. Arrivano in particolare due imprenditori, Heinz Peter Hager e Paolo Signoretti, che da tempo lumavano la fascia lago per una serie di lucrosi affari (Vedete QT a partire da febbraio dello scorso anno, sulla vicenda della cosiddetta area Cattoi). Paolo Signoretti, in particolare, è stato anche un grande sponsor dell’elezione di Santi e lo mette in bella mostra il giorno della vittoria: la foto dell’abbraccio di Signoretti ad una Santi raggiante dice molto più di ogni parola.

Anche Hager e Signoretti, fin da subito, chiariscono le loro intenzioni: non solo le residenze turistiche che vogliono costruire sull’area Cattoi (contigua peraltro all’hotel Lido) benché non sia edificabile, ma anche l’hotel è dichiaratamente nei loro obiettivi. Sono un corpo estraneo all’élite economica rivana, ma ci entrano di forza: comprano - con un’operazione che assomiglia parecchio ad una scalata ostile - le quote sociali che servono per controllare la gestione del Lido. E con queste ritengono di assicurarsi anche il diritto di comprare le quote pubbliche quando saranno messe in vendita.

Nonostante le proteste e i ricorsi di una parte dei proprietari privati (mentre alcuni altri hanno volentieri ceduto le loro quote ad Hager e Signoretti), il Lido quindi finisce sotto il controllo dei due imprenditori. La parte di soci che non hanno voluto vendere a Signoretti e Hager, tra i quali anche i vecchi gestori, la prende male. Il Lido è anche una loro creatura, ci hanno messo soldi e impegno personale. Chiedono il sostegno della parte pubblica, che comunque possiede la maggioranza dell’hotel, ma il Comune fa il pesce in barile, dice che non entra nelle questioni dei privati e di fatto, per omissione, appoggia la scalata. Trentino Sviluppo, nelle mani dell’assessore Spinelli, tace e acconsente.

Paolo Signoretti, a quel punto controllore delle quote private dell’albergo, ne diventa l’amministratore ad aprile 2022.

La gestione fallimentare dei super-imprenditori

Un dato di contesto. Il 2022 e il 2023 sono anni eccezionali per il turismo rivano: i guadagni del settore alberghiero aumentano in media del 30 per cento rispetto all’ultimo anno “normale”, ovvero il 2019. Il 2020 e 2021 sono azzoppati dal Covid e non fanno testo.

Ebbene, in questo contesto il Palace spicca per risultati negativi. Bilancio in perdita nel 2022 e ancor più nel 2023.

Signoretti, presentando a fine aprile scorso i risultati, cita un rosario di scusanti: abbiamo fatto investimenti, sono aumentati i tassi di interesse bancario, gli ammortamenti sono cresciuti perché è stato rivalutato il valore dell’albergo, abbiamo perso i clienti russi per via della guerra.

Tutto vero, ma…

Tutti gli alberghi hanno subito l’aumento di interessi e costi da inflazione. E anche altri hotel hanno perso i milionari russi. Eppure sono andati benissimo. E gli investimenti al Palace sono stati fatti con i soldi che c’erano in cassa. Oltre due milioni e mezzo di euro lasciati dalla vecchia gestione, di cui a fine 2023 erano rimasti poco meno di 400mila euro.

Abbiamo fatto una modesta, e non professionale, analisi dei bilanci dell’hotel Lido negli ultimi due anni. E ai nostri occhi appare molto chiaro quello che è davvero accaduto: i ricavi dell’albergo sono sotto le aspettative e i costi per le spese correnti sono esplosi. In particolare facendo una comparazione tra il 2019 e il 2023 si vede che i ricavi, normalizzati per l’inflazione, sono nel 2023 circa il 10 per cento in meno rispetto al 2019. Eppure i prezzi del Palace sono saliti, come per tutti gli altri alberghi. Quindi è proprio mancata la clientela.

Poi, ad esempio, i costi per il personale sono aumentati del 40 per cento. E qui non conta l’inflazione, perché sappiamo bene come i salari non siano stati adeguati al costo della vita in questi anni. Ma il personale del Palace tra il ’22 e il ’23 è aumentato in numeri totali e, per dichiarazione di Paolo Signoretti, sono stati alzati gli stipendi e dati premi. Tutto in nome del raggiungimento di uno standard consono ad un hotel di quel livello (l’implicito che prima lo standard non ci fosse, fa infuriare un po’ di gente, a partire dall’ex direttore Gabriele Galieni). E poi sono stati fatti cambiamenti d’immagine, come il prato vivo che copre ora una parte della lobby dell’albergo, oppure il cambio di parte degli arredi che, a quanto si dice, non erano certo usurati.

Insomma, dal nostro punto di vista si è perseguita la “luccicanza”, cambiamenti appariscenti che però non portano ricavi. E forse, ipotizziamo, è mancata anche una strategia di mercato adeguata a recuperare la quota di clienti russi - che era circa del 15 per cento - persa per via della guerra in Ucraina.

Torniamo a questo punto alla legge Madia. Che chiede la vendita delle partecipazioni non funzionali, ma di fatto non la impone perché non sanziona gli enti locali che non ottemperano. Ma c’è un ma: se una società di proprietà pubblica produce tre bilanci in perdita nell’arco di quattro anni c’è un obbligo di vendita.

Questo lo sa Cristina Santi e lo sanno anche gli attuali gestori del Palace che puntano all’acquisto totale dell’albergo fin dall’inizio.

Ma perché Santi, che nel 2020 diceva di voler vendere, non lo aveva fatto da allora? In varie occasioni la sindaca ha detto di “voler massimizzare il valore delle quote” prima di vendere e in alcune delibere del Comune si collega la eventuale vendita della partecipazione pubblica anche alla possibilità che il Lido Palace ottenga la concessione edilizia per aumentare il numero di stanze. Cosa che ovviamente aumenterebbe il valore complessivo dell’hotel e in proporzione i soldi che il Comune potrebbe ricavare dalla propria quota. Nella variante urbanistica che ridisegna la fascia lago ed è ancora in gestazione (in attesa dell’ok definitivo della Provincia, che però sta lasciando languire la cosa oltre ogni tempistica normale) ci sarebbero aumenti di cubatura possibili per il Palace. Un 10 per cento del totale, come minimo.

In ogni caso a fine aprile scorso quando l’hotel presenta il secondo bilancio in perdita consecutivamente, Cristina Santi capisce di essersi messa da sola nei guai. Un dettaglio: le previsioni per il 2024 parlano nuovamente di una perdita, intorno ai 260mila euro. Sarebbe il terzo anno consecutivo con bilanci in rosso. E quel Paolo Signoretti a cui la sindaca ha dato grandi possibilità - del tutto legittimamente, sia chiaro - si sta rivelando per lei un grave problema.

Primo, perché quei bilanci in rosso consentono alle malelingue rivane di dire che si tratta di una manovra fatta appositamente per costringerla a vendere le quote e a prezzo di svendita. Ma noi siamo convinti che non sia così. Ci pare piuttosto che Signoretti abbia peccato di supponenza: sono un imprenditore e quindi, ovviamente, so far funzionare un albergo. I numeri dicono che ha sbagliato.

E c’è un aspetto curioso. Tutte le analisi sui conti del Palace che noi facciamo in questo articolo le abbiamo ritrovate praticamente pari pari nelle dichiarazioni fatte dalla sindaca Santi il giorno della presentazione del bilancio: dai ricavi troppo bassi, alle strategie inadeguate, al costo del personale troppo alto fino alla constatazione che gestire un albergo richiede un elevato livello di professionalità (“non ci si può improvvisare imprenditori turistici” sono le sue parole esatte).

Signoretti: incapace o troppo furbo?

E qui arriviamo al secondo motivo per cui la sindaca di Riva è nei guai: il fallimento della gestione che di fatto lei ha sponsorizzato impatta e non poco sulla sua corsa per la rielezione alle prossime comunali di maggio 2025. Perché se il Comune fosse costretto a vendere il Palace per l’insipienza della presente gestione, i rivani verosimilmente non gliela perdonerebbero.

Da qui una salva di bordate sparate da Santi nell’immediato: “Non venderò le quote finché l’albergo non sarà tornato a fare utili”, e altre amenità che, a logica, avrebbero dovuto concludersi con “Voglio un cambio di gestione”. Ma fin lì la sindaca di Riva non è arrivata. Anche perchè politicamente per lei sarebbe un suicidio.

A questo punto la battaglia contro gli “stranieri” che si sono impadroniti della perla alberghiera più preziosa di Riva, finora rimasta sottotraccia e condotta soprattutto da quella parte di imprenditoria rivana che ha sempre considerato Peter Hager e Paolo ignoretti dei predatori, potrebbe diventare cruenta.

Intanto perchè un pezzo importante dell’economia rivana, per bocca del presidente degli albergatori Enzo Bassetti, esce allo scoperto. Bassetti, sempre in occasione della presentazione del bilancio, non solo stigmatizza che i conti in rosso non sono giustificati, ma vendica la vecchia gestione sulla quale Signoretti in questi ultimi due anni ha sparso un continuo sottile sprezzo, tacciandola di inadeguatezza e incapacità di tenere gli standard del lusso: “Vedere che il Lido Palace continua a perdere mi fa preoccupare - dice Bassetti - e soprattutto mette in ridicolo le affermazioni che loro hanno fatto sulle gestioni precedenti, che però chiudevano in utile”.

E chiede di fatto un cambio di gestione.

Per ora non ci sono risposte a questa gragnuola di colpi, ma siamo abbastanza sicuri che i due imprenditori non staranno fermi: hanno già dimostrato ampiamente di non avere remore quando si tratta di soldi. E poiché hanno investito circa 4 milioni di euro per acquisire il controllo dell’hotel, premessa nei loro progetti di una futura proprietà piena, difficilmente si faranno mettere da parte senza combattere.

Quanto a Cristina Santi, sta cercando di correre ai ripari: si dice a Riva che abbia già cominciato nelle chiacchiere informali a cambiare la sua “narrativa”, sostenendo che in fondo lei e Signoretti non sono mai stati veri amici.

Ma ha commesso un peccato mortale: ha dato in mano un pezzo del cuore di Riva a gente sprezzante e, a quanto pare, non capace.

Non le sarà facile cancellare questo errore.

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