Un Tigellino di Provincia
L'ing. Raffaele De Col, le voci di un esaurimento nervoso, e gli improbi compiti che si è dovuto assumere
C’è un gossip in Provincia. L’ing. Raffaele De Col, travolto dai troppi impegni e dalle troppe tensioni, starebbe sbarrellando: si mette a telefonare a ore impossibili (le 3:30 di notte, le 4) ad altri dirigenti provinciali, sbraita, si incazza, intima ordini, pretende soluzioni. L’interpretazione che corre in Provincia non è che finalmente c’è qualcuno che si dà da fare per far funzionare la macchina burocratica, ma che c’è un dirigente sull’orlo dell’esaurimento.
Non sappiamo cosa ci sia di vero in questo chiacchiericcio, di cui trascuriamo i dettagli più gustosi. Il punto è che il chiacchiericcio ci sia, che si ipotizzi che la smodata iperattività del braccio destro del presidente Fugatti sia incompatibile, oltre che con le norme di legge, anche con i limiti della natura umana.
Ricordiamo infatti tutti i compiti che il Presidente ha attribuito al suo ingegnere di fiducia. Innanzitutto la gara del NOT (ne parliamo a pag. 14) incongruamente vinta da un’azienda dalle fragili credenziali economiche e da un progetto semplicemente impresentabile. Poi il concerto di Vasco Rossi, la “cagata pazzesca” per la cui realizzazione occorre stressare le norme di sicurezza. La gestione muscolare di orsi e lupi, che entra sempre in contrasto non solo con il mondo ambientalista e con l’opinione pubblica nazionale, ma con le norme ministeriali. Gli appalti stradali, con i lavori alla tangenziale di Trento che senza costrutto si trascinano da anni. La gestione dei rifiuti, di cui il nuovo Piano provinciale certifica il fallimento, riducendosi alla vetusta riproposizione dell’inceneritore.In alcuni di questi casi sembra prevalere l’incapacità, in altri l’insofferenza alle regole.
In effetti il rapporto tra Fugatti e De Col ci sembra assomigliare a quello tra Nerone e il suo braccio destro Tigellino: l’imperatore ordinava nefandezze (come uccidere la madre o bruciare, si dice, Roma) il suo prefetto del Pretorio alacremente eseguiva. Tigellino però non ebbe alcun esaurimento, anzi, narrano le cronache, suggeriva all’imperatore ulteriori misfatti, e i due procedettero d’amore e d’accordo fino a che non ci pensò la plebe.
La differenza con Fugatti e De Col è che non siamo ai tempi dell’Impero, ma in quelli di una Provincia autonoma sì, ma democratica. E quindi i voleri del capo non sono assoluti, ci sono organismi di controllo, leggi da rispettare, giudici che si mettono di mezzo. E con tutto questo si trova a combattere un’impari battaglia il Tigellino dei giorni nostri.
Il povero De Col è nato nel periodo sbagliato.