Informazione: è finita la peculiarità trentina
Una provincia con due quotidiani: una particolarità e una ricchezza per tutti. Una storia positiva, che ora è finita.
Una solidarietà di routine. Rincrescimenti d’ordinanza. Queste le reazioni alla chiusura del Trentino. A nostro avviso assolutamente non all’altezza dell’avvenimento, che va molto oltre la brutalità dei modi, ma anche oltre la stessa concentrazione dell’informazione. Investe l’idea che il Trentino, inteso come comunità, ha di se stesso,
Perché uno degli elementi caratterizzanti la nostra provincia era quello di avere due quotidiani locali. Due, non uno. Oppure un quotidiano forte e un altro residuale. Una differenza importante, come dimostrato da oltre settant’anni di convivenza e soprattutto concorrenza tra le due testate. Una concorrenza giocata in parte sulle capacità industriali (numero di pagine, numero di giornalisti, grafica, inserti ed omaggi), ma in parte anche sulla linea editoriale. Con una regola costante: il giornale più venduto si adagiava sugli allori e trovava comodo coltivare contiguità con il potere, economico e politico; invece il giornale che arrancava dietro, per non scomparire si rinnovava, diventava sbarazzino, indipendente, in definitiva interessante, guadagnava lettori e sorpassava il concorrente. A quel punto, dopo alcuni anni, le parti si invertivano, e la dinamica riprendeva pressoché uguale con i concorrenti a ruoli scambiati.
Così era successo a L’Adige democristiano e curiale, rimontato e scavalcato dall’Alto Adige (così si chiamava allora il secondo giornale) laico e quasi sessantottino negli anni ‘70; poi L’Adige si ristrutturava, rilanciava, e superava il concorrente, appiattito e imbolsito.
La presenza – praticamente unica in Italia – di due giornali, era favorita dalle peculiarità della società trentina, caratterizzata da un’alta percentuale di lettori e dalla presenza dell’Autonomia, che rende decisiva la politica locale e quindi più interessanti le cronache. E la dinamica concorrenziale, con gli esiti che abbiamo descritti, stimolava un giornalismo non banale, anzi tendenzialmente critico verso il potere politico. Con evidenti vantaggi per la politica stessa e per la società.
Si intrecciavano inoltre anche visioni politiche-editoriali-territoriali. L’Adige apriva due nuove testate, La Cronaca a Verona e Il Mattino a Bolzano: un progetto lungo l’asta dell’omonimo fiume Adige. L’Alto Adige, con due edizioni, a Trento e a Bolzano, andava a formare, all’interno del gruppo editoriale L’Espresso, un pool di giornali dolomitici assieme al Corriere delle Alpi di Belluno.
Progetti falliti, anche perché la politica non seguiva: mai si è mossa per un’aggregazione dei territori montani, incontro a una Belluno schiacciata dalla predominanza degli interessi della pianura veneta; e poco ha fatto anche sull’asse Bolzano-Verona. Eppure sono stati progetti indici di vitalità, di protagonismo, di visione lunga. Tutto questo ora è finito. Nella maniera peggiore.
Non si può non notare come nella concorrenza Trentino-Adige, i due giornali siano stati su piani differenti. Il Trentino, con sulle spalle anni di scelte editoriali sbagliate, numeri di pagine e di giornalisti ridotti al minimo, redazioni locali alla canna dell’ossigeno, corrispondenti di valle sottopagati e quindi scomparsi, continuava a perdere lettori. E cercava di caratterizzarsi, sotto la direzione Mantovan, attraverso la maggiore indipendenza. L’Adige invece, con asset decisamente migliori, un accettabile numero di copie vendute, sotto la direzione del curiale Faustini rimaneva più attento a non infastidire i vari poteri. Per ora a rimanere è Faustini.
Comunque vada a finire (le voci che si rincorrono sono tante), la peculiarità trentina è finita. Pur con l’apprezzata presenza del Corriere del Trentino, non abbiamo più due giornali locali. Situazione che non può non portare a un ulteriore appiattimento dell’informazione. Per di più eteroguidata da Bolzano.
Il punto è che pochi sembrano preoccuparsi. Come se l’informazione, le idee, in una comunità non fossero decisive. Questo è il dato più sconfortante.