Chi poco e chi troppo
Governo del territorio: l’inerzia del Comun generale di Fassa e il discutibile attivismo di Canazei.
È sempre interessante seguire quanto accade in valle di Fassa. Siamo nella comunità che in termini percentuali sulla popolazione residente ha registrato il record nazionale del contagio di Coronavirus. Nella comunità dove la Procuradora (Presidente) del Comun generale, Elena Testor, senatrice della Repubblica, con noncuranza e senza spiegare in termini di contenuti la scelta, si trasferisce da Forza Italia alla Lega. Del resto, già prima della sua elezione aveva detto che in quell’area un partito valeva l’altro: la scelta caduta su Forza Italia era solo opportunistica, dettata dal momento e da equilibri da mantenere nella destra trentina. E in questi giorni è ritornata ai suoi veri affetti, nel partito dominante in valle, la Lega, un gruppo che rappresenta il vuoto programmatico. Testor rimane così coerente con quanto fatto in cinque anni di legislatura.
Aveva ereditato un ben definito e partecipato piano territoriale del Comun generale, ma il tema è sparito nel nulla. Un suo assessore, Riccardo Franceschetti, ex sindaco di Moena, all’inizio della legislatura aveva promesso un unico, urgente (“In sei mesi è pronto”) regolamento edilizio della valle.
In una comunità ristretta, con 6 comuni, meno di diecimila abitanti, stessa economia di base e ambiente naturale, sei regolamenti diversi erano e sono un non senso: uniformare significava offrire a cittadini e studi tecnici una semplificazione importante. Ma non si è fatto nulla.
Doveva partire la Rete delle riserve su due montagne simbolo delle Dolomiti UNESCO, Marmolada e Catinaccio, e anche qui si è registrato l’immobilismo più assoluto, la Rete è fallita.
Era lecito attendersi, dopo vent’anni di discussioni, qualche decisione sulla tanto attesa circonvallazione della statale 48 Campitello-Canazei: non se ne parla più.
Ma se questi potevano apparire obiettivi troppo ambiziosi da portare a compimento per un personale politico inadeguato, era lecito attendersi che altre semplici situazioni venissero risolte, ad esempio il completamento della pista ciclabile. Ma anche in questo campo il fallimento è totale, e si tratta di situazioni bloccate da 8 anni. A Moena si arriva da Predazzo e in prossimità della perla delle Dolomiti non si sa come proseguire; a Campitello di Fassa tutto è fermo per le proteste di un operatore turistico locale che dalla ciclabile otterrebbe solo vantaggi (l’area camping).
A Canazei, invece...
Se il Comun generale conclude il suo percorso amministrativo sommando fallimenti, è stato invece attivo il Comune di Canazei. Non poteva essere diversamente: la municipalità è stata governata da un attore imprenditoriale che ha costruito la sua politica sull’azione diretta, il partito del fare. Nella legislatura in corso già erano state approvate tre varianti del Piano regolatore ed erano rimasti sospesi favori da distribuire, specialmente al mondo degli impiantisti. È così arrivato alla votazione finale la variante del Piano regolatore generale, proprio a fine legislatura (approvato il 22 maggio). Un percorso accidentato, anche perché non si è voluto commissariare il lavoro. I consiglieri privi di conflitti di interesse sembrano essere solo 8 su 15, una maggioranza risicata. A sorpresa il Consiglio di metà mese è saltato per mancanza del numero legale: senza alcun preavviso non si era presentato neppure il vicesindaco, Paolo Dantone: a sua discolpa ha affermato che doveva accertarsi su delle possibili incompatibilità della moglie in quanto azionaria nella SITC, l’impresa impiantistica locale. Ci si chiederà perché non si sia interessato prima, vista la lunghezza del percorso amministrativo. Oppure, come si afferma in paese, le perplessità erano di contenuto? Non è trapelata una sola parola ufficiale sul tema, solo illazioni. Anzi, il sindaco Silvano Parmesani con sicurezza ha affermato che le incompatibilità sono “inesistenti” (L’Adige, 21 maggio).
In paese è diffusa l’opinione che la variante, nel previsto ampliamento di ulteriori aree edificabili, dispensi favori specifici. Pochi mesi prima non è passata inosservata la deroga che il comune ha concesso al suo sindaco nel potenziamento del rifugio Fredarola, un ristorante già oggi con offerta di alta qualità, situato a 2.390 metri di quota, che si definisce struttura a metri zero dal cielo e con panorama infinito.
La deroga concessa per l’ampliamento e la ristrutturazione è assurda: il 100% dell’attuale volume. Si afferma che tutto sia stato regolare, con un percorso burocratico lineare che non ha subito alcuna pressione da parte degli amministratori né alcuna interferenza da parte del proprietario, che casualmente corrisponde al sindaco.
La variante è strategica specialmente per quanto prevede in quota: gli ampliamenti di aree sciabili. Ovviamente ancora l’area interessata è nelle pertinenze del rifugio Fredaraola, all’arrivo della funivia di Col dei Rossi e nelle vicinanze della prossima nuova seggiovia a sei posti, 2.300 persone/ora, che da Belvedere sale verso Col dei Rossi e andrà a sostituire una vecchia seggiovia a quattro posti ritenuta non più adeguata a rispondere alla nuova massa di sciatori portata dalla funivia.
Ovviamente i lavori previsti sono sotto terra: per questo motivo si dà per assodato che questi potenziamenti e le relative nuove infrastrutturazioni non avranno impatto ambientale: parte delle strutture non saranno visibili. Come sembra non abbiano impatto la sistemazione e il relativo potenziamento di piste esistenti, nonostante i consistenti movimenti terra in quota e su terreni fragili.
La Marmolada
L’altra attenzione riguarda la Marmolada. Qui la mano viene offerta alla società gardenese che da pochi anni ha acquisito la vecchia cestovia Graffer che da Fedaja porta a Pian dei Fiacconi. Anche in questo caso si amplia l’area sciabile in piena zona SIC, area protetta da normative europee di Rete natura 2000, si invade l’invariante urbanistica provinciale dell’area glaciale, si insiste in zona core del patrimonio di Dolomiti UNESCO.
In Provincia è depositato il progetto del rifacimento della cestovia: l’arrivo viene alzato di 100 metri di quota per preparare il successivo assalto da parte trentina a quanto è rimasto di libero a Punta Rocca. Ed anche per favorire, a scapito del sobrio rifugio storico esistente Pian dei Fiacconi, un imprenditore di Canazei, proprietario del rifugio Ghiacciaio Marmolada: l’impianto dovrebbe arrivare a pochi metri dal suo rifugio.
Senza dubbio la cestovia era superata, andava rimossa. Le ipotesi in campo sono diverse: una consistente platea di sciatori (scialpinisti e naturalisti) vuole l’opzione zero, anche per rispettare e recuperare in termini di qualità l’intero versante nord della Marmolada. Un’altra opzione di mediazione viene sostenuta da quanti ritengono compatibile un impianto nuovo che arrivi, spostandosi leggermente verso ovest, in zona paesaggisticamente a impatto zero, esterni al rischio valanghivo. Gli uffici della Provincia e il comune di Canazei sostengono invece la proposta dei gardenesi: arrivo nel cuore della zona a rischio valanghe e con un impatto visivo massimo.
In quanto abbiamo descritto risulta evidente la subalternità del ruolo di controllo e indirizzo assunto dalla provincia nei confronti del Comune; del resto il governo della valle è nelle capienti mani dello stesso partito che governa a Trento, la Lega. Platealmente si evidenzia la totale assenza di una cultura conservazionistica nel lasciar fallire la pianificazione della Rete delle riserve (che avrebbe compreso anche la parete nord della Marmolada e l’area tutelata da UNESCO), l’assoluta irrilevanza offerta alle proposte degli ambientalisti riguardo un rilancio naturalistico del turismo in Marmolada con la riqualificazione delle oscenità presenti in Fedaja, l’accettazione supina delle spinte speculative provenienti da un territorio ormai ovunque dequalificato.
A Canazei e in valle di Fassa trionfa un unico Vangelo: libera iniziativa a tutti i desiderata provenienti dal mondo imprenditoriale locale.