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Sotto un mare di carte

Ho ricevuto un incarico professionale da parte di un ente. Così ho dovuto compilare tanti moduli. Non moduli online come si usa oggi... No, tutto a mano, come la pasta fatta in casa. Sette i fogli da riempire, in cui le informazioni realmente rilevanti occupavano una decina di righe. Lo spazio restante era riservato a una formidabile serie di ripetizioni dei miei dati anagrafici e fiscali. Ripetizioni che mi sono preso la briga di contare. Ho scritto 10 volte: nome-cognome, nome dell’azienda, indirizzi, e codice fiscale. Ho scritto 6 volte: partita IVA, data e luogo di nascita. Quattro anni fa avevo affrontato un’analoga trafila burocratica con lo stesso ente. Per cui deduco che nei suoi archivi cartacei (che immagino monumentali) ci siano ora almeno 14 fogli che mi riguardano, contenenti in massima parte la reiterazione per decine di volte degli stessi dati. Un oltraggio al buon senso. Ma inquadriamo il fenomeno in una visuale più generale.

  1. Ogniqualvolta ti interfacci con la P.A. ti viene richiesta la tua radiografia anagrafica. Eppure per essere identificato basta il codice fiscale: una stringa alfanumerica che ti caratterizza univocamente come il DNA. Lì ci sono già dentro tutti quei dati che insulsamente sei obbligato ogni volta a declinare per esteso.
  2. In pochi secondi col tuo pc puoi interrogare i miliardi di record della banca-dati mondiale. È mai possibile che ci siano ancora uffici che gestiscono le informazioni alla maniera degli scribi egizi?

Diceva il sociologo Merton: “le condizioni che portano all’efficienza, in situazioni particolari producono inefficienza”. Si riferiva proprio a situazioni in cui la burocrazia smarrisce il senso di ciò che fa. Ovvero “fa per fare”, intrappolata in un loop mentale in cui conta sopra ogni cosa la diligenza nel portare a termine la pratica, perdendo di vista “l’obiettivo di quella pratica”. Collezionare indirizzi e date, ripetuti sempre uguali per chissà quante volte, non è però vera diligenza, semmai sintomo di un disturbo ossessivo: un bastone tra le ruote dell’efficienza. Stipare informazioni senza un criterio equivale a seppellirle per sempre, sotto un mare di carte.