La Chiesa e la pedofilia
La storia insegna. Correva l’anno 1517 e Papa Leone X emana la “Taxa Camerae”, un documento vergognoso che, ad onta del Vangelo, promette il perdono in cambio di denaro. La “Taxa Camerae” riguarda i peccati degli ecclesiastici: “Se l’ecclesiastico, oltre al peccato di fornicazione, chiedesse d’essere assolto dal peccato contro natura o di bestialità, dovrà pagare 219 libre e 15 soldi; ma se avesse commesso peccato contro natura con bambini o bestie e non con una donna, pagherà [solamente] 131 libre e 15 soldi”.
Perché stupirsi delle dichiarazioni di don Gino Flaim, già insegnante alle superiori di Tione? Il suo solo grave peccato è aver reso pubblico ciò che, per la chiesa Cattolica, andrebbe celato. Don Flaim è stato crudelmente sincero, perché prima del Vangelo (“Chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare”), c’è la dottrina cattolica, o meglio, il “Crimen sollicitationis”, il documento redatto nel 1962 dal cardinal Ottaviani e approvato dal Papa che stabiliva la procedura da seguire quando un religioso veniva accusato di usare il sacramento della confessione per fare avances sessuali ai/alle penitenti.
Papa Ratzinger già nel maggio 2001, quand’era prefetto della congregazione per la dottrina della fede (la ex Santa Inquisizione) in una lettera riservata rivolta a tutti i vescovi compreso il nostro Bressan, menzionava il compimento di peccati molto gravi, tra cui le molestie sessuali perpetrate da religiosi nei confronti di minorenni, affermando che “situazioni di questo tipo sono coperte dal segreto pontificio”.
La sua missiva non lascia spazio a dubbi: esso richiama esplicitamente l’istruzione “Crimen sollicitationis”, che fra l’altro istruiva i vescovi su come trattare i sacerdoti che adescavano i fanciulli. In breve: silenzio sulla cosa e trasferimento in altra parrocchia dei preti pedofili, senza denunciarli alle autorità civili.
Un’altra prerogativa del “Crimen” è quella di accomunare l’abusatore all’abusato: entrambi peccatori per aver “fornicato”, anche se l’abusato è stato circuito, plagiato, e, in molti casi, violentato.
Nel testo, infatti, (art.73, pag.23 del documento in latino) parlando di “crimine pessimo”, intendendo l’abuso di un bambino, si legge che tale peccato è commesso dal sacerdote “cum impuberibus”, cioè “con” il bambino, non “contro”. Perché, prima di tutto, viene la condanna del sesso, anche quando è fatto contro la propria volontà; poi tutto il resto.
Con queste premesse, è ovvio che siano pochissimi i sacerdoti condannati dai tribunali diocesani: i vescovi si limitano ad ammonire e trasferire, molto spesso solo a trasferire. E la tutela dei bambini? Mai presa in considerazione.
Vi siete chiesti il perché dell’intervista a don Flaim da parte della redazione di LA7?
La risposta proviene direttamente dalla giornalista Myrta Merlino: “Perché la redazione di LA7 era sulle tracce di un convento dove pare che si mettano in pratica “terapie riparative” nel ricondurre sulla retta via i preti omosessuali e pedofili”.
La struttura in questione è quella dei padri Venturini a Trento, l’unica in Italia ad accoglierli, gestita dal Superiore Generale, padre Gianluigi Pastò, dove si trattano patologie che vanno “dai disordini alimentari alle dipendenze da gioco e da sostanze stupefacenti alla disinibizione sessuale, fino alle tendenze pedofile. Ma è anche un punto di riferimento per gli avvocati, che indicano la villa come possibile sede per gli arresti domiciliari dei religiosi condannati”.
E allora, nel pieno clamore mediatico, il vescovo Bressan si limita ad ammonire o al massimo a trasferire un prete, don Luigi Flaim, che innocentemente ha detto ciò che dice la dottrina. È la stessa condanna che al massimo avrebbe subito un prete pedofilo: dunque una sentenza iniqua, ma meglio un prete pedofilo silente che un prete anziano logorroico.
Alessandro Giacomini, segretario dei Laici Trentini per i diritti civili.