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Quelli del complotto

Nella nostra coverstory indichiamo nella stampa locale uno dei perdenti della brutta vicenda della LaVis; e ci permettiamo anche di individuarne una delle cause: la subalternità ai poteri forti, in particolare a ISA, la tentacolare finanziaria del vescovo, unica vincitrice del gioco attorno alla Cantina e interessata a che la stessa, soprattutto se guidata dall’Ad Zanoni, vada comunque avanti.

Su tale campagna stampa avevamo già scritto nello “Sfogliando s’impara” dello scorso numero. Qui aggiorniamo, riferendoci al solo Adige: il Corriere è molto più puntuale e sobrio, mentre sul Trentino ci sarebbe da fare tutto un altro discorso. Dunque, L’Adige del 31 maggio: i contadini della LaVis, sobillati dai vertici che con il preventivato commissariamento si sentono sfilare la sedia, vanno da FederCoop a protestare, e il giornalista Domenico Sartori (in prima fila in questa nobile intrapresa) dalla pagina economiche riferisce in toni epici: “Riunione veloce presso la vinoteca della cantina di Cembra, ieri sera... Sono i soci della LaVis. Arrabbiati, tutt’altro che rassegnati a subire gli eventi... fino ad ora se ne sono rimasti zitti e buoni, come gli era stato chiesto. Adesso basta”.

La protesta di alcuni soci della LaVis davanti alla sede della Federazione

Dall’epica alla minaccia: “Non siamo neanche più ai supplementari: siamo ai calci di rigore. E pure loro vogliono dare la loro ‘pedata’, prima di tutto al presidente della Federazione della cooperazione”. E poi avanti, sposando la litania zanoniana: “Ricordano i risultati positivi della LaVis sui mercati” (ma in una pagina intitolata “Economia”, il cronista non dovrebbe leggere i bilanci?). “Il piano di risanamento è stato attestato dall’advisor finanziario... ma le banche (ah, le banche, peggio che la Troika con la Grecia!) si sono prese tempo per valutarlo solo che tempo non c’è”. Di qui la protesta: “Sono pronti, subito, a marciare su Trento” e mettono “sotto accusa il presidente di Cassa Centrale e Cassa Rurale Trento, Giorgio Fracalossi: ‘È candidato alla presidenza della Federazione. Ci saremo anche noi all’assemblea di giugno, per ricordargli che si candida con in mano la pistola fumante’”.

Sempre L’Adige, il 2 giugno: “I soci della LaVis boicottano le Rurali - La protesta: ‘Ci danneggiano, ritiriamo i risparmi e chiudiamo i conti’”. Il 4 giugno, giorno della protesta: “LaVis, la rivolta dei soci - Protesta davanti a Federcoop: Schelfi salvi la cantina” il titolo in prima, e all’interno spazio alle dietrologie: “Il sospetto è dichiarato: ‘Il sacrificio della LaVis può forse aiutare a tentare di salvare altre realtà che stanno sul territorio provinciale’”. E avanti con propositi di ritorsioni: “Se si arriverà al commissariamento molti soci si sentiranno traditi e usciranno dal mondo cooperativo, sia vitivinicolo, che del credito che anche della cooperazione di consumo”. Il 5 giugno una schiarita: “Dalle banche sono arrivati i primi ‘sì’ - Quattro istituti hanno risposto a Ugo Rossi dando il via libera al piano di risanamento”. Ma è un falso allarme. Il 6 giugno: “LaVis, lo stop delle banche - Arriva il commissario. Si va verso il concordato”.

E qui L’Adige si sdoppia. L’articolo principale di Francesco Terreri spiega le motivazioni per cui le banche del piano di Zanoni non si fidano e quindi soldi non ne cacciano; sotto, invece, Sartori dà spazio a una pretesa protesta dei più esagitati: “Si dà il caso che 3 delle 4 Casse Rurali hanno approvato il piano, mentre la Rurale di Lavis non ha detto né sì né no... Ed è questo tergiversare... che ieri ha riacceso la rabbia dei soci contadini, che si sono fiondati prima di mezzogiorno, di ritorno dai campi, alle filiali per chiedere i moduli con i quali ritirare l’adesione a socio e i propri risparmi. Alla sede di Lavis ne sono arrivati 7, altri però si sono presentati nelle filiali di Cembra, Faver e Pressano”. Non basta: “C’è chi ha ritirato i moduli per la moglie e i figli... si stima siano una cinquantina quelli pronti a mollare la banca”.

Questa rivolta dello sportello si sgonfia presto senza lasciare traccia. Sartori si rivolge altrove, e il 7 giugno intervista il parroco di Lavis, che sentenzia: “Sulla Cantina bisogna dire la verità”. Non la verità evangelica, ma quella economica, anzi vitivinicola, di cui il parroco si improvvisa esperto: “Credo ci sia da capire cosa ci sia sotto” Ah, la dietrologia! “Sembra che qualcuno non voglia il terzo polo vitivinicolo tra Cavit e Mezzacorona”.

È l’ultimo strillo. Poi ci si mette l’animo in pace, forse la Cantina è stata commissariata perché aveva i bilanci a catafascio.

L’Adige comunque chiude con una nota di merito. Francesco Terreri, sul giornale del 18 giugno, spiega il vero retroscena: “Le mani di Isa e dei veneti sulla LaVis - In pegno alla finanziaria il 100% di Girelli”.