Ultime sul vecchio carcere
L’iscrizione della Giunta Dellai nel registro delle notizie di reato per violazione del Codice dei Beni culturali, e la successiva nota diramata dall’avvocatura della Provincia che rivendica l’esclusività in materia, richiedono qualche breve considerazione.
È sconsolante vedere la tutela del patrimonio culturale ridotta a una questione di competenze: a quanto pare, il valore storico e architettonico del carcere austroungarico di Trento non è ancora pienamente compreso. Del resto, la rinuncia alla sua demolizione è stata motivata finora da considerazioni meramente economiche: si è deciso - lodevolmente - di rinunciare a uno spreco di denaro pubblico, ma non si è ancora ammessa la sottovalutazione compiuta vent’anni fa. Tuttavia, se proprio si vuole affrontare il tema sul piano delle competenze e dell’autonomia, allora la vicenda non chiama in causa il rapporto tra Stato e Provincia ma quello - tutto locale - tra organi politici e organi tecnici, tra la Giunta provinciale e i Servizi preposti alla cura del bene pubblico. Questi ultimi devono essere messi in condizione di esercitare la loro funzione conservando l’autonomia che deriva dalle proprie competenze tecniche, con esclusiva attenzione alla salvaguardia dei beni loro affidati, a prescindere da intenzioni e programmi decisi altrove.
Il nocciolo della questione è tutto qui: esiste una relazione tra la dichiarazione di “non interesse” storico-culturale del carcere, rilasciata dal Servizio provinciale, e la manifesta intenzione del Governatore di demolirlo? Si è avuto il dovuto riguardo per l’autonomia e le competenze degli organi tecnici cui spetta decidere sul valore storico e culturale del complesso architettonico del Palazzo di giustizia? Chiunque abbia conosciuto il clima che si respirava allora nelle strutture tecniche provinciali, e che si spera sia nel frattempo cambiato, potrebbe dubitarne. Ciò che è assodato è che l’accertamento dell’interesse storico-culturale del carcere di Trento non è stato compiuto con la cura e l’approfondimento storico-artistico dovuti a un unicum che costituisce una non comune testimonianza di orgoglio civile, decoro istituzionale, qualità architettonica e competenza urbanistica.
Italia Nostra e il FAI si sono rivolti alla magistratura per evitare un danno irreversibile al bene pubblico, non per mettere in discussione le competenze provinciali. Né c’interessa usare la aule dei tribunali per accertare responsabilità politiche che ognuno è in grado di giudicare nella loro evidenza. Quello che c’interessa è che il carcere di Trento sia finalmente oggetto di un appropriato accertamento del suo valore storico e culturale. Accertamento che - dati i precedenti - sarebbe forse preferibile affidare a un ente indipendente, con la consulenza di studiosi d’indubbia autorevolezza.
Infine, si deve notare come l’affermazione che “in materia di tutela del nostro patrimonio storico il Trentino non deve prendere lezioni da nessuno” appaia - purtroppo - una vanteria ingiustificata, dato che non si conoscono altre zone d’Italia in cui sia consentito - come in Trentino, dopo l’approvazione della legge finanziaria del 2012 - demolire ope legis la maggior parte dei centri storici.
Beppo Toffolon, Presidente della Sezione trentina d’Italia Nostra; Giovanna Degli Avancini, Presidente Regionale del FAI