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L’ultima puntata

Lavoro, casa, famiglia: il gioco gli ha preso tutto. Dalla Romania all’Italia per ricominciare. E invece la strada. Da “Piazza Grande”, giornale di strada di Bologna.

Alice Facchini

Ho giocato per molto tempo. Adesso credo di avere smesso per sempre”. Così Bogdan Salariv, 26 anni, inizia il suo racconto. “In Romania avevo una vita bella: una moglie, una casa, un bambino. Gestivo un negozio. Ma il gioco d’azzardo mi ha fatto perdere tutto: ero sempre depresso, nervoso… Sono finito in strada. Lì ho pensato: peggio di così non può andare. E ho deciso di rialzarmi e ricominciare a vivere”. Oggi non ha problemi a raccontare la sua vita e addirittura vuole che il suo nome compaia per esteso. Aveva anche pensato di aprire un blog: “Volevo raccontare quello che si prova quando stai giocando. Forse c’è qualcuno che, avendo appena cominciato, si riconosce nella mia storia e viene messo in guardia”. La storia di Bogdan inizia quando era giovanissimo, a 20 anni. È in giro con degli amici, ha 5 euro in tasca. Alcuni tentano la fortuna alle slot machine. “Dài, provo anch’io!” E i 5 euro diventano 50. La settimana dopo gioca di nuovo e vince ancora. Così va alle slot machine sempre più spesso, ma la fortuna gira. “Quando cominci a perdere, tenti sempre di recuperare giocando di più. Ma non riuscii mai a riprendere quello che hai perso”. I 5 euro iniziali diventano 50, poi 100. Appena ha soldi in tasca, Bogdan va a giocare, ad ogni ora del giorno. Quando la dipendenza diventa seria, ritira dalla banca anche 5.000 euro alla volta. Col tempo prova anche altri giochi: scommette sulle partite di calcio e sugli incontri di pugilato. Quanti soldi hai perso? Scuote la testa: “Tantissimi”. Con la famiglia e gli amici cerca continuamente scuse per giustificare la perdita di somme così alte. Un giorno dice che ha fatto acquisti, un altro ancora che li ha prestati ad un amico. “La verità è che ero io quello coi debiti”. Un giorno va in città per fare delle commissioni. Ha 200 euro in tasca, ma gliene bastano 150 e così decide di giocare. Perde. Si gioca anche i restanti. Perde di nuovo. Va nel suo negozio, prende altri 500 euro. Tutto quello che aveva da fare è passato in secondo piano: deve recuperare la perdita. Con quei 500 euro inizia a vincere. Offre da bere agli amici, dà mance spropositate alle cameriere. “In qualsiasi bar andassi, vincevo. Avevo 6.000 euro in tasca, forse anche di più; non avevo tempo di contarli, il mio cervello era impazzito”. Ma poi Bogdan ricomincia a perdere e alla fine si ritrova senza niente. Torna a casa tutto sudato, coi capelli bagnati, e stavolta dice la verità alla moglie. “È stato lì che ha deciso di lasciarmi”. Dopo di che – giusto un anno fa – ha pensato di venire in Italia. “Un amico mi disse: ‘Vieni con me: c’è una casa, un lavoro, ti pago 80 euro al giorno e tutto sarà più facile’. Quando sono arrivato, però, le cose sono andate diversamente”. Senza un impiego fisso, la paga andava tutta nell’affitto e spesso non bastava neanche. “Ero venuto a Bologna per lavorare, non per accumulare debiti”. Senza denaro, senza conoscere la lingua e senza una famiglia alle spalle, Bogdan è finito in strada. “Al principio aspettavo solo di morire. Poi mi sono guardato attorno e ho visto altri che vivevano in strada come me, uomini che stavano male, sempre ubriachi. Nella mia vita avevo fatto di tutto, avevo avuto molte possibilità e le avevo buttate via. Ho pensato: davvero non riesco a sopravvivere? Dopo appena una settimana già mi arrendo?”. Così si è guardato in giro e ha seguito i passi di chi come lui viveva in strada. Ha capito come muoversi in città, dove trovare i vestiti, le scarpe, un pasto caldo, e magari un posto letto in un dormitorio. Piano piano ha imparato l’italiano. Adesso è in cura da una psicologa che l’ha aiutato a superare la dipendenza. “La strada, in un certo senso, è stata la mia salvezza. Sarei potuto tornare in Romania, ma avrei rifatto gli stessi errori. Così mi sono costretto a rimanere per strada per imparare la lezione”. Da circa 8 mesi Bogdan ha smesso di giocare, si è creato un gruppo di amici e da un mese vive in una comunità, nella parrocchia di S.Antonio di Sàvena. “Ho conosciuto un prete che portava i panini in stazione; io gli sono sembrato diverso… non so cos’ha visto. Comunque mi ha proposto di andare a dormire da loro”. Si tratta di una comunità di 15 ragazzi che lavorano o studiano. Il 18 marzo, insieme, hanno organizzato la serata ‘Arte migrante’, in cui ognuno ha espresso la propria cultura attraverso performance artistiche. Bogdan, ad esempio, ha ballato. Se gli si chiede come vede il suo futuro, non risponde. Vuol tornare a casa? “A casa… chi lo sa dov’è una casa?” Sa solo che vuole riuscire a pagare gli alimenti alla sua famiglia e rivedere suo figlio, prima o poi. “Per poter stare davanti a lui, anzituttro, c’è bisogno che io per primo sia un uomo”.

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