Paesaggi sconvolti
Che il pino nero debba sparire dall’ orizzonte arboreo del territorio trentino è ormai un fatto acclarato; che il panorama soprattutto quello invernale sia destinato a subire un drastico cambiamento cromatico è altrettanto facilmente accertabile sollevando lo sguardo verso la montagna sopra Brustolotti (comune di Ala), verso quella che un tempo era la pineta dei Piazzi, oppure guardando i luoghi dove ora campeggiano le “bonifiche” agrarie: sopra i masi Alti del Corno. La superficie contrassegnata un tempo dall’intensità del sempreverde e ora sostituita da un grigio squallido, sarà ricoperta da una vegetazione che i tecnici amano definire autoctona: carpini, maggiociondoli, aceri, noccioli, corbezzoli e quanto il ciclo naturale deciderà di favorire. Ovviamente, trattandosi di bosco ceduo, l’effetto cromatico sarà stagionale. E così larghissime fasce di una vegetazione che avevamo imparato a conoscere, in parte frutto delle fatiche di generazioni di alunni impegnati nella “festa degli alberi” (un giorno di scuola dedicato alla messa a dimora di quel pino nero che nel tempo avrebbe costituito le pinete di Pilcante, dei Piazzi, e altre presenti sulle pendici del monte Zugna) scompariranno. I nuovi tutori del bosco hanno ritenuto sulla base di considerazioni “tecniche, commerciali e scientifiche” che tale varietà arborea non ha diritto di ospitalità e cosi complici in parte le variazioni climatiche e il proliferare della processionaria, hanno avviato un disboscamento repentino, incurante dell’impatto visivo, ambientale e paesaggistico. Ma perché non adottare una gradualità nella sostituzione della vegetazione, un taglio meno impattante e visivamente meno violento come era stato suggerito? La pineta è da tempo affetta dalla processionaria, ma il problema non era così urgente da escludere una gradualità nel taglio. Perché tanta fretta?
Ma perché il ritorno economico non sarebbe stato altrettanto soddisfacente. E allora meglio tutto e subito come sta avvenendo nella pineta dei Piazzi, per poter introitare qualche decina di migliaia di euro nelle casse comunali, esauste anche per qualche bizzarra iniziativa promozionale e qualche consulenza o progettazione superflua. Così per la pineta dei Piazzi come per quelle della Lessinia di Ala (diverso il parassita) può fin d’ora essere intonato il de profundis.
È di questo giorni la notizia che la vicina città di Rovereto intende supplire al taglio dei pino nero con una serie di iniziative atte a sostituire il manto arboreo, ideare delle soluzioni per rendere non solo meno impattante l’operazione, ma per rivalutare l’intera area verso finalità ricreative. Si intende inoltre preservarne alcune decine di esemplari per la salvaguardia di alcune specie di volatili, come il picchio nero.
Una scelta rispettosa dell’ambiente. La stessa richiesta fatta ai responsabili di zona e all’ amministrazione comunale è stata respinta. Preservare anche poche piante per chi affronta i problemi ambientali munito del solo criterio mercantilistico deve essere apparso eccessivamente dispendioso. Così non è stato per la pineta di Marco in prossimità della Mira e non lo sarà per il bosco di Rovereto. E così, mentre la vicina Rovereto approfitta di un intervento potenzialmente impattante per proporre soluzioni migliorative e di pubblica utilità, l’amministrazione di Ala si adegua a quella continuità di pensiero che ha prodotto lo scempio delle cave di pianura e collina, l’aggressione alla fascia pedemontana del bosco, e, appunto, l’estirpazione indiscriminata del pino nero.
Associazione per la Tutela del Territorio - Ala