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Pensierini per l’anno nuovo

Francesco Borzaga

Poiché non sono più un bambino, mi accade agli inizi d’anno di ritornare con la memoria a fatti ed esperienze ormai lontani, a persone scomparse o delle quali semplicemente mi è giunta notizia. Cerco anche di immaginare gli anni a venire, chiedendomi cosa mai potrà essere il mondo di chi oggi è un bambino. Tutto sta cambiando con paurosa velocità, tanto che a volte trovo difficile stabilire un contatto di sentimenti e valori con i giovani. È però vero che situazioni e problemi antichi continuano ad accompagnarci.

Poco tempo fa - più o meno un mese - i resti di due giovanissimi caduti austro-ungarici, ragazzi forse di neppure diciotto anni, sono stati ritrovati nella loro tomba di ghiaccio. Mi chiedo quale insegnamento o quale significato noi vivi possiamo ricavare da questo ritorno. Cercando fra vecchie fotografie, posso rivedere me stesso in divisa, “figlio della lupa”, così come ricordo maestri e maestre pure in divisa. Mi tornano in mente anche le assai bellicose canzoni che a quei tempi ci furono insegnate, come “Quando fuor dalla trincea” ed altre simili. Andando ancora indietro nel tempo, ho avuto occasione di vedere molte persone che in vario modo sono state protagoniste, o anche solo testimoni delle tormentate vicende del secolo ventesimo, del quale spesso condividevano sentimenti e passioni. Anche le letture mi aiutano a ricordare. Così le figure di Cesare Battisti e di Alcide Degasperi, la venuta del giovane Mussolini a Trento e molti altri nomi, fra i quali citerò il roveretano Ettore Tolomei, assai celebrato all’epoca.

Dopo il 2013 verranno il 2014, il 2015, il 2016, ecc., tutti con i loro ricordi e i loro anniversari. Certo, tante vicende e soprattutto la conclusione di due guerre mondiali hanno ampiamente contribuito, in tutta Europa, a smaltire tante sbornie nazionalistiche, a rendere evidente che lo stato nazionale non è il punto d’arrivo del percorso storico. In tutta Europa, continente non sterminato, una folla di popoli diversi si trovano a convivere come vicini, o anche mescolati fra loro. Non credo però che le differenze possano essere eliminate. Certi confini (e non parlo di confini politici) sono destinati a rimanere, in tutto simili a nascoste faglie geologiche, pronte a risvegliarsi rinnovando disastri.

Se penso ai due ragazzi ritrovati nel ghiaccio, non riesco a sentirli come stranieri, nemici venuti ad opprimere. Ugualmente non mi è possibile condividere gli odi e le passioni che tanto infiammarono i nostri padri. La valle dell’Adige mi appare come è stata per secoli, un corridoio fra le montagne nel quale sono confluiti e si sono insediati popoli diversissimi: in definitiva, un punto d’incontro. In questo dovrebbe essere ricercato il ruolo e il compito del nostro Trentino, che per questo aspetto ha una storia diversa da quella delle altre regioni italiane. Un ruolo di mediazione e di vicinanza per una pace e una collaborazione capaci di durare nel tempo.

Non penso affatto che i trentini debbano assumere identità estranee. Travestendosi o tedeschizzando i nomi dei nostri paesi e della nostre montagne. Importante sarà invece l’attenzione al mondo dei nostri vicini del nord, l’apprendimento della loro storia e della loro cultura. Anche lo studio della lingua tedesca, oggi vergognosamente trascurato, sarà importante.

Non si tratta certo di concetti nuovi né di idee originali, ma soltanto di un augurio per il nuovo anno e per quelli a venire.

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