Vocazione minoritaria
Dopo assemblee e primarie, sulle candidature il PD cede a tutte le richieste, anche a quelle arroganti e controproducenti, degli alleati. Lo sconcerto della base, le motivazioni dei vertici.
Sbalordimento, disillusione, rabbia. Queste le reazioni di militanti ed elettori del Pd trentino alle candidature del centro-sinistra. Dopo le primarie, dopo assemblee in riunione permanente, l’esito contrattato dai vertici del partito ai vari tavoli è stato devastante. Alla Camera il nazionale ha paracadutato come capolista Gianclaudio Bressa, e da Bolzano al terzo posto hanno infilato Luisa Gnecchi, pazienza. La sorpresa delle primarie, la giovane Elisa Filippi, viene relegata al quarto rischiosissimo posto in lista, pazienza. Poi però il segretario del Patt nonché assessore alla cultura (e agli schützen) Franco Panizza pesta un pugno sul tavolo: “O al Senato mi date il collegio di Trento o si rompe tutto!”, e gli viene dato il collegio di Trento, anche se in città il Patt prende sotto il 5% e il PD sopra il 30%; e allora la base ribolle.
Allora anche l’Upt, l'ormai ectoplasmatico partito di Dellai, sbatte un pugno sul tavolo “O ci date per Fravezzi (oscuro sindaco di Dro, la carriera vera l'ha fatta come portaborse di Dellai) il collegio di Rovereto, oppure rompiamo!” e il Pd graziosamente cede Rovereto dove è storicamente vincente, e trasloca il proprio senatore Giorgio Tonini in Valsugana, dove il centrosinistra ha sempre perso. La base chiede: ma che senso ha tutto questo?
Ce lo chiediamo anche noi. Intendiamoci, i discorsi sulla spartizione delle poltrone ci interessano molto poco. E meno che mai le spartizioni su criteri campanilistici, un roveretano qui, un noneso là. Però in questa dinamica il discorso è diverso. Perché le intrusioni in lista nazionali e bolzanine possono avere un senso nei peraltro discutibili meccanismi di partito. E la cessione a Panizza del posto sicuro a Trento può apparire giustificata come realismo politico, per associare alla lista Bersani Patt e Svp. Ma la cessione di Rovereto e lo spostamento di Tonini in Valsugana non hanno senso, dal punto di vista della coalizione. In Fiemme, Fassa, Valsugana e Primiero, sia il Patt che l’Upt hanno più appeal del Pd, e soprattutto sia Panizza che Fravezzi vi si troverebbero molto meglio di Tonini che, candidato eminentemente cittadino, di origini romane, in un collegio di valle correrà con cinque chili di zavorra sulle spalle.
Insomma, con questa distribuzione dei candidati la coalizione ha molte meno possibilità di vincere i tre senatori. In compenso sono quasi sicuri i due rappresentanti di Patt e Upt, eletti con i voti del Pd, che per conto suo fortemente rischia di rimanere a secco.
Il compromesso viene venduto alla base come “atto di generosità” per portare più seggi (degli alleati e non propri) a Bersani. In realtà ci si è messi nelle condizioni ottimali per perdere seggi complessivamente, e di averne di non sicuri (si è proprio certi che nelle possibili temperie parlamentari il portaborse di Dellai voterà sempre Bersani?). Allora, che senso ha?
Un senso, ovviamente c’è. E sta nella frase “O si fa così, o ce ne andiamo per conto nostro”. Il Pd trentino, posto di fronte a un ricatto, cede. Ormai lo sanno tutti. Con buona pace di Veltroni, ha un’inveterata “vocazione minoritaria”. Pur essendo, e di gran lunga, il maggior partito, non ritiene di poter essere il centro della politica locale, e si accoda sempre a chi, per quanto più piccolo, minaccia di abbandonarlo.
C’è poi la partita di ottobre, le elezioni provinciali. I dirigenti del Pd hanno pensato, con “l’atto di generosità”, di acquisire meriti presso gli alleati, così disposti a riconoscergli il candidato presidente. Una sciocchezza: guai ai deboli. Il giorno dopo l’accordo, infatti, ci ha pensato lo stesso Panizza a mettere in riga i dirigenti pidini: “A ottobre è tutta un’altra partita. Il nostro candidato rimane Ugo Rossi”.
In questa situazione, che pensano militanti ed elettori del Pd? Il nostro servizio è un viaggio dentro il loro mondo, per registrarne commenti e reazioni.
Tante rinunce per niente?
Emanuele Curzel: “Si poteva scommettere sulla capacità del Pd di rompere rispetto al dellaismo e cambiare il Trentino rovesciando improvvisamente i rapporti di forza. Oppure si poteva scommettere su un cambiamento più graduale, accettando i limiti di una terra che teme le novità e di una popolazione che è stata abituata a provare sentimenti di affetto e di sottomissione nei confronti di Mamma Provincia. La maggioranza del partito e soprattutto dei suoi amministratori ha scelto la seconda via: il segretario Nicoletti non poteva che tenerne conto, e il quadro nazionale invitava a cercare comunque l’accordo; il risultato è figlio di questa impostazione. Certamente il rischio è di perdere la sfida, o di scoprire che vincerla è impossibile. Per capirlo però, secondo me, non ci vorranno semplicemente dei mesi: ci vorranno anni, o forse decenni.”
Sorprendentemente critico Maurizio Agostini, già segretario provinciale: “Senza voler giudicare chi ha seguito più direttamente tutti i passaggi (immagino che la situazione fosse molto difficile da gestire), non posso non dirmi perplesso e preoccupato. Il mio timore è che dopo aver tanto penato e fatto rinunce, gli obiettivi non vengano raggiunti cioè che non si riesca affatto ad eleggere i senatori per il centrosinistra, e che in vista dell’autunno la coalizione non sia affatto più compatta di un mese fa.
Secondo me se un patto si doveva fare, si sarebbe dovuto obbligare i partiti a trovare candidati più trasversali, di area ma meno targati. Non dubito che gli iscritti si terranno il mal di pancia e voteranno secondo indicazione, ma tra gli elettori sento già molti dei nostri che non voteranno Panizza e tanti dei loro che in Valsugana non voteranno Tonini (trovo incomprensibile che tra noi ci sia una corrente di simpatia prioritaria col Patt, che ha una concezione tutta strumentale delle alleanze, come del resto buona parte della SVP). Per il Pd è grande la contraddizione tra tutto lo sforzo di apertura e partecipazione promosso e questa conclusione tutta da vecchia politica. Mi è sembrato inoltre imbarazzante, e anche poco elegante, che l’unico nostro posto sicuro in Parlamento sia risultato quello del segretario, tanto più dopo “parlamentarie” così striminzite.”
Voti persi
Un iscritto al Pd di LaVis ci telefona in redazione congratulandosi per la vittoria giudiziaria su Marco Zanoni. Poi aggiunge: “Quello per cui però soprattutto vi chiamo, è per protestare contro Panizza nella nostra lista. Come facciamo noi, eredi di Battisti, a votare per un austriacante? Fosse stato messo nel collegio della Valsugana, vabbé, è realpolitik, ma a Trento! È un intruso, io non lo voto di certo”.
Dopo dieci minuti richiama: “E i nostri vertici si illudono che in cambio a ottobre gli appoggino il candidato presidente? Ma figuriamoci, una volta imparato che il Pd, ricattato, cede, si continua a ricattarlo! Comunque vedrete, a Trento, dove il Patt non ha voti, ci saranno delle sorprese".
Intervento sul nostro blog (www.questoblog.it): “Da elettore di centro-sinistra, non posso in coscienza votare Pd a questa tornata. Primo, perché il Patt mi rappresenta ben poco e non voglio che il mio voto vada a supporto di un suo rappresentante. Secondo, perché nel mio piccolo voglio far sapere al Pd locale che i suoi giochetti di potere, che cancellano quanto di buono era sopravvissuto di parlamentarie e partecipazione, mi fanno schifo e offendono la mia intelligenza di cittadino. E terzo, perché un partito tanto debole da dare i pezzi migliori a dei gattini alleati che alzano il pelo, non si merita certo un voto utile".
Fabio Pipinato, transfuga dal Pd e candidato nella lista Monti: “Luci ed ombre. Il fatto che un territorio del nord abbia deciso di candidare il suo ex governatore Lorenzo Dellai alla Camera è cosa buona. Soprattutto in un Paese ove il Pdl sta facendo incetta di governatori da alcune regioni che hanno molti enti locali commissariati per mafia. Alla Camera il Pd ha scelto di candidare il suo segretario, il cui pensiero filosofico non è affatto indifferente. E’ un po' inusuale che un segretario si candidi, ma è legittimo. Saranno i cittadini a valutare chi tra Dellai e Nicoletti avrà più potere di contrattazione per difendere l’Autonomia. Quanto al Senato, avrei francamente preferito tre personalità di società civile come proposto da alcuni. Due delle quali donne ed una delle quali di Rovereto. Insomma, completamente fuori dalle logiche di partito. Un’occasione mancata. Nonostante le critiche emerse, c’è da sottolineare il senso di responsabilità di non aver fatto saltare il tavolo con sopra il mosaico del 'centrosinistra autonomista', che da 15 anni si va componendo e che è additato a livello nazionale come 'buona pratica'”.
Giovane iscritto Pd: “Visto da fuori, si direbbe che il Pd trentino esca molto ridimensionato nella sua leadership. In primo luogo ha ceduto un deputato al Pd di Bolzano, dunque non ha valorizzato per nulla le indicazioni uscite dalle primarie; poi per il Senato è stato costretto da Patt e UpT a prendere il collegio della Valsugana, dove non ha mai vinto. È un partito da 30%, ma pesa meno del Patt che ha l’8%. L’unico vantaggio di queste trattative è che la coalizione provinciale non si è spaccata; purtroppo però vengono candidati 3 personaggi di 3 aree totalmente diverse, uno dei quali, il senatore dell’UpT, sostiene Monti e non Bersani. Manca un vero discorso di coalizione, manca un progetto comune a cui lavorare e in questa situazione hanno vinto le ambizioni personali. Non ci sono facce nuove e non c’è nemmeno una donna. Se ci fossero le preferenze, sicuramente non sarebbero state queste le persone che avrei votato per rappresentarmi a Roma. Salvo solo Dellai, che penso voterò per stima personale".
D'accordo e no
All’assemblea del Pd di Trento si cerca di serrare le fila. Intervengono il segretario Nicoletti e il candidato Panizza, che da consumato politico si esibisce in un discorso tutto miele per le orecchie degli elettori Pd. Poi la parola passa alla platea.
Andrea Robol, consigliere comunale: “Sono d’accordo col segretario Nicoletti, questo è il tempo della generosità. Mi ha convinto l’invito ad andare a cercare il consenso anche dove in genere lo cerchiamo, per arrivare a un risultato non buono ma straordinario, per arrivare alla prossima scadenza con più forza. Poi verrà il tempo dei chiarimenti”.
Monica Iori presidente di Circolo: “Abbiamo dovuto ricercare un senso in questi giorni, e per me è stato molto difficile. L'ho trovato nello slogan ‘Oltre le divisioni’, e regalo a Franco (Panizza n.d.r.) il grembiule con la scritta Pd che io uso nelle nostre feste”.
Michele Brugnara presidente del circolo Povo: “Non nascondo le delusioni per le scelte sia alla Camera che al Senato. Sarà nostro impegno spiegare agli elettori cosa abbiamo fatto per arrivare ad avere Bersani capo del governo”.
Controcorrente Silvano Bert, che si lamenta perché non vede alcuna sintesi tra la cultura austriacante di Panizza e quella di sinistra: “A Levico ho visto un Patt furente (e un Pd silente) contro una scuola che si sforza di organizzare per i caduti in guerra una cerimonia funebre rispettosa del pluralismo religioso e culturale. Ho sentito l’anno scorso Panizza portare il saluto a un convegno internazionale di 'Biblia' su 'La Bibbia nella storia d’Europa”' e andarsene subito, e così non scopre che la nostra storia, dal Simonino al Concilio di Trento, vista con gli occhi di francesi e tedeschi, di luterani ed ebrei, non è tutta rose e fiori. E se ne è andato anche dal convegno sul Risorgimento in cui Fabrizio Rasera tracciava un’immagine almeno problematica di Trento e Rovereto. Sia chiaro, agli stessi convegni gli intellettuali del centro-sinistra brillavano per la loro assenza. E riconosco che io sulla storia dell’Asar sono ignorante, e ho da imparare ancora, anche su Andreas Hofer".
Luisa Dorigatti, del circolo Argen-tario: “Provo sconcerto. Sulla Camera vale la pena votare per quel sogno forse non impossibile di portare Elisa Filippi a Roma. Per il Senato ci sono problemi, lo capiscano i candidati"
La versione del segretario
Del pateracchio delle candidature, al di là del ruolo che possono aver avuto i vari maggiorenti del partito (Roberto Pinter in prima fila), il principale responsabile è comunque il segretario provinciale Michele Nicoletti, che ovviamente sarà chiamato, nel bene o nel male, ad assumersi gli onori o gli oneri. Lo abbiamo intervistato, partendo dall’inaspettato cedimento sul collegio della Valsugana.
“Innanzitutto rivendico il risultato di avere un candidato Pd di lingua italiana, Francesco Palermo, nel collegio della Bassa Atesina, agganciando la Svp a Bersani. E’ stato un nostro merito, frutto di una una nostra trattativa. Poi, sulla Valsugana: non abbiamo accontentato gli alleati ad ogni costo. L’alternativa era la rottura della coalizione, con il partito nazionale e con tutti i nostri dirigenti. Per questo, con delle precise garanzie di Patt e Upt sul loro impegno a sostenere Tonini in Valsugana, abbiamo ritenuto che quella fatta fosse la scelta migliore per portare tutti i seggi alla sinistra. Se avessimo voluto eleggere i nostri candidati avremmo rotto, ma quello che noi vogliamo sono i seggi per la coalizione”.
E nella coalizione vince chi minaccia la rottura…
“Noi abbiamo fatto un calcolo: la rottura avrebbe portato alla situazione del ’94, con il centro-destra vincente ovunque. Penso che non abbia vinto questo o quel partito, ma l’alleanza”.
Magari avete pensato di accumulare crediti per le elezioni di ottobre...
“Non condivido per due ragioni. Non siamo stati noi i primi a valorizzare il Patt: nella giunta attuale, nominati da Dellai, siedono 2 pattini su 3 consiglieri. Poi, in autunno, la partita è aperta, si gioca su chi saprà portare proposte forti e credibili, se noi ci confermiamo il partito più forte, avremo il diritto a candidare il presidente”.
Non è che si ripete lo stesso schema? Voi siete i più forti, gli altri minacciano di rompere, voi diventate i più generosi.
“Intanto sia Patt che Upt hanno firmato un accordo in base al quale in autunno ci sarà la stessa coalizione, non possono rompere. Se qualcuno vuole scientemente perseguire una politica alternativa, vada pure, è già capitato in alcuni Comuni del Trentino e non è andata male per noi. La nostra idea di Trentino ci sembra che sia maggioritaria, i nostri contenuti, una visione sulla centralità del lavoro, sviluppo sostenibile, attenzione al sociale, ricerca scuola e università, ci sembra la via migliore e condivisa dalla popolazione, attraverso scelte, in passato non fatte, di qualità, merito e trasparenza. E questo è quello che conta”.