La notte dei ricercatori viventi
Cronaca di una morte rimandata
Mentre guardavamo la notte dei ricercatori volgere al termine e quella dei nottambuli, inesorabile, arrivare, un amico ridacchiava: “Certo che... proprio oggi quelli del Cern dovevano scoprire che i neutrini sono più veloci della luce! Immaginati i ricercatori che si dicono l’un l’altro: ‘E mo’, che facciamo stanotte? Che gli diciamo a questi?’”.
A proposito del Cern, c’è l’ormai celebre, inarrivabile commento del ministro dell’Istruzione, dell’Università e - sic - della Ricerca (“Alla costruzione del tunnel tra il Cern ed i laboratori del Gran Sasso, attraverso il quale si è svolto l’esperimento, l’Italia ha contribuito con uno stanziamento oggi stimabile intorno ai 45 milioni di euro”). Ora, i casi sono due: o il ghostwriter del ministro è un burlone, oppure ha guardato troppe volte “Batman”.
Tenera è la notte
C’è da stare allegri. Ma facciamo un passo indietro, e torniamo alla notte, che così tenera non sempre è. Il programma prevede gli interventi, nel caffè di piazza Duomo, di numerosi “pezzi da novanta” dell’Ateneo, come il prorettore Antonio Schizzerotto e l’ex preside di Ingegneria Aronne Armanini; micro-conferenze; e ancora, quattro macro-conferenze dal palco, allestito accanto alla fontana del Nettuno. Tante cose in contemporanea, che richiedono una capacità di selezione al di sopra delle di quella di un venerdì sera.
Ci sono poi le proposte accattivanti di alcuni virtuosi che ancora lottano nella selva arcigna della ricerca universitaria: l’ingegnosa e affascinante lavagna interattiva open source WiiLD/Ardesia (ci sentiamo di consigliare, al riguardo, una rapida ricerca internet), una sorta di “test di buona cittadinanza” proposto dai giuristi, la simulazione di un sisma con tanto di casa delle bambole (di proprietà della figlia del responsabile del progetto, mi dicono) che va sottosopra, gli esercizi matrimoniali dei sociologi, il tornado di fuoco il cui odore (di cherosene) accompagnerà tutta la nottata.
Nel tendone allestito in piazza Duomo, complice anche la grande partecipazione, si fatica a dare più di un’occhiata a tutti gli stand. Alcune cose hanno una storia, per lo meno universitaria, piuttosto consolidata; altre sono vere novità, o spiritose proposte. Trapela, in certi casi, una preparazione dell’evento non scontata.
Il vero rischio di una simile iniziativa, si sa, è che si traduca in un porno-soft mediatico nel quale alcuni ricercatori spiegano delle cose ad altri ricercatori. Una serata in famiglia, insomma.
Per fortuna, la quantità di privati cittadini, ragazzi e persino bambini presenti fa pensare a tutt’altro. Forse in molti avranno ritenuto che, se proprio bisognava affrontare la pioggia notturna di pezzi di satellite Nasa, tanto valeva farlo tra scienziati. Resta il fatto che la dimensione ludica e allegramente spensierata data all’evento si rivela una efficace chiave comunicativa per creare il contatto con la cittadinanza. Almeno in prima battuta.
Ma anche (e questo è il rovescio della medaglia) un’arma a doppio taglio che, se da un parte facilita l’incontro, dall’altra mantiene viva la distanza nel merito, scientifico e politico, della ricerca, di come la si fa e di quello che essa significa.
Non a caso sono presenti anche molti trentini “storici”: facce note che scendono in piazza “per farse véder”, come potrebbero andare al concerto della banda o ad una degustazione gratuita.
Il dritto e il rovescio della ricerca.
Non solo, ovviamente. C’è anche gente che, a gruppetti, fa conversazione, come durante un congresso, o ad un simposio. Nonostante tutto, la notte è un’occasione per incontrarsi. In effetti, il sottoscritto incontra un sacco di gente (compreso il direttore di QT).
Penso, fra me e me, che scarseggiano i privati; forse non ce n’è neppure uno.
Scoprirò poi, troppo tardi, che alcuni di essi (pochi, per la verità) sono in via Verdi, di fianco a Create-Net e Trentino Sviluppo. Un numero comunque troppo limitato, che testimonia la perdita di contatto, ancora critica, tra il concetto di “ricerca” e quello di “applicazione” (o “sviluppo”, se preferite).
Paradossalmente, le aziende non partecipano alla notte dei ricercatori, ma contemporaneamente sostengono, complice (in positivo) la Legge 6/99, la ricerca delle Facoltà trentine, o per lo meno di quelle di collina. Quando non dispongono direttamente di potenti dipartimenti di ricerca.
Quella proposta sotto il tendone, oltretutto, non è solo accademia, ma in certi casi vera e propria ricerca applicata, con una ripercussione diretta (industriale) o indiretta (sociale, politica, culturale) sul territorio.
Dove si genera, allora, lo scollamento? Chi ha la colpa? Non si sa. Ma molto ancora resta da fare, evidentemente, per vincere i preconcetti e frantumare luoghi comuni e categorizzazioni.
Ha da passà ‘a nuttata.
Non c’è notte senza big
E il “big” della notte di Trento è Tozzi: Mario, non Umberto (chissà che il cognome non abbia ingannato i trentini storici di cui sopra), ricercatore del CNR e volto televisivo di “Gaia - il pianeta che vive”. Che prende la parola, sotto Nettuno, quando la serata è ancora giovane. Tozzi paga lo scotto della fama: ad oggi, viene da pensare, è un divulgatore scientifico più che uno scienziato. Sul palco ci sa stare, e spende un intervento a momenti ilare, su temi centrati, ma per certi versi pure un po’ scontato. Certa aneddotica, infatti, ricorda a tratti, anche se (va detto) in forma molto meno volgare, la stucchevole retorica di Beppe Grillo. La tecnologia che serve e non serve (amato, odiato cellulare); il petrolio che finisce; “Io queste cose le ho viste coi miei occhi”; “A Roma non uso più l’automobile” (ma il motorino sì); la farraginosa descrizione di tubi di rame contenenti il vuoto che trasportano calore (?), o qualcosa del genere, inventati da un misterioso tailandese per la sua casa “sostenibile”.
Fa meglio, Tozzi, quando ricorda a se stesso e al pubblico di essere un geologo, ed affronta argomenti caldi come il terremoto dell’Aquila e lo smaltimento delle scorie nucleari.
Sebbene, comunque, l’intervento di un “big” sia quasi inevitabile in un evento di questa portata, va detto che esso non è certamente, se non per l’orario, il momento centrale della nottata. E in ogni caso è finito da un pezzo quando il sottoscritto e l’ironico amico se ne stanno a guardare il brulicare che, intorno al tendone, non dà cenno di esaurirsi.
Con i limiti evidenziati, questo è un bel segnale, in un paese nel quale il ministro della Ricerca pensa che i neutrini si mettano in coda tra Ginevra e il Gran Sasso come i TIR alla barriera di Mestre. E a rendere, infine, perfetta la nottata è arrivata la notizia che il satellite Nasa non sarebbe più caduto in Trentino (e chissà dove l’ha fatto).
La morte della ricerca ancora una volta è rimandata.