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QT n. 10, ottobre 2011 Trentagiorni

Voglia di referendum

Sarà stato grazie allo straordinario risultato degli ultimi tre referendum del giugno scorso, sull’acqua, le centrali nucleari e il legittimo impedimento, che hanno portato alle urne 27 milioni di italiani. Sarà che l’opinione pubblica da allora sta dicendo forte e chiaro che è esasperata. O forse sarà la crisi e gli indici economici, lanciati quotidianamente sulle montagne russe dei mercati. Sarà. Ma difficilmente è capitato di vedere gente fare la fila per firmare la richiesta di un referendum.

Quelle file ricordavano i momenti più cupi della storia d’Italia, quando si chiedeva l’accesso ai sussidi. E invece tutta quella gente chiedeva semplicemente di votare in modo più democratico, come se fosse una questione di vita o di morte.

La cosa più suggestiva erano i commenti ai banchetti: “Ce la faremo?” Oppure: “Secondo lei in questo modo si potrà cambiare qualcosa?” E ancora: “Ma come dobbiamo fare a fargli capire che se ne deve andare?” Per non parlare degli incoraggiamenti: “Tenete duro, andate avanti” e ancora: “Forza, facciamo vedere che ci siamo e che possiamo dire la nostra!”

Negli ultimi giorni i centralini dei comuni e dei gruppi consiliari dei partiti che hanno aderito alla raccolta delle firme sono stati letteralmente presi d’assalto: gente che non poteva firmare nei comuni perché erano finiti i moduli, gente che non sapeva dove andare e non trovava il banchetto e nemmeno il Gruppo Consiliare. Un delirio. Una partecipazione e una determinazione che aveva dell’incredibile.

Trenta giorni erano pochi per raccogliere 500.000 firme, la disorganizzazione derivante da questo fatto palpabile e l’ambiguità di qualche partito decisamente imbarazzante. Ma la risposta è stata così alta, così determinata e così sincera e appassionata, da lasciare di annichiliti.

Probabilmente occorre partire proprio da qui, dall’indignazione sana, autentica e tangibile, per riuscire a fare piazza pulita, senza il bisogno di ricorrere alle rivolte, senza arrivare alla disperazione, ma con convinzione e molta, moltissima dignità.