Irak, l’ultima nefandezza
Il presidente americano George Bush sta tentando affannosamente e confusamente di uscire dalla trappola irakena in cui si è impantanato a causa di una guerra ingiusta e inutile, che ha violato il diritto internazionale e lo statuto dell’ONU. In vista delle elezioni di medio termine ha fretta di concludere, nella speranza di salavre la faccia e il partito repubblicano. Sembra però che nessuno l’aiuti più a trovare, se esiste, una via d’uscita ragionevole. Neppure lo aiutano i suoi legionari, il leggendario corpo dei marines, che ebbe il suo momento di onore e di gloria nella durissma guerra contro la Germania nazista, l’Italia fascista e il Giappone. Allora combattevano per la democrazia: non per esportarla (che non è possibile con le armi), ma per ristabilirla. Oggi invece si battono per gli scopi economici e geopolitici dell’Impero (petrolio, fonti energetiche, basi militari) e non sono motivati. Accerchiati dalla resistenza e dal terrorismo (due fenomeni assai diversi, che l’attacco americano ha fatto incontrare e unire), hanno paura: sentono l’odio degli irakeni e rispondono con l’odio compiendo azioni che l’onore militare vieta e il diritto internazionale condanna.
L’ultima infamia, di cui abbiamo notizia solo ora, è accaduta il 19 novembre 2005 ad Haditha, dove i marines uccisero a sangue freddo 24 civili irakeni. Una bomba rudimentale posta sulla strada aveva poco prima colpito una macchina di un convoglio militare e ucciso un soldato. Esasperati per la morte del commilitone, i marines, perso ogni controllo, si diedero ad una rappresaglia indiscriminata: invasero un villaggio vicino e passando di casa in casa massacrarono civili disarmati e pacifici, fra cui anziani, donne e bambini di pochi anni: il più piccolo aveva 8 mesi e la più grande 14 anni. Gli ultimi civili ad essere uccisi furono quattro studenti universitari arrivati in taxi, venuti a trascorrere il fine settimana a casa di un amico.
Questa volta i comandi superiori non sono riusciti a tenere il coperchio sulla pentola. Ci hanno provato, ma la stampa e la televisione, dopo qualche mese di indagini, hanno scoperto la verità. Il Pentagono ha subito confermato annunciando che i colpevoli saranno deferiti alla Corte marziale, dove rischiano la pena di morte o l’ergastolo.
L’evento sembrerebbe la ripetizione del massacro di My Lai, avvenuto in Vietnam nel 1968, che diede il via alla rivolta del popolo americano contro la guerra.
Come è potuto accadere? Secondo l’avvocato Waleed Mohammed, "gli irakeni sono ormai dei cani agli occhi degli americani". A sua volta, l’ex consiglere speciale della coalizione a Nassirya, dott. Marco Calamai, ha dichiarato: "Esiste una incompatibilità strutturale fra il modello democratico occidentale e la possibilità di tenere unito l’Iraq: o nasce un governo autoritario, oppure il Paese sarà tripartito"., Nell’un caso come nell’altro, vedremo scorrere ancora molto sangue. Come potrà Bush uscire dal pantano?