Marciume abruzzese
Siamo ormai dentro una porcilaia. Il letame e il fetore sono diventati insopportabili. Non c’è giorno che non si venga investiti dalla notizia di uno scandalo. Se ne affollano tanti che si fa fatica a ricordarli tutti. Siamo arrivati ad un tale grado di saturazione che lo scandalo non fa più scandalo. Anche l’Abruzzo, fino a pochi anni fa ritenuto quasi un’isola felice, lontano dalla mafia e dalla corruzione politica, è entrato a pieno titolo nella “modernità”.
Con zio Remo Gaspari c’era un arcaico clientelismo familistico, ma non il malaffare, non le cricche sanguisughe degli appalti, delle opere pubbliche. È di appena ieri l’ultimo megaladrocinio. Il procuratore parla nientemeno di “un sistema che finanziava tutti i partiti”. Un tizio, fino a ieri sconosciuto ai più, grazie a tangenti e finanziamenti elettorali, aveva il monopolio dei rifiuti in Abruzzo. Era lui che faceva i prezzi del servizio, era lui che frenava lo sviluppo della raccolta differenziata per il futuro business dell’inceneritore che avrebbe dovuto smaltire, senza gara di appalto, i rifiuti della Regione. Agli arresti domiciliari sono finiti l’impresario e l’assessore regionale alla sanità, mentre due senatori sono indagati. Questi penserà a immunizzarli il Senato, come la Camera dei deputati per Cosentino. Mentre scoppia l’ennesimo scandalo, la Regione nomina il vicecommissario alla ricostruzione dell’Aquila. Fra i tanti cittadini onesti e competenti, chi ti sceglie? Indovinate un po’! Un signore condannato dalla Corte dei Conti per “culpa in vigilando” e conflitto di interessi nell’allegra gestione della Perdonanza. A che santo affidarsi?