Filmfestival: molte luci, qualche ombra
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foto Dino Panato.
Il Filmfestival della montagna raggiunge quota 58 edizioni congedandosi da Maurizio Nichetti, che in cinque anni di supervisione è riuscito a rilanciare un festival ormai avviato al tramonto. Al nuovo direttore artistico spetterà il non facile compito di mantenere la quantità (serate quasi sempre in over-booking, sale sempre affollate, perfino nel primo pomeriggio) e la qualità (dei partecipanti, narratori come come Claudio Sabelli Fioretti, Maurizio Corona, Wu Ming 2 e Marco Paolini, o agli alpinisti come Nico Favresse, Tamotsu Nakamura e Kurt Diemberger; ma anche nel senso dei film, veramente variegati e provenienti da tutto il mondo). Mentre nelle pagine degli spettacoli del giornale troverete una recensione dei film a nostro avviso più significativi, qui intendiamo rendere merito all’organizzazione del Festival (principalmente il duo Nichetti-Egidi) che ha dimostrato di saper dare senso globale a un evento sfaccettato, le cui tematiche svariano dall’alpinismo estremo alle tematiche ambientali, dall’Himalaya al Fravort, dal dialetto di Cuneo al francese.
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Fra tante note positive, tuttavia, alcune stonature. Anzitutto la spasmodica attenzione per un particolare film in concorso, Nanga Parbat; colpevole la stampa e il suo localismo centrato sul protagonista, ma anche l’organizzazione stessa. Perché, ad esempio, nella serata conclusiva solo il figlio di Messner (il cui ruolo, peraltro, nel film Nanga Parbat, è decisamente limitato) e Marianne Chaud, vincitrice della Genziana d’Oro, hanno avuto l’opportunità di parlare, brevemente, dei rispettivi film? Mentre i registi premiati venivano allontanati dal palco, a parlare erano il sindaco di Trento Pacher, quello di Bolzano Spagnolli, il presidente uscente del CAI Annibale Salsa, il direttore del festival Egidio Bonapace e il direttore artistico Nichetti, in una reiterata autocelebrazione al limite del grottesco. Peccato, perché in questo modo si è tolto spazio (e parole) a registi e alpinisti che sono venuti a Trento da ogni parte del mondo e che, peralto, non riuscivano neppure a seguire la cerimonia, che veniva tenuta esclusivamente in italiano. La sensazione è che a risentirne sia stata proprio la dimensione internazionale. Non a caso, mentre lo scorso anno il festival fu titolato Mountain, exploration, adventure, quest’anno si è passati a un più sobrio Montagna, società, cinema, letteratura.
In ogni caso, scivoloni a parte, questo Festival è stato un successo di pubblico e di contenuti: chi prenderà il testimone di Nichetti dovrà riuscire a confermare una tendenza decisamente positiva.