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QT n. 4, aprile 2010 Trentagiorni

La montagna e il traffico

Lorenzo Dellai ha lanciato la proposta: fermiamo il traffico sui passi dolomitici. Quindi i valichi del Sella Ronda, mitici per gli sciatori e i tifosi di ciclismo, Sella, Pordoi, Gardena, Campolongo, andrebbero chiusi nei mesi estivi, dalle 9 alle 17.

La proposta non può non entusiasmare un ambientalista, anzi può sembrare minimale, eppure non è scontata, ed ha incontrato dubbi e freddezze negli amministratori confinanti, anch’essi coinvolti. Anzi, Durnwalder ha lanciato una controproposta: chiusura no, pedaggio sì.

Subito polemica? Certo. Ma in realtà le due posizioni non sono poi inconciliabili.

La chiusura al traffico appare come un atto doveroso. Oggi, in piena stagione estiva, molti dei 50 chilometri del Sella Ronda sono un interrotto nastro di lamiera. Il godimento dello stupendo paesaggio diventa relativo; l’inquinamento pesante. E viene soprattutto scoraggiata, anzi di fatto impedita, la fruizione dolce della strada: il ciclista è perennemente a rischio, e in ogni caso dovrebbe attrezzarsi con la maschera a gas. Di qui la logica della chiusura: per invogliare ad affrontare la montagna con dolcezza, a piedi, in bici. O farsi portare in quota da navette, per poi proseguire a piedi.

Questo presuppone un cambiamento profondo nell’approccio del turista, oggi abituato ad andare dovunque con l’automobile, e poi fermarsi per il pic nic all’interno di un tornante.

Di qui la controproposta del pedaggio di Durnwalder. A prima vista una solenne fesseria: dove è stata istituita (passo Rombo) la gabella del pedaggio non ha arrestato il traffico, anzi.

Però può anche essere letta in positivo: prima di chiudere, attrezziamoci. Il che vuol dire: istituire parcheggi d’attestamento a fondo valle (oggi presenti solo in corrispondenza degli impianti funiviari: probabilmente non basteranno) e allestire un servizio di bus navetta che porti gli escursionisti in quota e poi permetta loro di spostarsi e ritornare.

Così inizierebbe a cambiare l’approccio alla montagna, anche da parte di chi montanaro non è. Aprirlo alla fruizione dolce, lenta, a gustarsi il cammino, imparare ad orientarsi, riconoscere il paesaggio. Si tratterebbe di una prima, non trascurabile, conquista culturale.