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Da filo-israeliani a filo-arabi

La realtà del mondo islamico, dall’Iran al Pakistan, sta imponendo all’America un’inversione di 180° nella strategia. E il nuovo governo (di destra) israeliano?

Benjamin Netanyahu

L’irruzione del “ciclone Obama” sulla politica americana e internazionale sembra avere rimesso in movimento molte situazioni incancrenite come quella israelo-palestinese, o sempre scottanti come quella del nucleare iraniano. Si ha la percezione di un’America sulla difensiva, in affannosa ricerca di nuovi approcci ai diversi scacchieri, perché conscia che la politica di Bush l’aveva spinta in un vicolo cieco. Soprattutto nei rapporti con il mondo islamico. Un presidente, che ha dei musulmani nella famiglia d’origine e che porta un nome arabo, ha forse qualche carta in più da giocare, come dimostra la benevola attesa di tutto il mondo musulmano.

Ma cos’ha realmente da offrire Obama? La soluzione dei “due popoli, due stati” per la pace israelo-palestinese? Mai governo israeliano è stato più ostile a simile progetto. Il benestare agli iraniani per la loro bomba atomica? L’Iran è andato avanti finora sotto l’ombrello di Putin, nonostante le minacce di Bush: figuriamoci se si ferma ora. C’è poi la situazione afghana, che s’è d’improvviso rivelata in tutta la sua gravità, con il dilagare dei Taliban nelle retrovie pakistane: dopo la Valle dello Swat, la stessa capitale Islamabad sembra minacciata. Quanto a dire che i Taliban potrebbero arrivare al controllo dell’unica potenza nucleare musulmana, se non fosse che -per il momento, almeno- la casta militare pakistana vi si oppone e li tiene a bada: ma per quanto ancora? Un Islam estremista al governo in Pakistan: questo sì è il vero spauracchio degli USA, ma anche di Russia e Cina, dell’India che ha 150 milioni di musulmani in casa, dello stesso confinante Iran. In quest’ottica si possono meglio inquadrare le improvvise aperture di Obama all’Iran, e l’altolà degli USA ad ogni avventura militare di Israele, sempre tentato di risolvere manu militari la presunta minaccia di Teheran. Gli USA, al di là della guerra di parole, hanno potuto contare sulla silenziosa collaborazione iraniana alla stabilizzazione dell’Irak. Ora il gioco però si è fatto più grande: l’Iran diventa indispensabile per stabilizzare Afghanistan e Pakistan. Non è un caso che pochi giorni dopo che Obama aveva ricevuto Karzai e Zardari alla Casa Bianca, i due sono stati ricevuti da Ahmadinejad a Teheran. Gli iraniani esigeranno un prezzo ma, si sa, tra mercanti ci si può accordare. Israele lo sa ed è entrato in fibrillazione: Obama promette di rovesciare come un guanto il tradizionale e pressoché acritico appoggio statunitense ai governi israeliani, e di riorientare vistosamente in senso filo-arabo e filo-musulmano la politica americana. Si tratta di una presa d’atto della realtà delle cose.

La politica degli USA in Medio Oriente -dove il 95% della popolazione è musulmana- non può andare eternamente a traino di Israele; la lobby ebraico-americana ne ha preso atto con lungimiranza, e ora sposa ufficialmente la politica dei “due stati” di Obama prendendo le distanze dal miope governo di Netanyahu. Obama ha capito che è finita l’epoca degli schiaffi in faccia ai musulmani, non a caso ha iniziato il suo mandato con un discorso di grande apertura e in giugno, dal Cairo, promette un discorso che segnerà la consacrazione di una svolta a 180° nella politica estera americana.

Israele ha di fronte una scelta. Fare finta di niente, oppure trattare con gli USA e raccogliere magari il ramoscello d’ulivo che il re di Giordania gli ha promesso, in cambio della pace con i palestinesi: la ripresa dei contatto diplomatici con tutti i Paesi musulmani, l’unica vera garanzia di sicurezza futura. Ma gli attuali governanti di Israele saranno all’altezza della sfida? C’è da dubitarne. Israele ha perso molte occasioni: ha già buttato via una pace a portata di mano con Arafat, l’ultimo vero e autorevole capo laico dei Palestinesi. Può continuare in eterno a prendere a fucilate i palestinesi e minacciare un velleitario attacco all’Iran? Può davvero intralciare il disegno strategico degli USA, decisi ormai a voltare pagina e a costruire nuovi rapporti con il mondo musulmano? Tutto sta cambiando nella regione, stanno ad esempio velocemente crescendo non solo Paesi arabi come Egitto e Siria, ma anche Turchia e Iran, due medie potenze con un potenziale industriale e tecnologico in grande sviluppo. Non varrebbe la pena per Israele trovare -da posizioni, ancora per poco, favorevoli- un soddisfacente general appeasment, prima che i rapporti di forza mutino, come inesorabilmente accadrà nei prossimi anni?