Le scuole e gli affari
Le scuole, l'ultimo pretesto per far fare affari d'oro ai soliti noti. E così, oltre a regalare milioni (pubblici) ai milionari, si vorrebbe togliere la città ai giovani, e i giovani alla città.
Adesso tirano in ballo la scuola: "Nuovo polo scolastico tecnico-scientifico" e "Polo artistico-musicale" sono le ultime trovate per convogliare un altro po’ di soldi pubblici verso l’insaziabile mondo degli immobiliaristi e costruttori. A farne le spese? Pantalone che paga, ovviamente; ma anche la città e la scuola.
Vediamo i passaggi di quest’ultima, poco edificante, storia.
Il "polo scolastico tecnico-scientifico" è una trovata del sindaco di Trento Alberto Pacher. Si tratta, in soldoni, di trasferire gli istituti superiori (Iti Buonarroti, geometri Pozzo, ragionieri Tambosi) oggi concentrati a ridosso del centro storico, tra via Brigata Acqui e via Grazioli in quelle che a inizio ‘900 erano le caserme austroungariche, negli ultimi decenni ampiamente riadattate a utilizzo scolastico, con costruzione di diverse palestre, laboratori ecc. E portarli dove? In periferia, a Gardolo.
La motivazione principale sarebbe "trovare nuovi spazi" "le scuole lì sono costrette". Storie. Problemi di spazio non ce ne sono. Perché il numero di studenti è sostanzialmente stazionario. E soprattutto perché del comparto fa parte anche l’ex istituto superiore "Europa" (dall’accattivante architettura inizio ‘900, un tempo ospedale militare) oggi chiuso: solo parte delle sue aule sono sezione staccata dell’istituto psico-pedagogico Rosmini, attualmente in crescita; le altre potrebbero benissimo soddisfare nuove eventuali esigenze degli istituti tecnici, a iniziare da nuovi laboratori per l’Iti Buonarroti.
Poi, intendiamoci, si sa come vanno le cose. Se un funzionario pubblico o un politico si rivolge al mondo della scuola con le promesse giuste, trova sempre il preside o il professore che sostiene che di una nuova sede c’è bisogno: "la Provincia ci fa una scuola con aula magna, piscina, campo d’atletica: vogliamo dire di no? Tanto, altrimenti i soldi li spendono in altro modo...".
A noi sembra invece molto più responsabile, rispetto alla scuola oltre che rispetto ai conti pubblici, un’altra posizione, a suo tempo della compianta preside Rosanna Carrozzini, e che oggi ci viene argomentata dal prof. Romano Oss del Pozzo: "Gli studenti non devono stare in un loro ghetto in periferia; devono confrontarsi con la città. Con tutto quello che comporta, qualche problema, ma soprattutto, per loro, un arricchimento, a iniziare da quelli che vengono dalle valli".
Infatti della brutta proposta di Pacher, quello che dà fastidio è la povertà di respiro culturale. Prevedere per gli studenti un arrivo in treno o bus in periferia, con fermata apposita, il passaggio dalla scatola con le ruote alla scatola in cemento, e poi per il rientro il percorso inverso, significa avere della scuola, dell’educazione, una nozione da catena di montaggio, in cui i giovani sono solo dei componenti da spostare indifferentemente di qua o di là, con l’unico criterio della massimizzazione dell’efficienza nello spostamento.
Proprio questo discorso pseudo-efficientista (tutto da discutere: demolire aule, palestre, laboratori per ricostruirli altrove, non sembra proprio il massimo) viene messo in discussione, in un interessante intervento su L’Adige, dall’ing. Bruno Zanon, docente di Tecnica e Pianificazione Urbanistica a Ingegneria a Trento, e uno dei "tre saggi" incaricati alcuni anni fa dal Comune di Trento del nuovo Prg, e poi giubilati perché poco permeabili agli interessi delle immobiliari.
Zanon contesta innanzitutto la mancanza di un disegno complessivo in questo zampillare di proposte e spostamenti, evidentemente dettati – aggiungiamo noi - dalle convenienze di questo o quel potere forte. E poi entra nel merito: le motivazioni addotte - traffico, parcheggi – sono le solite, tirate in campo per qualsiasi operazione, in una logica sedicente efficientista, in realtà dilettantesca. Ma quella che veramente manca è una visione delle relazioni umane, che sono la base del vivere urbano: togliere la città ai giovani, e i giovani alla città, è demente.
E’ di Lorenzo Dellai invece l’altra trovata, "il polo artistico musicale" a Piedicastello, all’ex-Italcementi. Si tratterebbe di trasferirvi l’Istituto d’Arte e il Conservatorio, e qualcuno vagheggia una sorta di "rive droite" dell’Adige (sulla scorta della "rive gauche", la sponda sinistra della Senna, il quartiere artistico culturale di Parigi). A parte i sogni (e le occasioni sprecate, su cui torniamo), la proposta del Presidente ha due punti a proprio favore: la localizzazione, obiettivamente interessante; e le necessità dell’Istituto d’Arte, ora malamente sistemato all’ex-Grundig a Trento Nord. Ma ha anche due punti a sfavore, così evidenti, così grossolani, da rendere la proposta scandalosa.
Il primo è il Conservatorio. Di cui si sta – ora – costruendo la nuova sede. Nello storico, suggestivo palazzo delle ex scuole Crispi, con Piazza Fiera da un lato e il Parco Santa Chiara dall’altro; una ristrutturazione radicale, che prevede, tra le altre cose, un parcheggio e un auditorium interrati. L’appalto è già stato espletato e i lavori inizieranno a giorni. E adesso? Tutti fermi, non se ne fa niente, ci si sposta, tra dieci anni, a Piedicastello? Ma perchè mai?
Appunto: perchè? Qui non occorre scomodare Giulio Andreotti per capire che è opportuno pensar male. Sono le cose stesse a parlare.
Infatti il proprietario attuale dei terreni di Piedicastello è la Federazione Trentina delle Cooperative, il cui presidente è Diego Schelfi. Ora, come peraltro ricorda sempre su L’Adige (che sta ottimamente seguendo queste vicende) Vincenzo Bonmassar, segretario della Uil Scuola (il mondo della scuola è giustamente indignato) il proprietario originario dell’Italcementi era Pesenti. Quando decise di dismettere fabbrica e terreno, non si fece avanti l’ente Pubblico (figuriamoci!), bensì l’Isa, la finanziaria della Curia; di cui presidente era Diego Schelfi. Il quale poi, passando alla presidenza della Federcoop, curò la vendita del terreno dalla finanziaria alla Federazione, parlando del progetto di una fantomatica "cittadella della cooperazione". Oggi Schelfi rinuncia alla strampalata "cittadella", e intende passare il terreno alla Pat, ossia a Dellai, di cui è personalmente amico oltre che grande elettore.
In tutto questo si vede ad occhio nudo il rincorrersi di plusvalenze, con il terreno che aumenta di prezzo ad ogni passaggio di mano, finchè... ci ha guadagnato l’Isa, ci guadagnerà la Federazione; pagherà Pantalone.
Però per far inghiottire il rospo all’opinione pubblica, bisogna incartarglielo: di qui "il polo artistico musicale". Anche a costo di arrestare i lavori, disfare il progetto delle Crispi, e far aspettare il Conservatorio altri dieci anni.
Un’ultima considerazione: sulla vagheggiata "rive droite". L’ipotesi di un’ area, a contatto con il fiume, e dedicata alla cultura e all’istruzione, gli urbanisti la avevano già indicata, e la città se la aspettava: era sulla sponda sinistra (proprio la "rive gauche") dell’Adige, nell’area ex-Michelin, a due passi dal centro, contigua all’Università, e soprattutto disponibile per l’ente Pubblico, al prezzo di 45 miliardi. Ma l’allora sindaco Dellai (sempre lui! E non è un caso) disse di no: rinunciò all’acquisto, e cedette l’opzione sull’area a Iniziative Urbane, una finanziaria costituita ad hoc con dentro – guarda caso – Isa, Federazione, Casse Rurali, Unicredito, Itas ecc. E così, invece dell’area a vocazione artistica culturale, connessa con l’Università e il centro, e affacciata sul fiume, avremo un banalissimo quartiere per ricchi.
E anche sui soldi ci si rimetterà alla grande: perchè Dellai ha sì risparmiato i 45 miliardi di lire per gli 11 ettari dell’ex-Michelin, ma ora ne vorrebbe spendere di più (ricordiamo che la Federazione acquistò l’area per 22 milioni dall’Isa, e per venderla alla Pat vorrà la sua plusvalenza) per l’area più piccola e meno centrale dell’Italcementi; e in ogni caso a Iniziative Urbane dovrà pagare (quanto?) la porzione di terreno, dentro l’ex-Michelin, a ridosso di Palazzo alle Albere, su cui sorgerà il Centro della Scienza.
Insomma: si sono risparmiati 45 miliardi di lire, e si spenderanno 45 milioni di euro, il doppio. Pasticciando, di brutto, sulle scuole; e rinunciando al grande progetto di 11 ettari per la cultura, l’arte, la natura, la nostra "rive gauche" tra il fiume e il centro storico.
In compenso qualcuno ci guadagna: Schelfi, l’Isa, la Federcoop, le banche. E il loro referente politico, che in questi anni ne ha sempre avuto l’appoggio convinto.