Chi è Giorgio Tonini…
...e perchè è al vertice del PD. Storia di un cristiano-sociale importato a Trento ed approdato a Roma.
Giorgio Tonini, senatore Ds di Trento, è stato nominato nella segreteria di Veltroni, una sorta di Comitato esecutivo del novello Partito Democratico. Era da diversi anni che il Trentino non aveva un suo esponente politico ai vertici della politica nazionale; peraltro a suo tempo avevamo avuto figure di primo piano come Flaminio Piccoli (e qui prescindiamo dalle valutazioni di merito) o addirittura Alcide Degasperi (una presenza che fruttò al Trentino l’Autonomia).
E’ quindi una notizia positiva, per un piccolo territorio essere rappresentato ai massimi livelli è un’opportunità in più. Nel nostro piccolo, è positiva anche per Questotrentino, con cui Tonini ha sempre avuto un rapporto molto costruttivo, di simpatia culturale quando non di collaborazione o sostegno. Il che ovviamente non ha escluso (e non escluderà) il reciproco diritto di critica.
Giorgio Tonini è romano; negli anni ’80 si è trovato paracadutato a Trento al seguito di Tarcisio Grandi, politicante democristiano dai mille volti, molti impresentabili; allora giocava il ruolo dell’innovatore, pontiere tra mondo cattolico e comunista. L’allora giovane Tonini (oggi ha 48 anni) rispondeva per struttura culturale e mentale a questi requisiti; e così mentre il suo padrino velocemente passava a tante altre sponde, Tonini, dei cristiano-sociali, tenacemente rimaneva fedele a quella linea di fondo, che si rivelava anticipatrice, sfociando negli anni, prima nell’Ulivo e poi nel Partito Democratico.
Approdato nei Ds trentini, il romano Tonini non godeva di una sua base popolare. Riusciva comunque ad emergere, per la vivacità dell’ingegno e la lucidità della visione politica. Nel ristretto mondo dei diessini locali, la sua caratteristica saliente – coniugare la visione di lungo periodo e le contingenze delle tattiche partitiche – non ha dato molti risultati positivi, traducendosi spesso in una real politik dall’incerto profilo (è stato anch’egli tra i responsabili del suicida appiattimento diessino su Dellai) che gli ha fatto piovere addosso da alcuni l’accusa di cinismo. Ma anche in questi frangenti gli va dato atto di aver comunque cercato delle vie d’uscita in avanti, alte; usando come punto di riferimento per ogni elaborazione i problemi di fondo della società e il bisogno/dovere della politica di affrontarli.
Eletto come parlamentare, a Roma si è espresso molto bene, conquistando rapidamente consensi sia tra i Ds come nella Margherita ("Giorgio farà strada. E se lo merita" ci disse tempo fa un parlamentare margheritino). Un consenso conquistato pur non rifuggendo dalle battaglie che creano nemici, come quando è stato tra i primi a negare l’appoggio alla programmata (e sfacciatamente partigiana) elezione di D’Alema a presidente della Repubblica.
Con Tonini parliamo dei prossimi impegni da dirigente del nuovo partito.
"Il punto è fare qualcosa di veramente nuovo. E Veltroni ne è assolutamente consapevole – ci dice – Il Partito Democratico non può limitarsi ad essere la somma dei due notabilati, Ds più Margherita, con una nuova etichetta."
La prima novità sono state le primarie. Ma adesso?
"Il primo banco di prova è il governo Prodi, che va assolutamente rivificato. Se passiamo questa finanziaria, a Berlusconi si lussa la spalla, perde di credibilità. E abbiamo alcuni mesi di tranquillità, da usare non per riposare, ma per rinnovarci. Iniziando dal numero di ministri, veramente debordante: sarebbe un bel segnale, una risposta in avanti all’antipolitica. Perchè a frammentare i campi di intervento, non si fanno politiche organiche. Se il welfare è diviso in sei ministeri, ogni ministro tira la coperta dalla sua parte e una riforma globale non si può semplicemente fare, e così per trasporti e infrastrutture divisi in due dicasteri diversi ecc".
Però: non appena pensate di ridurre i ministri, i partitini insorgono...
"I partitini non vanno toccati; e hanno solo un ministro a testa, non è lì il problema. Che risiede invece nei 16 ministri di Ds e Margherita. Cioè del Partito Democratico. Lì possiamo e dobbiamo tagliare. E così per i sottosegretari."
Non sarà facile. Implica, nelle persone che ne vengono coinvolte, un diverso approccio alla politica.
"Appunto. Ed è questo che serve. E non sono pessimista al riguardo".
Veniamo al Trentino, e all’accordo di settembre, che congela Ds e Margherita separati.
"Quell’accordo riguarda solo la non elezione, alle primarie, del segretario del PD trentino. Per i passi successivi parla di una convergenza verso il Partito Democratico. Su questo bisognerà lavorare perché questo processo inizi effettivamente."
La Margherita è intenzionata ad andare separati alle elezioni del 2008.
"La Margherita ha un problema grosso. Da una parte vuole (comprensibilmente) mantenere al suo interno l’ala che fa capo ai Grisenti e agli Amistadi; dall’altra si rende conto che questa è una posizione immobilista, postula un Trentino fermo alla clientela. Se poi gli ex-Ds rinnovati riuscissero davvero a creare qualcosa di aperto e innovativo, la Margherita ingessata rischierebbe di risultare nelle urne non la prima delle liste a favore di Dellai, ma la seconda. Per questo ritengo che i giochi non siano per niente chiusi. E che il parere di Roma possa contare".