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Cadetti piumati sul sentiero di guerra

Preoccupanti infiltrazioni neonaziste all’interno degli Schützen.

Che fra gli Schützen ci sia qualche problema di orientamento politico lo si era capito da un pezzo. Dai tempi in cui l’assassino del consigliere regionale Christian Waldner era stato per tre anni il referente culturale dell’associazione patriottica nonché addetto alla formazione dei giovani, erano apparsi fra i costumi dei difensori della tradizione i primi gruppi di naziskin rasati e minacciosi.

Gerd Schultze-Rhonhof

Dopo il delitto, i cappelli piumati sono andati sempre più deragliando dai binari della loro stessa tradizione, tanto che gli Schützen tirolesi hanno ripetutamente preso le distanze, non ultimo nei giorni scorsi, accusando l’associazione sorella sudtirolese di essere di estrema destra. L’attuale comandante, pur essendo iscritto alla SVP, che ha cercato così di recuperare un’area che stava rapidamente sfuggendo sull’estrema destra, è almeno terribilmente disattento a quanto accade fra le fila dei suoi lupetti.

Fa clamore in questi giorni la scoperta dell’esistenza, all’interno degli Schützen, di una Kadettenschule clandestina, una scuola per “cadetti”, nascosta sotto il nome di Maria Theresia. “I termini Kadett, Kader, sono concetti che hanno origine nel vocabolario del nazionalsocialismo” spiega Luis Zingerle, a suo tempo vicecomandante del corpo. Secondo una lettera pervenuta a un redattore della Tageszeitung e pubblicata dopo attenti controlli, i partecipanti a questa “accademia” non vengono formati alla “difesa della patria” impartendo loro lezioni di cultura, storia locale e simili, ma partecipano ad attività paramilitari. A guidare l’addestramento è stato chiamato un ex ufficiale germanico, Gerd Schultze-Rhonhof, attivo come storico dilettante e molto presente nelle pubblicazioni neonaziste tedesche, accusato di revisionismo e con strette relazioni con altri pseudostorici negazionisti dell’Olocausto. Viene considerato un esponente dell’estrema destra dal Verfassungschutz, l’organo germanico di difesa della costituzione. La prima domanda che uno si fa è: a che razza di gente affidano la formazione dei giovani gli Schützen?

La notizia viene dall’interno del “corpo”, da qualcuno che avanza il timore che un piccolo gruppo, della cui esistenza la maggioranza dei dirigenti era tenuta all’oscuro, si prepari a prendere il potere con un colpo di mano per dare al movimento una definitiva sterzata a destra.

A destra, Luis Zingerle

Al giusto scetticismo verso la prima denuncia, sono seguite conferme e la giustizia ha aperto un’inchiesta, pur consapevole che gli aspetti penali possono anche sfuggire, poiché la legislazione italiana è meno severa rispetto a quelle tedesca e austriaca. Un fatto che anche in passato ha permesso che il territorio sudtirolese funzionasse come una zona d’ombra per gruppi nazionalsocialisti, magari poco partecipati, ma certamente esageratamente tollerati, da una classe dirigente poco sensibile e da un’opinione pubblica orientata dai suoi mass media in modo esclusivamente etnico. Una reazione allineata ai comportamenti di cinquant’anni fa, quando si doveva “fare muro”, perché gli italiani accusavano di nazismo tutti i tedeschi e i tedeschi di fascismo tutti gli italiani. Si tratta di un’amara conferma della mancata evoluzione verso un sentire democratico in cui prevalgano i valori umani al di là delle differenze etniche. Ancora brucia la leggerezza con cui il gravissimo episodio della scoperta di un sito nazista e antisemita di un giovane di Caldano sia stato affrettatamente giustificato da un parlamentare europeo verde, il quale peraltro non ha ritenuto di doversi scusare quando l’inchiesta della magistratura ha messo in evidenza che non si trattava affatto di una “ragazzata”, come da lui sostenuto. Ma d’altronde non è la prima volta che questo partito incorre in incidenti nelle relazioni con l’antisemitismo.

Questo di oggi, è un episodio di cui non si conoscono le dimensioni. Personalmente mi auguro di tutto cuore che sia marginale rispetto al “corpo”, e che non venga sopravvalutato e usato come una clava contro l’attività per tanti versi rispettabile dell’associazione, nella vecchia ottica etnica del muro contro muro. Tuttavia le reazioni sono sconcertanti. Il comandante, Paul Bacher, un iscritto alla Svp, minimizza, si dice incredulo, infastidito dal clamore, e ribadisce di avere sempre criticato i comportamenti estremi sia di destra che (sic!) di sinistra. E però aggiunge che se la Svp si rifiuta di intraprendere alcunché contro gli italiani, si capisce che gli Schützen cerchino la loro strada. Poi minaccia le dimissioni, perché – dice - gli Schützen vengono sempre più spesso attaccati, una volta dal comitato pari opportunità per il ribadito divieto di accesso alle donne se non in funzione di vivandiere (addette al comfort degli uomini); un’altra volta dai colleghi nordtirolesi, con l’accusa di estremismo di destra, e si lamenta di non essere sufficientemente sostenuto dal suo partito.

Il presidente della giunta si affretta ad accontentarlo con una difesa per principio, contro gli attacchi ingiustificati. Luis Zingerle giudica il comandante “inadeguato”. Il responsabile della formazione, Peter Piock, (noto per essere stato alla testa dei 60 Schützen che il 12 aprile 1986 aggredirono il congresso della Svp), all’inizio nega, poi ammette a denti stretti l’esistenza della scuola di addestramento. A chi gli chiede perché tenerla clandestina, risponde che serve a formare la futura classe dirigente. A domanda, nega che l’addestramento avvenga nei boschi, ma non spiega perché abbia ritenuto opportuno affidare a una figura così oscura come l’ufficiale revisionista la formazione dei giovani. Curiosa la risposta a una domanda sulle sue frequentazioni: “Sono troppo intelligente, per partecipare a cose nazionaliste o di estrema destra”. All’Alto Adige dichiara che le accuse a Schultze-Rhonhof “non sono provate”. Zingerle dice che Piock è un militarista e che dovrebbe far parte di un esercito. E ne chiede l’espulsione insieme ai suoi sostenitori, in particolare a Efrem Oberlechner, un ex Skinhead. E’ proprio a quest’ultimo che si vorrebbe affidare la guida del corpo, nel caso riuscisse il cambiamento auspicato da Piock.

Da parte della politica si è levato invece un muro in difesa. E qualcuno è andato oltre. E’ il giornale dell’Athesia, Zett, che la domenica viene venduto ad ogni angolo di strada e sostituisce il Dolomiten. Anche qui una difesa che si basa sull’accusa di scarsa credibilità rivolta al quotidiano indipendente. Ma ciò che colpisce è l’appello del caporedattore: questi si rivolge agli Schüzten affinché si difendano e rispondano all’aggressione con l’aggressione. Una cosa inaudita. Forse lo intende come reazione a livello giuridico, ma le parole, si sa, sono pietre e l’enunciato non differenzia fra aggressione fisica e verbale. Il direttore della Tageszeitung due giorni dopo esce con un fondo indignato, in cui dichiara di ritenere l’autore dell’appello responsabile di eventuali aggressioni fisiche o minacce da parte dei cappelli piumati a lui o al suo giornale.

Di fronte al bisogno di avviare un dibattito aperto e senza pregiudizi sull’attività verso i giovani di un’associazione riccamente dotata di denaro pubblico, si erge drammatica la situazione di un panorama mass-mediatico in cui prevalgono gli schieramenti di proprietà e di partito, rendendo impossibile un confronto aperto e senza pregiudizi