Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca

Attenti al farmaco miracoloso!

L’ efficacia di molti nuovi farmaci viene spesso amplificata, mentre si tacciono gli effetti collaterali. Colloquio con un ex dirigente di alcune multinazionali farmaceutiche. Da L’altrapagina, mensile di Città di Castello.

Achille Rossi

"Le grandi multinazionali che gestiscono e orientano la produzione di farmaci e la ricerca farmaceutica sono le americane Pfizer, MSD, Bristol-Myers-Squibb e le europee Novartis, Bayer, Glaxo-Smith Kline e il gruppo Sanofi".

Stefano Reggio, farmacologo clinico che ha occupato posizioni dirigenziali in alcune multinazionali farmaceutiche ed esperto di organizzazione ed economia sanitaria, ci illustra qual è il funzionamento e quali sono le mire delle grandi ditte che gestiscono il mercato dei farmaci.

"Praticamente tutto il mercato farmaceutico è influenzato da queste aziende che fanno sia ricerca e sviluppo che commercializzazione dei loro prodotti, direttamente o su licenza. Ce ne sono poi molte altre che non si dedicano in modo significativo alla ricerca, ma gestiscono importanti fette di mercato a livello nazionale, come le principali aziende farmaceutiche italiane. In Italia una ricerca farmaceutica propriamente detta e in particolare su base industriale di fatto non esiste".

Quali sono gli orientamenti di fondo e gli obiettivi di queste multinazionali, in un campo che non riguarda soltanto il mercato, ma anche il diritto alla vita degli esseri umani?

"Le multinazionali affermano di lavorare per migliorare la salute della gente e questo in parte è vero, perché si muovono in settori dove il bisogno è reale. Ma è anche vero che l’interpretazione dei bisogni avviene in chiave di business farmaceutico e per le cosiddette ‘necessità di mercato’. Spesso l’evidenza dei fatti contraddice le affermazioni di sviluppo etico delle multinazionali, che sono abilissime a livello di comunicazione e di propaganda".

Quindi l’ottica commerciale ha la prevalenza.

"Senza dubbio. In questi ultimi dieci anni c’è stata una rivoluzione epocale con l’arrivo di intere classi di farmaci innovativi, come i calcio-antagonisti e gli ace-inibitori, che prevengono il rischio e curano le malattie cardiovascolari. Si è anche tentato, con grande enfasi e scarsissimo successo, di curare le malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer, con farmaci di dubbia efficacia. La ricerca farmaceutica industriale si è anche applicata al campo delle leucemie, producendo farmaci innovativi efficaci, che sono meno importanti dal punto di vista del mercato, ma che testimoniano un certo impegno delle aziende verso il cosiddetto "bene meritorio’, qualcosa cioè che permetta di fare business ma che risponda, al tempo stesso, a un bisogno importante".

Tra i farmaci innovativi Reggio ricorda soprattutto le statine, che abbassano il colesterolo ma possono provocare danni collaterali: "Il loro utilizzo prolungato sembra essere collegato a tossicità per il fegato, anche se i dati su questo argomento sono controversi. Quanto maggiore è l’attività del farmaco e il periodo di assunzione, tanto maggiore è questo rischio, ma allo stesso tempo l’abbassamento del colesterolo riduce la mortalità cardiovascolare. Di recente l’utilizzo di nuove statine, molto attive nel ridurre i livelli di colesterolo, ha provocato casi di rabdomiolisi (distruzione del tessuto muscolare), in alcuni soggetti con esito letale. Insomma a un’efficacia maggiore del farmaco corrisponde una sicurezza minore. Questo è un assunto farmacologico generale che non è ancora stato sfatato".

Per confermarlo, Reggio fa l’esempio dei farmaci H2 antagonisti e degli inibitori di pompa che curano le ulcere gastroduodenali: "Questi farmaci guariscono l’ulcera, ma bloccano la secrezione di succo gastrico per un lungo periodo. E l’assenza di succo gastrico provoca alterazioni dell’ambiente gastrico e modifica dei processi digestivi con formazione di nitrosamine, composti altamente tossici, che favoriscono l’insorgenza del cancro gastrico. Siccome tali farmaci sono relativamente recenti, non c’è ancora un’evidenza epidemiologica che lo dimostri in maniera inconfutabile, anche se già sono emerse indicazioni in questo senso".

Torniamo a parlare delle mire delle multinazionali...

"Siamo perfettamente in tema; quando esse fanno comunicazione e informazione, gestiscono le notizie sull’effetto dei farmaci in modo che il messaggio che arriva all’utente sia entusiasmante o tranquillizzante, con la conseguenza di ampliare il mercato. Una ricerca evoluta dovrebbe basarsi su di una corretta valutazione dei bisogni per coprire determinate aree dove esistono necessità terapeutiche (come nelle malattie rare); bisognerebbe poi verificare quanto l’operato delle grandi aziende soddisfi le esigenze reali o quanto invece induca i bisogni stessi per allargare il mercato".

L’esempio più evidente per Reggio è l’abbassamento della soglia di colesterolo per evitare il rischio di infarto: "Una volta il limite ematico accettabile di colesterolo era fissato a 250 milligrammi per cento, oggi è stato abbassato tra 190 e 200. E’ un’operazione che risente di forti influenze commerciali, che permette di fatto vendere statine anche a persone che non avrebbero bisogno di tale terapia farmacologica, ma potrebbero controllare il livello di colesterolo attraverso la dieta, l’attività fisica o anche prodotti naturali. Un’azione altamente inappropriata, ad esempio, è prescrivere inibitori di pompa, con tutti i rischi che ho ricordato, a persone che non hanno l’ulcera duodenale, ma semplicemente accusano acidità di stomaco. Spesso chi soffre di acidità non ha un aumento della quantità di succo gastrico, ma solo un difetto di motilità dello stomaco, curabile con farmaci diversi quali i procinetici. Questo è un uso improprio, potenzialmente pericoloso, ma che allarga in misura notevole il mercato degli inbitori di pompa o degli H2 antagonisti".

Non c’è anche una connivenza della classe medica in simili operazioni?

"Sì e no. E’ noto da tempo che ci sono legami tra un certo tipo di classe medica e l’industria farmaceutica, però è anche vero che c’è bisogno di migliore formazione e informazione della classe medica. A mio parere giocano ambedue questi fattori. Mi sono trovato a parlare con fior di professori universitari che pensavano che i farmaci classificati come OTC (i farmaci che non hanno bisogno di prescrizione) non fossero in realtà farmaci e potessero essere usati con disinvoltura, alla stessa stregua di un integratore nutrizionale o di un cosmetico. Si può essere un luminare dal punto di vista clinico e avere una cultura farmacologica scadente".

Fino a qualche anno fa le grandi multinazionali americane volevano denunciare il governo sudafricano per violazione del brevetto sui farmaci anti Aids. Oggi hanno cambiato politica. Perché?

"Le multinazionali difendono i farmaci innovativi attraverso la proprietà intellettuale e tecnologica e quindi attraverso il brevetto. E’ chiaro che se qualcun altro si mette a produrli, il valore commerciale dei farmaci scende, il prezzo si abbassa enormemente, il brevetto non ha più alcun valore e le aziende perdono il controllo del mercato. Il cambiamento di rotta è dovuto ad una pluralità di fattori, tra cui non è da escludere il richiamo di Giovanni Paolo II ai paesi ricchi perché soccorrano i più poveri. A prescindere dal fattore etico, sul quale mi permetto di essere scettico, è molto più conveniente per l’immagine delle multinazionali mostrarsi disponibili, rinunciare in alcuni casi al brevetto, aggiungendo comunque di essere sempre pronte a fornire un prodotto di qualità. I paesi del sud del mondo non hanno ancora una tecnologia farmaceutica così sviluppata da poter competere con le multinazionali. Ad ogni modo, la rinuncia al brevetto potrà permettere di raggiungere risultati apprezzabili in tempi brevi, specie per malattie come Aids e tubercolosi che sono frutto della povertà e mietono un altissimo numero di vittime".

Non fare arrivare farmaci contro l’Aids in un continente devastato come l’Africa significa pianificare lo sterminio di milioni di persone. Perché le organizzazioni internazionali non riescono a distribuire gratuitamente questi farmaci con la stessa efficienza con cui si distribuisce dappertutto la Coca Cola?

"La mia duplice esperienza di dirigente d’azienda e di persona che ha lavorato a contatto con organizzazioni non governative mi dice che c’è un terribile intreccio di interessi, tra Ong e aziende multinazionali, che costituisce una sorta di filtro, il quale fa sì che le cose avvengano in un determinato modo e non in un altro".

Ci consente una domanda personale, dottor Reggio? Come mai ha lasciato una posizione direttiva all’interno di tre grandi multinazionali?

"Io non vivo nella logica del business. Non mi interessa lavorare per permettere a qualcuno solo di fare affari, ma perché ci sia un’imprenditoria nel campo della ricerca che inneschi un volano virtuoso tra risultati della ricerca stessa e vantaggi terapeutici. Desidero che la ricerca sia qualitativa e che fondamentalmente serva a quello a cui dice di voler servire: a portare cioè salute e benessere".

Parole chiave:

Commenti (0)

Nessun commento.

Scrivi un commento

L'indirizzo e-mail non sarà pubblicato. Gli utenti registrati non devono inserire altre verifiche e possono modificare il proprio commento dopo averlo inserito.

Riporta il codice di 5 lettere minuscole scritto nell'immagine. Puoi generare un nuovo codice cliccando qui .

Attenzione: Questotrentino si riserva la facoltà di cancellare commenti inopportuni.