Una spallata allo stato sociale
Perché la riforma dell’ITEA non ci convince.
Il disegno di legge n. 93, la cosiddetta riforma ITEA proposta dall’assessore provinciale Marta Dalmaso, nella programmazione dei lavori del Consiglio provinciale era prevista a luglio. L’intervento dei sindacati, delle opposizioni e dei comitati degli inquilini ha fatto sì che si posticipasse la discussione: non era cosa corretta, infatti, discutere proposte di tale entità in piena estate, con l’impossibilità di dare all’opposizione, sociale ed istituzionale, il necessario risalto.
La conferenza dei presidenti di gruppo ha fissato la discussione per le sedute del 4, 5 e 6 ottobre: del testo presentato in commissione, non sono stati modificati i punti cardine, a partire dalla trasformazione dell’ITEA in società per azioni, cioè l’impianto di tutta la riforma.
Le rassicurazioni della Giunta non ci convincono: il fatto che la futura Spa sarà a intero capitale pubblico non cambia la sostanza, perché la trasformazione in società per azioni sancisce l’immissione dell’ITEA in meccanismi di mercato e la fine della politica pubblica di edilizia abitativa da parte della Provincia e dei Comuni.
La riforma dell’ITEA è solo una delle tante scelte di sottrazione di risorse pubbliche alle politiche sociali per dirottarle ad altre attività di tipo privatistico. Una scelta che dà una forte spallata allo stato sociale, rendendo ancora più insicuro il vivere quotidiano di tanti cittadini e lavoratori e precarizzando il nostro futuro.
Per noi è diventato fondamentale quindi costruire una mobilitazione ampia, che sappia parlare, oltre che ai comitati degli inquilini ITEA, anche a tutti quei soggetti (sindacato, studenti, associazioni, enti e privati cittadini) che hanno a cuore la qualità e la solidità dello stato sociale e la tutela dei diritti delle fasce più deboli.
Una iniziativa che ribadisca il valore sociale e costituzionale del diritto alla casa e sancisca il carattere pubblico dell’edilizia abitativa (ITEA) nell’ambito di una politica generale di contenimento dei canoni e dei prezzi delle case.
Una scelta indispensabile per evitare che il profondo malcontento crescente, non solo tra gli inquilini ITEA, assuma i toni del qualunquismo o, peggio, declini in posizioni reazionarie e corporativistiche, finanche razziste ed escludenti. Non è un caso che la Lega Nord sia riuscita, nella vicenda ITEA, a ritagliarsi uno spazio importante, facendo leva sugli umori più retrivi e sulle componenti più conservatrici degli inquilini: lo slogan "Case popolari, prima i trentini" - fatto proprio dalla stessa maggioranza nella divisione delle graduatorie tra italiani ed extracomunitari - ha fatto breccia nella mobilitazione degli inquilini, evidenziando una posizione certamente minoritaria, ma purtroppo significativa.
Come membri del "Tavolo Stop Precarietà" abbiamo provato a percorrere questa strada, organizzando l’8 di settembre una assemblea pubblica nella quale, in sinergia con i comitati degli inquilini, si è lanciata la mobilitazione per il 4 ottobre, in occasione della discussione in Consiglio del disegno di legge: una mobilitazione non solo contro la riforma, ma con l’obiettivo di aprire un ragionamento aperto, dal respiro democratico e includente, sul diritto alla casa per tutti, italiani e stranieri, lavoratori e studenti, famiglie e giovani coppie.
Così come su altre importanti questioni, anche nel merito di questa proposta di riforma crediamo che sia necessario l’impegno di tutta la sinistra, a partire dalla CGIL che, fino ad oggi, non ha ancora espresso la sua contrarietà alla trasformazione in Spa dell’ITEA: siamo convinti che solo con il contributo di tutte le forze progressiste e democratiche del Trentino si possa aprire un confronto sul modello di società che vogliamo costruire. Un confronto che, partendo dalla valorizzazione del lavoro, della lotta a tutte le forme, vecchie e nuove, di precarietà e di povertà, ponga al centro la questione dei diritti civili e sociali, senza dimenticare che lo stato sociale ed i diritti non possono essere mercificati, ma devono rispondere ai bisogni della gente.