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QT n. 18, 26 ottobre 2002 Monitor

L’impeccabile Quartetto Pedersen

Scelta di brani non audace, ma esecuzione impeccabile da parte del quartetto d'archi alla Filarmonica di Trento.

Conrad Muck, Daniel Bell (violini), Friedman Weigle (viola) e Jonas Krejci (violoncello) hanno deliziato gli astanti producendosi nel Quartetto in Si bemolle maggiore op.67 di Brahms e nel n.15 in la minore op. 132 di Beethoven. Una scelta di brani non molto audace, che si è concretizzata in un facile successo con tanto di battute di piedi finali da parte di un pubblico attento, numeroso anche se non straripante.

L’esecuzione è stata impeccabile. Il primo pezzo presentato, il quartetto di Brahms, non ha retto però il confronto con il lunghissimo Beethoven eseguito dopo l’intervallo. Si componeva di rielaborazioni su rielaborazioni dello stesso sintagma sonoro che dimostravano certo quanto Brahms si ponesse l’intento di rivoluzionare la forma, ma che, alla lunga non risultavano appaganti. Forse la carica altamente cerebrale di Brahms ha trovato troppa rispondenza nel modo di suonare dei Pedersen a scapito della godibilità dell’ascolto. Il Beethoven, soprattutto nel sublime terzo movimento, si prestava meglio ad entusiasmare i cuori semplici. Un quartetto che aveva l’estensione e le intenzioni di una sinfonia tanti erano i temi proposti, le variazioni, le differenze nella distribuzione delle parti. Equilibri, dissonanze, fughe trascinanti con un occhio all’antico, come nel nome di Bach che ritorna nelle note del primo movimento, nella spiritualità e trascendenza legate al terzo movimento, e un occhio al moderno, una summa di ciò che era possibile scrivere allora per quattro strumenti, reso dai Pedersen con entusiasmo e trasporto.

Ideato fra primavera e inizio autunno del 1825, il quartetto fu scritto da un Beethoven malato nel corpo, ma evidentemente più che sano nella geniale creatività compositoria.

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