Mercatone Uno: la parola ai giudici
Ennesima puntata per la vicenda del mega-negozio di S. Michele: sindaco e assessore rinviati a giudizio.
Sarà la magistratura a stabilire se, nella controversa vicenda del Mercatone Uno di San Michele all’Adige, sono stati commessi, oltre ad atti illegittimi, anche veri e propri reati. Il pubblico ministero ha messo sotto inchiesta l’ex sindaco e un ex assessore del paese della Rotaliana e ne ha chiesto il rinvio a giudizio. L’accusa: i due ex amministratori compirono atti illegittimi che favorirono l’apertura del centro commerciale. I due imputati, Dario Chilovi e Livio Fadanelli – difesi dagli avvocati Monica Baggia e Marco Stefenelli - ritengono invece di non aver affatto favorito il centro commerciale con gli atti contestati, ma di aver privilegiato, nelle loro scelte, la tutela dei lavoratori occupati nel centro commerciale. Alla peggio, agli imputati basterà dimostrare la mancanza di dolo.
Il Mercatone Uno, il mega-negozio, quasi 3.200 metri quadrati, di San Michele all’Adige, venne dichiarato abusivo e perciò, dopo una prima apertura, venne chiuso d’autorità, quindi riaperto e richiuso ed infine nuovamente e definitivamente aperto. Una vera pantomima, abbondantemente narrata dai quotidiani locali.
La magistratura amministrativa, prima il Tribunale Amministrativo di Trento e poi, in appello, il Consiglio di Stato, hanno sempre dato torto al Comune obbligandolo a ritirare la licenza di commercio. Alla fine, dopo una chiusura durata qualche mese, solo l’intervento legislativo della Provincia (una vera e propria sanatoria assunta in sede di modifica della legge sul commercio anche sotto la pressione sindacale dei lavoratori in pericolo di licenziamento) ha risolto definitivamente la posizione del Mercatone Uno.
Le critiche, oltre che al disinvolto rilascio della licenza commerciale, furono sollevate anche a proposito della scarsità di parcheggi in proporzione alla potenzialità della superficie commerciale. Ma, a suo modo, la società che gestisce Mercatone Uno ha provato a rimediare. Sempre abusivamente (nella vicenda l’abuso sembra essere una costante), gli intraprendenti imprenditori avevano affittato, spianato e adibito a parcheggio, un frutteto adiacente al magazzino. L’abuso edilizio venne in seguito eliminato solo perché le opposizioni consiliari lo denunciarono con un esposto.
Ma non basta: nello stesso periodo e con intuizione telepatica, quelli del Mercatone Uno acquistarono, pagandoli più del doppio del valore reale, due appezzamenti di campagna strategicamente collocati intorno al capannone. La speranza era quella di vederseli trasformare (fatto puntualmente accaduto) da area agricola in zona edificabile "grazie" alla variante urbanistica che il Comune di San Michele stava nel frattempo elaborando. A suo tempo Questotrentino segnalò (la questione è stata ripresa in un’interrogazione al Consiglio Provinciale) come le date di acquisto dei terreni fossero prossime a quella che si diceva essere all’epoca l’ultima versione del piano di fabbrica, formalmente segreta, ma che, guarda caso, ha miracolato la zona trasformandola da agricola a commerciale. L’affare, in piccolo, potrebbe assomigliare ad una vera e propria operazione di insider trading, la soffiata che in campo borsistico permette repentini ma sospetti arricchimenti finanziari e che, se scoperta (la soffiata s’intende) porta a conseguenze di carattere penale.
Mercatone Uno sbarca a San Michele nel ’98. Nei primi giorni di dicembre, in tempo per le grandi spese natalizie, il Comune stacca quattro autorizzazioni per l’apertura di altrettanti negozi di superficie inferiore agli 800 metri (tale è il limite di competenza dei sindaci in campo commerciale) all’interno di un ex capannone artigianale strategicamente collocato lungo la statale del Brennero, in una zona che il piano regolatore di San Michele destinava però al commercio all’ingrosso o ai centri commerciali (almeno 5 negozi specifica la normativa provinciale). Che i negozi non fossero quattro ma in realtà solamente uno, per una superficie complessiva quindi che spostava in capo alla Provincia la competenza al rilascio delle licenze ma che a suo volta non avrebbe potuto autorizzare la vendita a causa del blocco delle licenze per gli ipermercati, era evidente. Vi era un’unica entrata ed un’unica cassa e, a delimitare virtualmente i presunti quattro negozi, erano state installate delle catenelle di separazione.
Le autorità comunali presenziarono alla cerimonia di inaugurazione non trovando evidentemente scandalosa la finzione posta in essere. Ma il fatto non passò inosservato all’Unione Commercio di Trento che chiamò in causa la Provincia. Intervennero gli ispettori che, rilevata la palese irregolarità, obbligarono il sindaco ad ordinare la chiusura dell’esercizio. In un batter d’occhio Mercatone Uno sostituì le catenelle con delle mezze pareti a mo’ di séparé tra un negozio e l’altro. Ma ammesso che quelle tirate su in una notte fossero effettivamente delle vere e proprie pareti, a sancire l’unitarietà del punto di vendita restavano l’accesso unico e l’unica cassa. Nonostante ciò, con velocità inusuale, il Comune concesse nuovamente la riapertura (ed è questo uno degli episodi contestati da parte della Procura della Repubblica di Trento).
A quel punto alcuni commercianti di Trento e della piana Rotaliana si rivolsero al TAR denunciando "la situazione di abusivismo del Mercatone Uno". Il Tribunale Amministrativo di Trento dichiarò illegittime le licenze e ordinò al sindaco di annullarle. Il Comune a quel punto, suo malgrado, dovette ordinare la chiusura del negozio ma nel frattempo, gridando ai quattro venti di essere nel giusto, impugnò la decisione del tribunale affiancando nel ricorso la potente ditta "nella difesa dei quaranta posti di lavoro".
A sottolineare l’illegalità delle procedure comunali, di lì a poco intervenne nuovamente la Provincia, che dichiarò incompatibile l’esercizio commerciale (con possibile abuso edilizio) con la destinazione urbanistica della zona in cui Mercatone era stato illegittimamente autorizzato alla vendita.
Infine, il Consiglio di Stato, alla cui decisione si erano appellati il comune di San Michele e Mercatone, respinse il ricorso confermando quindi la sentenza di annullamento delle licenze pronunciata dal TAR di Trento. Per usare una metafora calcistica, un bel due a zero e almeno 15 milioni di spese legali a carico del Comune di San Michele. A quel punto scoppiò definitivamente l’emergenza "dei quaranta posti di lavoro" e venne chiesto a gran voce, sindaco compreso, l’intervento di mamma Provincia, la quale con una leggina trovò una soluzione che, seppure dopo un periodo di cassa integrazione, permise di evitare il licenziamento dei dipendenti e la riapertura del negozio.