Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca

Referendum libertari o libericidi?

I quesiti referendari prefigurano un modello di società incompatibile coi principi costituzionali.

Si è costituito a Milano il primo comitato per il No ai referendum proposti dai radicali. E’ una buona notizia. Speroche altri comitati del No si costituiscano in tutto il Paese e quindi anche nel Trentino. Darò subito la mia convinta adesione non solo per motivi politici e ideali, ma per fondamentali ragioni giuridiche. Non vi è dubbio infatti che i quesiti referendari in materia di rapporti di lavoro e di stato sociale (Servizio sanitario, Inail e pensioni) confliggono con lo spirito di uguaglianza e di solidarietà della Costituzione e di sue precise norme. Invece che "liberisti e libertari" i referendum proposti dai radicali dovrebbero essere definiti "liberticidi". E’ necessario che la pubblica opinione sia informata della loro pericolosità che, forse al di là delle intenzioni, avrebbero l’effetto, qualora vincesse il Sì, non solo di sgretolare diritti fondamentali dei lavoratori, ma di distruggere il quadro normativo costituzionale di ciascuno di noi.

La definizione che "l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro" (art. 1) diventerebbe una beffa, e così l’impegno a richiedere "l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale" (art. 2).

Anche l’art. 3 sarebbe svuotato di contenuto, sia per quanto riguarda l’uguagliaza dei cittadini davanti alla legge, sia l’obbligo della Repubblica di rimuovere gli ostacoli che limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza delle persone. E’ noto che gli ostacoli sono principalmente "di ordine economico e sociale" come li definisce esattamente la Costituzione: disparità fra ricchi e poveri, fra proprietari e nullatenenti, fra datori di lavoro e dipendenti, fra acculturati e analfabeti (primari o di ritorno); assenza di tutele adeguate per la salute, di misure contro la disoccupazione e di garanzie per l’effettiva dignità del lavoro. Sono queste le differenze e le lacune che "impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione dei lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese" (art. 3). Per ovviare a questa situazione nel corso di un secolo, ma soprattutto a partire dall’entrata in vigore della Costituzione, si è creata (con le generose lotte dei cittadini e la partecipazione illuminata di tanti intellettuali) una rete di difesa dei diritti dei lavoratori, il cosiddetto "stato sociale" che deve ora essere riformato ma non certo distrutto. I promotori del referendum vogliono al contrario eliminare dalla realtà normativa e sociale il contratto a tempo determinato (che è il più diffuso nel mercato del lavoro), arrivando a chiedere l’abolizione della indennità di fine rapporto, della tredicesima e delle ferie!

Se vincesse il Sì, il mercato del lavoro tornerebbe ad essere privo di regole come un secolo fa, consentirebbe alle imprese la più assoluta libertà di assumere e di licenziare senza alcun altro limite che la propria volontà, e di conseguenza si determinerebbe un vero e proprio "darwinismo sociale" (caratterizzato dalla legge del più forte.

Non posso non ricordare che la Costituzione non solo "riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro" (art. 4), ma "tutela il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni. Promuove e favorisce gli accordi intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro" (art. 35).

Il diritto al lavoro, più volte evocato e ribadito, non può non significare stabilità del rapporto (sia pure relativa) e congruità del salario. In caso contrario non avrebbe senso l’art. 36 della Costituzione secondo cui "il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità ed alla qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza dignitosa".

Altrettanto pericolosi sono i quesiti referendari sul Servizio sanitario nazionale e sull’Inail. La logica che li ispira prevede che ogni interessato sia libero di scegliere se rimanere legato al servizio pubblico (sanitario o assicurativo), o di stipulare un contratto privato. La libertà di scelta avrà come conseguenza l’uscita dal Servizio sanitario dei ceti più ricchi, con la diminuzione degli introiti contributivi in danno delle categorie a reddito più basso. L’esito a breve termine sarà l’ospedale per i poveri, come negli Stati Uniti, e le cliniche di lusso per gli abbienti.

Analogamente l’abolizione dell’Inail annullerebbe il principio di civiltà solidaristico rappresentato dall’automaticità delle prestazioni, che devono essere corrisposte anche se l’azienda ha omesso il versamento dei contributi. Ben altro sarebbe il comportamento di una compagnia assicurativa privata! Questi referendum sono in aperto contrasto con l’art. 38 della Costituzione che così dispone: "I lavoratori hanno diritto che siano preveduti e assicurati i mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria".

Infine a tutela della effettività dell’occupazione e della congruità del salario vi è anche l’art. 39 della Costituzione, secondo cui i sindacati "possono stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti".

Non vi è dubbio quindi che il modello di società configurato da questi referendum è incompatibile con i principi fondamentali della Costituzione, anche se i quesiti singolarmente considerati fossero ritenuti ammissibili dalla Corte costituzionale che dovrà decidere proprio in questi giorni.

E’ necessario dunque discutere, vigilare, mobilitare le coscienze affinché, in caso di ritenuta ammissibilità da parte della Corte, i referendum siano battuti dal voto popolare.

Parole chiave:

Commenti (0)

Nessun commento.

Scrivi un commento

L'indirizzo e-mail non sarà pubblicato. Gli utenti registrati non devono inserire altre verifiche e possono modificare il proprio commento dopo averlo inserito.

Riporta il codice di 5 lettere minuscole scritto nell'immagine. Puoi generare un nuovo codice cliccando qui .

Attenzione: Questotrentino si riserva la facoltà di cancellare commenti inopportuni.