Nuovi studenti, il muro di gomma
Gli studenti delle superiori sono tornati in piazza: rito, iniziazione, consapevolezza? L’intreccio tra rivendicazioni collettive e maturazioni personali; e le sconfortanti risposte delle istituzioni.
Duemila studenti in corteo, una manifestazione che si è protratta per tutta la mattinata fino agli interventi finali in piazza Garzetti, quando ancora 300-400 giovani stavano a sentire i coetanei che dal camioncino attrezzato a tribuna parlavano di piattaforma e rivendicazioni.
Una manifestazione riuscita, quella indetta dall’ Unione degli Studenti (Uds) su temi strettamente sindacali, un corteo vivace, partecipato. Eppure, a vedere i tanti giovani che giocosamente attraversavano la città, fermandosi a tratti per poi correre in avanti tutti insieme; o che seguivano con qualche fatica i discorsi dal palco, e che comunque applaudivano; a vedere questa iniziazione alla vita collettiva, questo che per alcuni era il salto dall’adolescenza alla giovinezza, non si sfuggiva all’impressione di assistere a una sorta di rito, che in forme leggermente diverse si ripropone da decenni alla varie generazioni.
Sarà stata quest’impressione che ha portato L’Adige a dei giudizi impietosi, sulla "scarsa consapevolezza" dell’insieme degli studenti rispetto ai problemi trattati, sul fatto che forse era meglio organizzare una "festa dell’amicizia dei giovani", ecc.
Non ci sta a questa lettura Elisa Bellè, studentessa del Prati e dell’Uds, animatrice della manifestazione: "Nessuno ha mai parlato di un alto tasso di politicizzazione degli studenti, né a livello trentino, né nazionale e nemmeno europeo: anche gli studenti francesi che scendono in piazza per protestare per la carenza di inseganti di lingue, in realtà esprimono altre cose. Il problema vero è il più generale disagio giovanile, lo spaesamento nella società, la disgregazione sociale, tutte cose vissute - e quindi fatalmente espresse - in maniera confusa. E allora francamente stupisce che su temi del genere, ci si riduca a sentenziare ‘assente ingiustificata era la consapevolezza’".
Invece?
"Invece è già molto bello che anziché subire questo disagio, riusciamo a organizzarci, e in qualche maniera a incidere. Ci criticano sostenendo che pensiamo solo alla discoteca, che sappiamo esprimere solo il vuoto, e poi quando esprimiamo qualcosa, ancora non va bene, manca la consapevolezza..."
In chi scende in piazza c’è consapevolezza che i problemi vadano oltre la protesta su temi specifici?
"Il motore è evidentemente l’incertezza delle prospettive, ma la maggioranza non lo percepisce".
Però le vostre rivendicazioni sono molto sindacali, (vedi scheda a lato) concrete se vogliamo, ma a questo punto secondarie rispetto alle motivazioni vere...
"Non c’è contraddizione. Anzitutto perché nelle cose che richiediamo c’è un forte significato di fondo: la ‘carta giovani’ significa diritto alla cultura; l’opposizione alle canalizzazioni, è opposizione ai destini sociali prefissati delle persone; la parità numerica con i docenti nel consiglio d’Istituto significa rinnovare l’intera visione culturale nella scuola".
Insomma, rivendicazioni che configurano un protagonismo sociale, una dignità dei giovani...
"Sì, sono cose di forte critica del reale, per nulla banali. E l’evidente, forte paura nel concedercele, significa qualcosa. Ma c’è una seconda ragione: andare oltre è difficile: sulla disgregazione della società, la crisi della famiglia, la messa in discussione della scuola pubblica, l’incertezza del futuro, ci sono fior di studiosi che si interrogano. E’ ovvio che anche noi nell’elaborazione non possiamo essere così avanti nel tradurre il disagio in prospettive".
Quindi la vostra piattaforma tende a costruire una maggior consapevolezza dei giovani. A questo scopo, quanto può servire la manifestazione?
"Ci rendiamo conto che questo non è un momento felice né per la lotta né per il movimento; eppure a livello studentesco manifestare serve molto, trovarsi insieme aiuta a fare dibattito, a discutere, approfondire rivendicazioni, farsi forza l’uno con l’altro. Diventa un forte momento di aggregazione, di critica e crescita collettiva. E anche di forza nell’affrontare la realtà: si prende coscienza di non essere da soli, nella scuola e nel mondo. Per questo partecipare al movimento è molto importante anche come momento di maturazione personale del singolo.
Ricordo le prime manifestazioni cui partecipavo, e ricordo la felicità acuta di non sentirmi un singolo disgregato, ma di essere una parte, di essere assieme ad altri: è stato un momento fondamentale nella mia esperienza personale; e questo anche dal punto di vista sociale è un momento importantissimo, un superamento dello spaesamento che oggi tanto ci pesa".
Anche l’ultima manifestazione ha avuto questo significato?
"Si vedevano i volti delle persone in corteo, e si percepiva questa nuova consapevolezza, questa crescita in tante persone. E alla fine c’è stata tanta gente che è venuta a parlare, a chiedere lumi su cose che non aveva capito, a informarsi sulle leggi, a fare proposte; è questa la rete che si crea, che permette al movimento di allargarsi, di crescere, di portare l’entusiamso nel quotidiano. Un solo dato: alla chiusura della manifestazione abbiamo fatto una cinquantina di tessere dell’Uds, di gente che ha deciso di farsi partecipe, informarsi, trovare nuove persone che si interessino".
Veniamo alla controparte. Cosa vi hanno risposto politici e autorità?
"Questo è il risultato più deludente. L’assessore provinciale, Molinari ha definito lo sciopero non ingiustificato; però ha svicolato sulle questioni, definendole di carattere nazionale; e qui ci cascano le braccia, perché carta giovani, diritto alla studio, studentato laico, autonomia scolastica, sono tutte cose che si definiscono a livello locale. O l’assessore non ha chiari i motivi della protesta, o non vuole rispondere. Anche sulla Carta Giovani, ci incontriamo mensilmente con un rappresentante della Provincia e uno del Comune di Trento e poi dovremo incontrare i privati (per sconti nei negozi, cinema). Ma la lentezza con cui si procede ci fa sorgere il sospetto di scarse intenzioni di concludere".
A questo punto?
"Ci aspettiamo risposte diverse dalla controparte; anche perché alcune cose dovrebbero essere pacifiche, e su queste Molinari fin da aprile aveva dato risposte positive: Carta Giovani, convitto laico, mense scolastiche... Se adesso le sue intenzioni sono cambiate, sarebbe il caso di farcelo sapere. Non capiamo perché non ci sia questa correttezza nei rapporti. Non ci stiamo a essere presi in giro".
Insomma, non è positivo il vostro impatto con la politica.
"Sconforta molto la non-partecipazione del mondo politico, in particolare della parte politica che dovrebbe essere favorevole alla diffusione della cultura, alle opportunità per gli strati più deboli della società, a un’impostazione non autoritaria dei rapporti scolastici".
La sinistra insomma, che anche qui latita?
"Sì, proprio la sinistra, o comunque la parte del mondo politico che dovrebbe condividere questi obiettivi. Nessuno tenta di aprire un dialogo: voglio ancora ricordare il silenzio - con l’eccezione di Solidarietà - sulla demonizzazione dello scorso anno sul presunto "assalto all’Arcivescovile"; in Consiglio provinciale, in Comune, non troviamo chi ci faccia da sponda su probelmi come Carta Giovani, taxi collettivi, mense: nessuno si muove. Un esempio minimale: hanno cambiato i regolamenti dei tassisti, hanno concluso l’iter, ma i taxi collettivi non ci sono".
Ma questa non è la normale inerzia burocratica?
"Io non dico che siano contro di noi; ma poi non fanno nulla, non mostrano di aver a cuore la soluzione di problemi teoricamente condivisi. Ci sentiamo soli. E poi ci si lamenta della sfiducia dei giovani verso la politica!".