Anche Di Pietro, a volte, ha ragione
La corsa al Quirinale e la triste ricerca del consenso della destra: su un tema scottante, tangentopoli. E del resto anche l'Ulivo...
Presidente della Repubblica, francamente, non lo vedrei. Ed anche questa smania di fondare un suo gruppo parlamentare mi indispone. Ma la lettera che Di Pietro ha rivolto al Capo dello Stato dalle pagine di Repubblica mi sembra sia assolutamente ineccepibile.
Scalfaro, nel suo messaggio di fine anno, aveva parlato di "tintinnar di manette" e di carcere preventivo minacciato da magistrati del PM o da loro rozzi collaboratori per strappare confessioni a persone indagate, e subito da destra si è preteso che questi moniti alludessero a comportamenti di Di Pietro quando operava nel pool di Mani Pulite. La soddisfazione prodotta da tali parole negli ambienti del Polo ha generato un così grande entusiasmo da indurre alcuni suoi autorevoli esponenti a proporre la proroga del mandato presidenziale a Scalfaro fino al varo delle riforme costituzionali. Atteggiamento invero piuttosto stupefacente, se consideriamo il disprezzo con il quale Forza Italia ed Alleanza Nazionale hanno sempre trattato Oscar Luigi Scalfaro. Ed in questo stupore si annida il sospetto che le parole di Scalfaro, così generiche ed intempestive pur nella loro banale ovvietà, siano state pronunciate solo ed esclusivamente per propiziare la benevolenza della destra. Qualcosa di simile, insomma, alle a dir poco incaute dichiarazioni sulla prevedibile amnistia fatte qualche tempo fa dal presidente della Camera Luciano Violante, anch'egli possibile candidato a salire sul colle più prestigioso di Roma.
Che senso hanno queste avvisaglie pre-elettorali messe in campo con tanto anticipo rispetto alla ancor lontana scadenza del settennato dì Scalfaro? E perché mai esse si svolgono su un tema così scottante quale è quello di Tangentopoli? Forse che la critica a Mani Pulite, implicita nelle parole del Capo dello Stato, deve intendersi come una concessione a chi ha interesse a screditare l'inizio dell'azione giudiziaria contro i corrotti della prima Repubblica, così come la possibilità di una prossima amnistia, affacciata da Violante, è una reticente prefigurazione del termine della stessa vicenda'.' Se fosse così, credo che ci sarebbe da inorridire.
Il pericolo non mi sembra poi tanto remoto. Basta vedere cosa è successo dopo le dichiarazioni del presidente della Repubblica. Si è giunti perfino a proporre, da Forza Italia ma anche da Boselli dei Socialisti Italiani, una inchiesta parlamentare su Tangentopoli, con il trasparente proposito di aprire un processo polìtico contro i magistrati di Mani Pulite, e lo stesso Craxi, da Hammamet, è tornato a dirigere il coro dei corrotti e dei loro compari. Ricordiamoci che la storia d'Italia è piena di controriforme e controrivoluzioni senza che siano state precedute da riforme o rivoluzioni. Non sarebbe tanto sorprendente se anche la cosiddetta rivoluzione giudiziaria contro la corruzione restasse incompiuta, ed assistessimo invece ad un compiuto moto restauratore. Se la questione dovesse dipendere solo dalla "società politica ", credo che ci sarebbe motivo di qualche preoccupazione.
Ne traggo argomento dagli imbarazzi e dalle incertezze che sono presenti anche nell'Ulivo, i quali sorgono non tanto sulle questioni vere della giustizia, ma su quegli aspetti della politica giudiziaria che sono strettamente connessi con la pubblica corruzione, passata, presente e futura. Si dice, ormai con la forza di un luogo comune, che i magistrati hanno svolto un ruolo di supplenza invadendo il campo della politica e quindi devono fare un passo indietro. Ma la premessa è falsa. I magistrati hanno solo perseguito reati commessi da politici, e ciò rientra perfettamente nel loro campo. Fare un passo indietro significa forse ignorare i reati di corruzione?
Si dice che i magistrati hanno commesso errori ed anche abusi: è possibile e perfino vero. Ed è anche grave, in qualche caso gravissimo. La corruzione a Palazzo di Giustizia, come nel caso Squillante e Previti, è il peggio che possa accadere. Ma il rimedio che si propone, il controllo politico sulle Procure della Repubblica, è la fine dell 'indipendenza dei magistrati, e quindi della fondamentale garanzia per il cittadino. Possiamo attenderci dall'Ulivo una posizione chiara e definitiva su tali questioni?