L'affare sballato delle quote Dolomiti
Il prezzo richiesto dagli australiani è eccessivo. Con quei soldi compriamoci piuttosto le centrali
Da qualche tempo si aggira per le stanze del potere trentino, particolarmente in piazza Dante, l’assurda idea di dare 400 milioni di euro agli australiani della Macquarie per comprare il loro 40 per cento delle quote di Hydro Dolomiti Energia. Per i nostri lettori più distratti però dobbiamo prima riassumere.
Il cuore del sistema idroelettrico trentino è una società che si chiama appunto Hydro Dolomiti Energia, che è proprietaria e gestisce buona parte delle grandi centrali idroelettriche. Ed è la vera gallina dalle uova d’oro dell’intero gruppo Dolomiti di cui Hydro Dolomiti (per gli amici HDE) fa parte.
Attualmente la proprietà di HDE è per il 60% della capogruppo Dolomiti (che per due terzi a sua volta appartiene a Provincia, Comuni di Trento e Rovereto e altri soggetti pubblici) e per il 40% di un fondo di investimento australiano che si chiama appunto Macquarie.
Gli australiani hanno comprato nel 2016 da Enel, a cui erano rimaste, le quote suddette. E da allora hanno incassato una media di poco più di 20 milioni l’anno di dividendi.
Adesso vogliono venderle perché stupidi non sono: la gran parte delle concessioni idroelettriche di HDE scadono alla fine di quest’anno. E non avendo certezza di quel che succederà in futuro mettono in vendita la partecipazione. Per la quale vogliono 400 milioni che gli sono stati offerti da una cordata fatta da un paio di fondi di investimento a cui si sono aggregati pezzi della finanza trentina.
Potrebbero essere affari loro, se non fosse che da qualche tempo in Provincia blaterano di volere il 100 per cento dell’idroelettrico trentino. Cosa che tecnicamente potrebbe accadere, perché Dolomiti energia (che il pubblico, come abbiamo visto, controlla) è titolare di un diritto di prelazione su questa vendita.
Il problema nasce quando andiamo a vedere a quale prezzo Dolomiti/Provincia comprerebbe quelle quote. Perché la prelazione per sua natura prevede che chi ha il diritto possa acquistare al posto di un altro, ma alle stesse identiche condizioni. Quindi l’operazione ci costerebbe 400 milioni. Ma sarebbero ben spesi? Probabilmente no.
Per due motivi. La prima ragione è che quel prezzo è verosimilmente sopravvalutato di 80/100 milioni.
Lo diciamo a partire dal valore capitale della società che si ricava dall’ultimo bilancio: circa 800 milioni. Fate il 40 per cento e vedete che arriviamo a 320 milioni. Non 400. Certo, Macquarie aveva fatto partire da tempo il battage mediatico sul grande valore della società, che secondo gli australiani vale un miliardo (e la loro fetta quindi 400 milioni) e sui dividendi d’oro degli ultimi anni. Noi abbiamo controllato i dividendi distribuiti sui bilanci degli ultimi cinque anni e la media è quella che dicevamo prima: 23 milioni l’anno.
E poi dobbiamo andare a vedere cosa ci compreremmo noi realmente con quei soldi. Quello che otterremmo sarebbe il 40% delle centrali idroelettriche che sono nel patrimonio di HDE. Perché la società ha due grandi beni: le concessioni e le centrali. Concessioni che alla mezzanotte del 31 dicembre di quest’anno svaniranno come la carrozza di Cenerentola e centrali che invece rimangono.
E così arriviamo al secondo motivo per cui dare 400 milioni agli australiani sarebbe un affare sballato. Se la Provincia decidesse piuttosto di destinare 400 milioni all’acquisto delle centrali, verosimilmente non compreremmo solo una parte di quelle di HDE, ma ce le compreremmo tutte, visto che negli anni scorsi proprio piazza Dante aveva fatto fare una costosa consulenza su quanto si sarebbe speso per acquistarle tutte e il totale ammontava a 350 milioni. Mettiamoci pure l’inflazione…
Inoltre spendendo i soldi per le centrali, che in parte indirettamente sono già nostre, una sostanziosa fetta di quei soldi uscirebbe dalla porta per rientrare dalla finestra.
Ma allora perché i privati sono invece disponibili a sganciare quella sontuosa somma? Facciamo delle ipotesi.
Nella cordata che ha fatto l’offerta ci sono un paio di fondi di investimento tra cui uno, Equitix, che già possiede il 5 per cento dell’intero gruppo Dolomiti. E avere un pezzo anche del cuore pulsante della società aumenta di molto il potere nei rapporti interni. Per la finanza locale, in particolare per Finanziaria Trentina, che pure ha una quota di azioni della capogruppo Dolomiti, potrebbe valere lo stesso ragionamento. O anche un altro: io ti pago un prezzo sovrastimato in questa operazione, ma in cambio tu mi fai entrare nel giro grande della finanza mondiale. Una specie di tassa di entrata che - considerati i soggetti in campo - potrebbe benissimo valer la pena di pagare.
Ma questi ragionamenti non valgono per l’ente pubblico. Che già oggi controlla con ampia maggioranza sia HDE che la capogruppo Dolomiti. E che dovrebbe, proprio in vista del passaggio delle nuove concessioni, prendere in mano il sistema appropriandosi dei suoi veri motori. Non regalando centinaia di milioni a un fondo speculativo che non ha mai messo un euro sullo sviluppo del nostro sistema idroelettrico e che, a festa finita, prende i soldi e scappa.