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QT n. 10, ottobre 2022 Servizi

Acqua: per la Provincia è un bene da regalare agli interessi privati

Siccità? Cambiamenti climatici? Nelle delibere di Giunta non ce n'è traccia

L’estate trascorsa ha portato in prima pagina il tema della crisi climatica. Si è trattato della seconda estate più calda del XXI secolo, la seconda consecutiva. Sulle Alpi quella con le minori precipitazioni in assoluto. I ghiacciai hanno subito una ritirata impressionante, come ha dimostrato la Carovana delle Alpi di Legambiente e come sostenuto in tutti gli studi scientifici in via di elaborazione.

In diverse località i ghiacciai hanno subito crolli consistenti: si è avuta attenzione verso la Marmolada dove si sono contate undici vittime, ma altri morti si sono registrati fin da maggio in Svizzera, e crolli diffusi ovunque. L’agricoltura industriale delle pianure e le monoculture diffuse anche nella nostra provincia hanno dimostrato ovunque la insostenibilità del consumo idrico attuale e anche nella produzione dall’idroelettrico i problemi sono stati notevoli. Laddove è piovuto, sul finire dell’estate, gli effetti sono stati alluvionali: 13 morti nelle Marche e disastri ambientali sparsi nelle vallate alpine. Se in una sola estate il bilancio è tanto drammatico, evidentemente è venuto il momento di superare la cultura dell’emergenza per sostenere invece un nuovo modo di utilizzare le risorse naturali e per garantire sicurezza. Dalla pianificazione urbanistica fino alle scelte delle infrastrutture tutto va rivisto. Con la maggiore urgenza possibile nel settore della gestione delle acque. E dell’industria dello sci. Sono frasi riassunte da documenti dei climatologi internazionali.

Ma chi amministra la Provincia di Trento sembra proprio non abbia la percezione della gravità di quanto sta accadendo. Si decide come se si stesse programmando lo sviluppo degli anni ’60 basato sullo sfruttamento intensivo del suolo e delle risorse naturali. Nelle conferenze stampa e nei convegni si manda avanti il vicepresidente Mario Tonina, un volto che probabilmente viene ritenuto rassicurante: questi lascia ai tavoli un sermone ormai ripetitivo degli intenti sottoscritti dalla Provincia, poi è proprio il suo assessorato a decidere in modo opposto.

Il via libero politico alla diffusione delle piccole centrali

Così è avvenuto per il settore delle acque. Il Comitato Permanente di Difesa delle Acque del Trentino non ha usato mezzi termini nei suoi comunicati: avanti tutta verso la distruzione - possiamo commentare riferendoci alla delibera di Giunta n ° 1219 dell’8 luglio 2022 e al Piano di tutela delle acque 2022-2027 relativo alle nuove concessioni di piccole derivazioni d’acque a scopo idroelettrico. La delibera ammetterà a concessione perfino domande precedentemente rifiutate. Nel breve volgere di qualche anno quanto è rimasto di vitale nei nostri corsi d’acqua sparirà. “Un indecente asservimento del pubblico nei confronti del privato” viene definita dai comitati la delibera. I servizi tecnici della Provincia saranno perfino chiamati a costruire un “carattere costruttivo” dei procedimenti al fine di giungere all’assenso.

Il Trentino produce molta più energia di quella che consuma ed è appurato che l’energia prodotta dal piccolo e medio idroelettrico risulta irrisoria nel complesso del bisogno energetico nazionale. CIPRA, ancora una volta, è costretta a richiamare i legislatori al fatto che il bisogno prioritario oggi è la garanzia della tutela e implementazione della biodiversità in quanto rimane di naturale dei nostri torrenti e fiumi. Nonostante questi dati oggettivi, in Trentino si è costruito un quadro legislativo che permette di intervenire con indicibili deroghe su regolamenti e leggi provinciali e perfino su norme europee.

L’assessore, per giustificare simili decisioni, si richiama ad una Europa che chiede il potenziamento della produzione di energie rinnovabili per consolidare la decarbonizzazione. Fatto sta che l’Unione Europea continua a diramare normative che invitano i paesi membri a politiche di rinaturalizzaizone dei corsi d’acqua.

Tonina giustifica ancora tale provvedimento con la crisi energetica in atto causa la guerra in Ucraina. Anche in questo caso la scienza e la matematica smentiscono l’assessore: l’idroelettrico su piccola scala non contribuisce a risolvere il problema: portare ulteriori centraline su tutti i corsi alpini significherebbe potenziare la produzione idroelettrica nazionale dello 0,1% (Free Rivers).

L’opposizione dei comitati è severa. Accusano la Giunta di privare di ogni valore ecosistemico i corsi d’acqua: si tratta di funzioni complesse che possono essere rafforzate solo da elevati indici di naturalità. Agire diversamente significa privare torrenti e fiumi di ogni altro servizio offerto alle collettività. Parliamo di salute, autodepurazione, microclima, ricreazione, turismo, pesca. Valori monetari non quantificabili, ma trascurati.

Mario Tonina

Nella delibera l’assessore non ha rilevato nessuna differenza fra l’utilità collettiva di una centralina pubblica o privata. Chiaro segno di come si sia inchinato a pressioni e desiderata ben specifici, privati.

Come del resto l’assessore, sempre attento a sottolineare la produzione di volumi cartacei degli intenti della Provincia, dimentica il valore profondo della recente modifica della nostra Costituzione, dove all’art. 9 è stata inserita “la tutela dell’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”. La competenza autonomistica della Provincia non può derogare dai principi costituzionali, del resto sostenuti con il voto anche dai suoi colleghi di coalizione.

L’acqua regalata ai Consorzi irrigui

Altra delibera di giunta che ha acceso un severo confronto è la n° 1334 del 22 luglio 2022. Una delibera sostenuta da interessi specifici dell’imprenditoria agricolo- industriale. In questo caso è da notare la tempistica di azione della Provincia. In genere si dice che quando le carte arrivano a Trento si arenino. Non è questo il caso. Quando si tratta di importanti affari economici da sostenere la macchina provinciale è ben oliata, rapida. Il 18 luglio la Federazione provinciale dei Consorzi irrigui e di miglioramento fondiario richiede la possibilità di consentire la deroga urgente al rispetto degli attuali valori di rilascio del deflusso minimo vitale (DMV) nei corsi d’acqua oggetto di derivazione. Siamo in piena crisi idrica.

Due giorni dopo, 20 luglio, la Fondazione Edmund Mach esprime un parere nel merito dei fabbisogni idrici minimi per alcune colture. Parliamo di fragole, meleti, vigneti, sistemi agricoli ormai industrializzati, poco rispettosi delle esigenze del territorio. Nell’esprimere il parere positivo la Fondazione un po’ si è auto-cautelata affermando che “i valori indicati si riferiscono ad elaborazioni semplificate valide solo per questo periodo di eccezionale siccità e non utilizzabili in condizioni ottimali di disponibilità idrica”.

Il giorno dopo, il 21 luglio in giunta arriva il parere favorevole di tutte le strutture competenti in materia ambientale. E l'indomani, 22 luglio, è approvata la delibera che disciplina le modalità di presentazione delle domande da parte dei consorzi irrigui, le quantità di acque da prelevare e i passaggi di valutazione degli uffici competenti. Cinque giorni.

Non vi è traccia di previsione di controlli o di possibilità di sanzioni. E c’è di peggio. Il controllo sul rilascio effettivo e sull’influenza sulla fauna ittica della mancanza di acqua è demandato al richiedente, il consorzio stesso. La Provincia abdica così ad un suo ruolo specifico di controllo della qualità delle sue acque. Evita di rispondere ai bisogni reali della collettività amministrata facendo sfumare il necessario bilanciamento fra controllore e controllato.

L’ente pubblico ha alzato bandiera bianca, evitando di gestire la qualità dei corsi d’acqua trentini, lo abbiamo detto. E annulla qualsiasi altro valore, anche economico, della risorsa idrica. Non è possibile vedere conseguenze diverse a questi due provvedimenti. Un favoritismo spregiudicato, un regalo a chi sull’acqua specula e che da diversi anni era stato fermato. Ormai nemmeno più si discute delle necessarie misure di mitigazione degli effetti e di adattamento ai cambiamenti climatici. Si favoriscono pratiche energivore e si permette al deserto biologico di avanzare.

Del resto questo assessore nemmeno ci prova ad investire nella Strategia Europea per la Biodiversità o nel ruolo innovativo da portare nei nuovi piani di gestione dei bacini idrografici. Ancora, si evita accuratamente, in queste scelte, ogni coinvolgimento e consultazione della popolazione. Non è un caso che la parte dell’analisi economica del documento preceda quella dedicata ai cambiamenti climatici e sia prevalente. È totale l’assenza di dati puntuali riguardo lo spreco di acqua in agricoltura, come del resto non si incentivano le misure di controllo per inquinamento da fitofarmaci. Gli acquedotti trentini soffrono una perdita d’acqua del 34%. Senza pesare le conseguenze di questi dati oggettivi come è stato possibile arrivare a decisioni tanto avventate?

Nel vicino Alto Adige quota parte degli introiti del settore idroelettrico è destinato a interventi di riqualificazione ambientale. Possibile che da noi si favoriscano sempre e solo interessi privatistici?

Lo tengano ben presente gli amministratori e dirigenti provinciali: l’estate appena trascorsa potrebbe risultare la più fresca dei prossimi anni.