Dove va la famiglia italiana?
Le tipologie prossime venture dello stare insieme. Da “Una Città”, mensile di Forlì.
Dove va la famiglia italiana? Il quesito - da tempo vexata quaestio - potrebbe trovare uno storico punto di origine nella metà degli anni Sessanta, quando cominciò a declinare la famiglia “moderna” (matrimoniocentrica, con fecondità e nuzialità elevate, con netta divisione dei ruoli coniugali e inferiorità sociale e giuridica della moglie e dei figli) e si avviò la famiglia contemporanea, che tende a presentare caratteristiche vieppiù diverse (se non opposte) da quella precedente, tra cui - in particolare - spicca il discorso della cosiddetta pluralizzazione delle strutture familiari. Intendendo cioè il passaggio da un unico modello di famiglia (e di matrimonio) ad una pluralità di forme familiari, cioè di stili affettivi e sessuali che definiscono lo stare insieme. Per cui la formula familiare classica (o “tradizionale”), quella composta da madre, padre, figli naturali o adottivi, diventa oggi solo una delle varie possibilità di chiamarsi famiglia.
Linguisticamente, la stessa parola famiglia diventa un termine polisemico, quindi non chiaro, perché incapace di definire con esattezza la attuale complessità o molteplicità della realtà sociale che è chiamata a esprimere e a definire.
A questo proposito l’Istat ha prodotto una previsione sull’evoluzione di sette tipologie familiari (persone sole maschi, persone sole femmine, coppie senza figli, coppie con figli, genitori soli maschi, genitori soli femmine, altro tipo di famiglia) nell’arco temporale che corre dal 2020 al 2040. Il primo dato che balza agli occhi è il continuo moltiplicarsi del numero delle famiglie (da 25,7 milioni a 26,6), mentre la popolazione nel ventennio considerato dovrebbe calare di circa tre milioni di abitanti. Segno evidente della “miniaturizzazione” in corso delle dimensioni medie familiari, che arriverebbe a essere, nel 2040, pari a 2,1 membri. Esattamente un secolo fa, il censimento postbellico del 1921 arrivava a classificare le famiglie per numero di componenti fino a 16 e più membri (una dimensione oggi quasi “condominiale”), tipologia quest’ultima allora diffusa particolarmente in Veneto.
Delle sette tipologie elencate - e lasciando perdere quella residuale degli altri tipi di famiglia, sociodemograficamente poco rilevante - tre sono previste in aumento e una in contrazione.
Innanzitutto sono in robusta crescita le persone che vivono sole (famiglie unipersonali), che aumenterebbero in valori assoluti di quasi due milioni, passando dal 33,3% del totale attuale al 38,8 nel 2040. Si tratta per lo più di donne (59%) con una particolare concentrazione nel nordovest del paese (40,5%). È una tendenza in buona parte (ma non solo) costituita dall’infittirsi di donne anziane vedove, tendenza enfatizzata dal venir meno nel tempo della coabitazione tra generazioni, dal prolungamento della durata della vita e dalla maggior longevità femminile.
In aumento anche le coppie senza figli, aumento che in valore assoluto è di circa 600 mila, mentre in termini percentuali si passa dal 19,8% attuale al 21,6 nel 2040. Anche in questo caso nel nordovest la tendenza appare più accentuata. Nota l’Istat che, “assumendo come riferimento quattro coorti, 1950, 1960, 1969 e 1979, emerge come siano cambiati i modelli di fecondità. A livello nazionale la quota di donne senza figli è in continuo aumento da una generazione all’altra e per le nate nel 1979, a fine storia riproduttiva, si stima più che raddoppiata (22,6%) rispetto a quella delle nate nel 1950 (11,1%)”. Molteplici possono essere le motivazioni delle situazioni di mancanza di figli, oscillando dalle costrizioni socio-economiche fino a scelte “ecologiche” o di investimento affettivo totale sul solo rapporto di coppia.
La terza tipologia prevista in aumento, pur se contenuto, è quella delle famiglie monogenitoriali, che cresceranno nel ventennio considerato di circa 300 mila casi, percentualmente passando dal 10,8% all’11,6. Va notato che l’incremento sarà dovuto alla sola componente maschile, pur rimanendo preponderante (71%) una realtà fatta di madri sole con figli. È evidente che da tempo sono le rotture coniugali o della coppia a trainare la genesi di questo tipo di famiglia, anche se, va notato, l’affidamento della prole, specie quello congiunto, se realmente porta entrambi i genitori a mantenere rapporti validi e continuativi con i figli, produce una famiglia detta più correttamente bigenitore o binucleare.
Infine le coppie con figli, l’unica tipologia - ma la cosa non può meravigliare chi si occupa di demografia - in contrazione evidente.
Per l’Istat infatti questa tipologia di famiglia, tradizionalmente iconica per l’immaginario collettivo, dovrebbe calare di quasi due milioni, in termini percentuali passando dal 32,1% attuale al 23,9 nel 2040. Anno in cui il “sorpasso” delle coppie senza figli su quelle con figli sarà già avvenuto nel nordovest. Ma per l’Italia intera è solo questione di (poco) tempo in più, osserva sempre l’Istat, perché “se tale andamento dovesse procedere con la stessa intensità prevista fino al 2040, soprattutto per quel che riguarda il ritmo di discesa delle coppie con figli, il sorpasso ai danni di queste ultime da parte delle coppie senza figli potrebbe avvenire già entro il 2045”.
Tre osservazioni possibili
La prima osservazione è di tipo territoriale. Perché, sorprendendo la vulgata comune, è nel Mezzogiorno che saranno più estreme le tendenze demografiche. È qui che sarà più robusto il calo delle coppie con figli, è sempre qui che sarà maggiore il balzo delle famiglie monopersonali. E qui, infine, si concentreranno denatalità, flussi emigratori e scarsità di flussi immigratori. Una prospettiva drammatica che getta nel lungo periodo ombre sulla stessa tenuta della coesione socioeconomica nazionale.
In secondo luogo le ricadute demografiche, lette attraverso il prisma delle trasformazioni familiari, appaiono ancor più evidenti e possono essere sinteticamente colte nel recente sforzo previsivo fatto dall’Istat sul futuro della popolazione italiana allungando lo sguardo al lontano 2070.
Quel che è certo è che l'un tempo ferreo binomio coppia-figli viene meno perché l’atto procreativo non è più la finalizzazione “naturale” dell’essere coppia, ma semplicemente una opzione, dato che l’identità di coppia (e personale) può cercarsi non nella genitorialità ma anche altrove, dalla carriera alla coltivazione delle affinità della coppia stessa, dall’impegno sociale alla cura degli animali domestici (non a caso in Italia il numero degli animali d’affezione ha ormai superato il numero degli abitanti).
Infine se, come è stato detto, andiamo ormai verso una “società post-familiare” che frammenta le famiglie per lasciare posto ad una liquida “società di individui”, tutto ciò problematizza le dinamiche demografiche e impone di riconsiderare l’obiettivo delle stesse politiche familiari e demografiche.
Di sicuro aumenta l’imprevedibilità della morfogenesi familiare, perché il fare famiglia non segue più il classico modello normativo quasi geometrico dato dall’avvicendamento di eventi basato su un matrimonio (dei genitori), nascite (dei figli), matrimonio (dei figli). Invece il ciclo familiare oggi non è più il risultato della successione ordinata e prevedibile di eventi che ne scandiscono lo svolgimento delimitandone l’inizio e la fine, ma è piuttosto l’esito dell’incrocio di tante e differenziate traiettorie biografiche individuali che si muovono seguendo percorsi inattesi, incerti, suscettibili di ridefinirsi continuamente”. Con conseguenze sulle stesse analisi e previsioni demografiche.
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Vittorio Filippi è docente di sociologia all'Università Ca’Foscari di Venezia e all'Università di Verona, si occupa di ricerca sociale, soprattutto nel campo della famiglia, della demografia e dei consumi ed è consulente di Unindustria Treviso e di Confcommercio.