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Basta colpevolizzare le donne che abortiscono

Alessandro Giacomini

È partita a Trento, con un camion vela che toccherà diversi punti strategici della città, la nuova campagna dell’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (Uaar) incentrata sull’aborto e in particolare sulla pillola Ru486 e che vede come testimonial Alice Merlo, una giovane donna che ha raccontato la propria esperienza in un post su Facebook denunciando che i maggiori problemi legati all’interruzione volontaria di gravidanza sono le dinamiche colpevolizzanti, la riprovazione sociale per aver fatto quella scelta, l’imposizione del senso di colpa e del dolore. Per questo abbiamo chiesto ad Alice di esserne il volto: perché il suo sguardo e le parole da lei scelte per raccontare la propria esperienza di aborto medico testimoniano proprio tutto ciò: la capacità di ogni donna di scegliere l’irrinunciabilità di decidere del proprio corpo e della propria vita, l’importanza della ricerca scientifica in materia di salute sessuale.

Con questa campagna vogliamo dire basta ai paternalismi e alle stigmatizzazioni, ma sarà anche occasione per ribadire alcuni obiettivi come l’abolizione dell’obiezione di coscienza nei reparti di ginecologia degli ospedali pubblici, che devono garantire premura e tempestività nei confronti di chi chiede di abortire e inibire l’accesso agli attivisti ideologicamente orientati. Gli ospedali pubblici trentini, sono per la maggioranza, privi di personale ginecologico non obiettore e quindi non è possibile abortire.

La nostra è una risposta ai vergognosi e disinformativi manifesti che paragonano la RU 486 a un veleno, che Pro Vita ha pubblicizzato, a caratteri cubitali, per le vie del centro di Trento.

Ho abortito e non è stato un dramma - si esprime cosi la testimonial della campagna Alice Merlo - perché è anche ora di decostruire il mito dell’aborto come scelta per forza drammatica e sofferta”. La stessa Alice è stata pesantemente denigrata dall’associazione Pro Vita che diffonde messaggi falsi e inquisitori.

Costoro non diffondono una campagna informativa su contraccezione ed educazione sessuale nelle scuole, quasi avessero una idiosincrasia verso il piacere fisico, soprattutto quello al femminile, quasi fosse una forma di infibulazione in salsa cattolica.

Continueremo a ribadire l’importanza di una legge, la 194 del 1978, senza la quale ripiomberemmo nel dramma, quello sì, dell’aborto clandestino.

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