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QT n. 5, maggio 2021 Servizi

L’elettrodotto e il paesaggio

L’effetto negativo sul paesaggio della costruzione di un nuovo elettrodotto deve assumere un ruolo prioritario nella valutazione di impatto ambientale

Un nuovo problema irrompe sul paesaggio trentino: l’elettrodotto a 132KV (linea ad alta tensione) che, stando al progetto, salirà dalla località Ciré al passo del Cimirlo, per poi fare bella mostra di sé lungo tutto il fianco della Marzola e infine scendere e attraversare (in questo tratto però sarà interrato) la zona di S. Rocco/Colle del Bosco della Città. Non un bello spettacolo.

Il progetto in effetti è più ampio e le preoccupazioni manifestate dai residenti della collina est (ma non solo) sono espresse da molto più tempo anche dai residenti dei Comuni della Valsugana, da Borgo a Levico, Pergine e Civezzano, perché il ramo principale dell’elettrodotto percorre i fianchi delle loro montagne con effetti paesaggistici forse anche più dannosi. L’intervento che pubblichiamo a cura del comitato “Interriamo l’elettrodotto” (vedi a p. 6) illustra bene i termini del problema.

Nessuno mette in dubbio l’utilità dell’opera prevista da Terna, ma siamo sicuri che quello che è stato progettato, tenendo conto che tutto è iniziato più di 10 anni fa, rappresenti la migliore soluzione? Interrare una nuova linea di alta tensione rappresenta ormai una soluzione ragionevole. A cominciare dai costi, che si sono abbassati in maniera incredibile e che potranno continuare ad abbassarsi se Terna proseguirà in questa direzione e non si limiterà a farlo solo per brevi tratti e sotto la pressione delle comunità. Quello che oggi costa 10 una volta costava 100: basti pensare ai cellulari o ai pannelli fotovoltaici.

Perché dunque interrare un nuovo elettrodotto? Per salvaguardare il paesaggio, sembra ovvio. Eppure gli argomenti esposti negli interventi sui social e sulla stampa sorprendono: vengono evidenziati i rischi rappresentati dai campi elettromagnetici, si dibatte sul maggiore costo della linea interrata rispetto a quella tradizionale, si parla dei danni alla fauna e alla vegetazione.

Temi importantissimi che è giusto affrontare, ma che portano a dimenticare l’obiettivo primario: interrare per salvaguardare il paesaggio. In futuro le comunità che hanno la fortuna di avere avuto in dote patrimoni paesaggistici preziosi, ma che non li avranno salvaguardati risulteranno penalizzate, in termini di flussi turistici, rispetto a quelle più attente. Basterebbe questa considerazione a indirizzare le amministrazioni verso le scelte giuste. Eppure non è ancora così e spesso il Trentino si comporta da perdente rispetto al vicino Alto Adige. Le nostre montagne e il paesaggio che esse ci offrono si meritano ben altro che la semplicistica soluzione di tanti cavi che corrono di qua e di là, come fossimo un qualunque territorio di pianura, urbanizzato e super antropizzato. Risposte come quella inviate dal Servizio alla Transizione ecologica (?) del Comune di Trento alle Circoscrizioni comunali di Povo e Villazzano, giustamente preoccupate per l’impatto visivo della futura linea, o come quella fornita dall’assessore provinciale all’Ambiente a seguito di un’interrogazione delle minoranze, mostrano una mentalità vecchia, inadeguata alle sfide che i problemi ambientali pongono. Fanno bene i giovani dei movimenti come Fridays for Future o Extinction Rebellion, a non fidarsi di noi: se coloro che oggi prendono le decisioni non saranno sostituiti da persone con mentalità nuove, andremo verso il disastro annunciato. È pur vero che a fronte dei tracciati da realizzare verranno smantellate vecchie linee che in parte corrono in zone urbanizzate, ma che risposta è mai quella fornita? Si può giustificare una scelta spiegando che si sta risolvendo un problema e sorvolare sul fatto che se ne crea uno da un’altra parte?

In un recente webinar organizzato da un circolo del PD proprio sul tema dell’elettrodotto della Marzola (ma dov’era il PD quando il progetto veniva approvato dal Comune di Trento?), è stato criticato un rendering in cui la serie di tralicci lungo il fianco della montagna appariva dipinta di bianco. Giusta critica: quando saranno dipinti di verde saranno meno impattanti. Ma si può accettare che la soluzione di un problema paesaggistico di tale valenza si riduca a una mano di vernice?

La sensibilità ambientale non rimane la stessa nel tempo e non è la stessa ovunque. Digitando su Google “città e cavi elettrici-immagini” compaiono fotografie di città in cui incredibili grovigli di cavi dominano su tutto. Sono in genere foto di città che riguardano paesi assai lontani. Ma un tempo neppure noi ci ponevamo troppi problemi ad accettare che i cavi necessari ai vari servizi viaggiassero in aria, passando di palo in palo e da un edificio all’altro. Pensando all’illuminazione pubblica, qualcuno accetterebbe di vedere ancora cavi sospesi tra un punto di illuminazione e l’altro? Nessun Comune appalterebbe un nuovo impianto realizzato alla vecchia maniera. Non sappiamo se un giorno la stessa sensibilità verrà rivolta verso le linee dell’alta tensione, ma intanto da qualche parte si dovrebbe cominciare, magari proprio nel caso della linea sulla Marzola. Chissà se il nuovo Sindaco di Trento raccoglierà l’invito e riaprirà il caso?