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Il modello turistico di domani

Con la fine dell'emergenza si tornerà a proseguire sulla vecchia strada o si svilupperà un turismo più rispettoso del territorio e più sostenibile?

Francesco Borzaga

Il Coronavirus e la crisi da esso provocata sta colpendo il nostro turismo direttamente e in modo assai grave e certamente il 2020 vedrà perdurare in gran parte la situazione attuale. È particolarmente impressionante lo spettacolo offerto dalla conca gardesana, una zona per la quale il turismo costituisce quasi una monocoltura. Le rive deserte del lago ci offrono un quadro in totale contrasto con la folla che normalmente le popolava.

Appunto la regione del Garda ci ha offerto uno dei massimi esempi di sfruttamento turistico estremo, privo di qualsiasi senso del limite e guidato solo dal desiderio di massimizzare il profitto. Questo ha prodotto un’edilizia a impronta spiccatamente speculativa, lo spreco del territorio, un traffico auto-moto-ciclistico al parossismo, l’indifferenza nei confronti del paesaggio.

Le richieste dei comitati locali, formatisi per la salvaguardia ambientale sono state ignorate e disattese. Di tutto ciò danno oggettiva testimonianza molti episodi: citerò il vergognoso caso dell’ex Argentina in quel di Arco, la negata realizzazione del parco agricolo, il prezioso biotopo del Brione utilizzato quale pista per le prodezze acrobatiche dei mountainbikers.

La grande opera pubblica in corso di realizzazione, cioè il nuovo collegamento automobilistico veloce con Rovereto e la Val d’Adige, non penso possa costituire un rimedio all’attuale stato di cose.

Io penso che questo modello di sfruttamento incontrollato dell’ambiente e delle sue risorse non debba continuare, né nella conca gardesana, né altrove. È importante che la pausa alla quale il Coronavirus ci sta costringendo sia utilizzata per una riflessione e per un ripensamento. È necessario che il Trentino abbandoni il vecchio modello e cerchi di sviluppare un turismo più rispettoso del territorio e meglio sostenibile.

Non sarà un’impresa facile. Da mote parti si va ripetendo che nulla sarà più come prima; io non ne sono troppo sicuro. Troppi sono gli interessi economici che da un turismo fino ad oggi promosso e favorito anche da un massiccio sostegno economico pubblico hanno tratto vantaggio. La fine dell’emergenza li vedrà certo pronti a proseguire nella vecchia strada.

Non penso che il cambiamento possa realizzarsi in breve tempo e neppure senza grossi sacrifici. Tuttavia esso non sarà negativo.

Penso che sia necessario prestare una diversa attenzione alle grandi bellezze naturali di cui il Trentino è così ricco, dando un ruolo centrale ai Parchi e alle aree protette. In particolare, sarà bene por fine alla sistematica distruzione ambientale che l’indutria sciistica persegue sul territorio del Brenta-Adamello.

Il turismo dovrebbe trovare sostegno nella piccola agricoltura locale, valorizzandone e facendone conoscere i prodotti, curare e far conoscere i centri storici dei paesi, oggi spesso in abbandono, prestare attenzione alla nostra eredità artistica e storica.

Già oggi non mancano segnali in questa direzione. Mi incoraggia la grande mostra “Le cinque chiavi gotiche e altre meraviglie” in programma (se sarà possibile...) al palazzo assessorile di Cles, così come la “Guida delle dimore signorili d’Anaunia” presentata il mese scorso a San Zeno a cura dell’Associazione Culturale G. B. Lampi. Sono pure un ottimo esempio il restauro e recupero dei castelli Thun e Caldes, così come l’iniziativa popolare che ha consentito di conservarci il castello di Pergine. Anche castel Madruzzo dovrebbe essere recuperato, e andrebbe valorizzata la straordinaria ricchezza e varietà naturale della Valle dei Laghi.

Bisogna adattare il turismo trentino alle sfide di un cambiamento climatico sempre più incombente.

Il Trentino deve ritrovare la sua individualità e il suo profilo storico, per molti aspetti oggi compromessi o perduti.

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